Una volta posatasi la polvere sul violento attacco a coltellate di due settimane fa nel distretto di Akihabara di Tokyo , che ha provocato la morte di sette persone e il ferimento di altre 17, sono stati in molti a interrogarsi sul vero significato di quel gesto. Alcuni hanno puntato il dito accusatore sui video game, altri hanno chiesto un monitoraggio più attento in Rete. Mentre i commentatori giornalistici tentano di alleviare l'ansia [ja], negando l'esistenza di profonde ragioni sociali per l'atto omicida di Tomohiro Kato, i blogger offrono interpretazioni meno semplicistiche.
Video ripreso subito dopo il massacro.
Uno dei temi comuni ripreso da parecchi blogger riguarda le condizioni dei cosiddetti lavoratori interinali (”hakenrōdōsha”, o in giapponese 派遣労働者). Fra il 2000 e il 2007, il numero dei lavoratori interinali, assunti con contratti a breve termine, salari più bassi degli impiegati a tempo pieno e scarsa probabilità di mantenere il posto, hanno raggiunto la cifra di 4,5 milioni. Kato, l'agressore, lavorava in una fabbrica di automobili della Kanto Auto Works (関東自動車) di proprietà della Toyota, sotto contratto con l'agenzia di lavoro interinale Nikken Sogyo Co. [ja] (日研総業).
Le tipologie di lavori a tempo determinato che si riescono ad ottenere attraverso il lavoro interinale raramente si traducono in relazioni stabili. Si cambia occupazione ogni tre mesi o un anno, al massimo ogni due o tre anni. E questo non capita solo a te [ma anche agli altri], incrementando ulteriormente l'isolamento…
Ho dato un'occhiata a vari ambiti online in cui si parlava dell'incidente di ieri ad Akihabara, e quello che ho provato [rispetto a quello che ho letto] è che l'isolamento sta dando vita alla disperazione. Lavorare in una fabbrica di ricambi d'auto, in un posto sperduto come Shizuoka, vivere in un monolocale attrezzato dall'agenzia di lavoro interinale: esiste forse qualcosa che possa dare una maggior sensazione di solitudine e dolore nella vita?
In un articolo di magazine 9, Amamiya Karin (雨宮処凜) racconta di aver parlato con una persona che aveva lavorato alla Toyota tramite la stessa agenzia di lavoro temporaneo:
Alla fine dell'anno scorso, ho incontrato un tizio di Nagoya, proprio come l'aggressore [Tomohiro Kato], era stato spedito dalla Nikken Sogyo alla fabbrica della Toyota nella provincia di Aichi, e aveva ricevuto un avviso il 18 Settembre, che diceva: ‘In data 10 ottobre il suo contratto verrà chiuso’. Fortunamente era iscritto al sindacato, così è stato incluso in una contrattazione collettiva, riuscendo a ottenere ‘un mese di sicurezza in vita’, la garanzia di ‘poter rimanere nell'alloggio dove aveva vissuto fino ad allora’, e delle ‘referenze per un futuro impiego’. Verso fine mese, tuttavia, l'agenzia Nikken Sogyo non era riuscita a trovargli un solo lavoro, e alla scadenza annunciata, si vide interrompere lo stipendio e buttar fuori dalla stanza affittata dall'azienda. Come risultato, si è ritrovato mezzo a una strada e in breve tempo è dovuto ricorrere a un dormitorio di Nagogya per i senzatetto.
Il blogger qushanxinmette a fuoco il tema della discriminazione fra i cosiddetti “NEETs” [gente che non lavoro perché studente o in training] e i “freeters” [gente sotto i 34 anni che lavora saltuariamente o sottoimpiegati] società giapponese:
Il movimento sociale che ruota intorno alla povertà, pur avendo al centro il tema della sopravvivenza, deve allo stesso tempo porsi il problema della discriminazone. Dico questo perché, supponendo ad esempio che la richiesta di misure per garantire un livello di vita e di sicurezza sociale per i “freeters” fossero soddisfatte, ciò porterebbe al risentimento di coloro che hanno lavoro stabile e a tempo pieno ‘perché i soldi delle nostre tasse vanno a persone che non hanno mai lavorato veramente…’ (c'è una sottile linea di demarcazione fra questa idea e la teoria razzista per cui ‘gli stranieri non hanno mai provato veramente ad integrarsi nella società giapponese…’). Ho già scritto cose simili in passato, ma il problema della sopravvivenza dev'essere affrontato unitamente al problema normativo degli impiegati di McDonald's e dei negozi di articoli super-scontati, i quali devono essere riconosciuti ‘membri della società a tutti gli effetti’ [shakaijin]. Entrambi i problemi sono strettamente correlati, e penso che sia estremamente pericoloso tenerli separati e trattarli in modo diverso tra loro. Nel movimento per la ‘sopravvivenza’ al momento si può respirare un'aria del tipo ‘potremo occuparci della complessa questione amministrativa una volta risolto il problema della sopravvivenza’, ma quel che voglio dire è che questo modo di pensare mi sembra completamente sbagliato.
Non sono certo se ciò possa porsi in qualche relazione con l'incidente di Akihabara, ma prendendo per buono l'assunto di cui sopra, allora anziché insensate interpretazioni offerte da persone che si qualificano come psicologi criminali tipo ‘soggetto in cerca di celebrità’ e ‘sfogo dell'insoddisfazione’, si dovrebbe invece considerare l'ipotesi più probabile secondo cui egli odiasse il ‘cittadino medio’, proprio come quelli che se ne vanno a spasso dalle parti di Akihabara (anche se non è proprio così). In altre parole, gli sguardi di disprezzo e discriminazione che ogni giorno il ‘cittadino medio’ rivolge ai cosiddetti ‘freeters’ e ‘NEETs’, diventano poi un valido motivo per attaccarlo; sarebbe più semplice cercare di comprendre il fenomeno in questo contesto.
In un forum di discussione online su 2channel intitolata “Kato è nostro amico (加藤はおれたちの仲間)”, sono state espresse diverse opinioni. Alcune sono apertamente in disaccordo con il titolo del forum (commento numero 11):
Questo tipo di terrore non migliora il mondo. Produce l'effetto opposto.
A compiacersi di questi incidenti sono coloro che stanno dalla parte dei vincitori.
Kato è un completo idiota, un traditore che è caduto dritto nella trappola preparata quelli che vincono sempre, è una campagna negativa contro i poveri che lavorano.
Il commento numero 16 non è daccordo con le critiche al sistema degli impieghi temporanei:
Molte delle discussioni sugli omicidi indiscriminati di Akihabara attaccano il sistema di lavoro temporaneo, ma mi sembra che critichino la cosa sbagliata.
Ci sono innumerevoli esempi di persone che sarebbero in mezzo ad una strada, se non esistesse tale sistema di impieghi interinali.
Alla fine lui dipendeva troppo dalla generosità altrui, era un problema di capacità, e se aveva un lavoro a tempo ciò era perché non si sapeva accontentare.
Ci sono centinaia di migliaia di lavoratori formalmente a tempo pieno i cui salari sono più bassi di quelli temporanei nelle aree urbane, che non ricevono bonus e sono trattati ancor peggio.
Le agenzie di occupazioni temporanee non sono negative, nè lo è la società. È una faccenda di responsabilità individuale.
Molti tuttavia esprimono simpatia per Kato, come il commento che segue (numero 18):
Non è bello dirlo, ma è grazie a Kato che ho acquistato fiducia in me stesso.
Non dico che arriverei a fare quello che ha fatto lui, ma ora penso di potermi cimentare in qualcosa di importante.
Grazie Kato – Mi hai restituito la fiducia – Ti sono grato.
Tuttavia il blogger naoya_fujita su the deconstruKction of right non concorda con le teorie espresse su Kato sul forum di 2channels e su altri blog:
Innanzitutto, se è vero che lui rappresenta la depressione dei giovani rispetto al mondo del lavoro, perché ha scelto dei giovani come vittime? Li considerava forse suoi nemici perché stavano godendosi il consumismo nella città festival del capitalismo? I veri nemici avrebbero dovuto essere gli imprenditori, le elite economiche, no? Ovviamente non sono affatto d'accordo con un gesto così terribile come una strage, ma giusto per ragionarci su, supponiamo che uno decida di fare qualcosa, e supponiamo che come ultima possibilità voglia usare la violenza, cerchi di minimizzare i danni ma di massimizzare gli effetti, e se sei veramente deciso a fare qualcosa, allora provi a far saltare in aria la sede della Keidanren [la Connfindustria giapponese] o a irrompere nel Parlamento. Perché non farlo? Semplicimente perché è impossibile avvicinarsi a quei luoghi.
I ricchi imprenditori pensano alla sicurezza in ambito privato e pubblico. Formano comunità chiuse da cancelli, dispongono di guardie private, piazzano porte a chiusura automatica. I poveracci come me non possono certo permettersi le porte a chiusura automatica. Ma dove voglio arrivare? Voglio dire che se si pensa di fare una strage, finisce che si ammazzano sempre i poveracci. La gente che non ha soldi per pagarsi un simile livello di sicurezza è quella che viene uccisa con maggior frequenza. Che sarebbe come dire, se ragioniamo dal punto di vista dei ricchi, è meglio puntare alla sicurezza personale che spendere soldi per ridurre i rischi connessi alla povertà (ad esempio per sopprimere rivolte e prevenire rivoluzioni di sinistra). Se i poveri si ammazzano fra di loro, tanto meglio (dal punto di vista della classe al potere) – ecco come si dovrebbe analizzare la situazione, secondo me. Questa è la società della sicurezza. Per cui minacce del tipo ‘non trascinarci nella povertà o diventeremo così esasperati da esplodere in questo modo’, non hanno alcun effetto. [Si otterranno risposte quali] “Se le cose stanno così, aumenteremo la sicurezza e ci libereremo di quelli come voi.” E quando ciò accade, si finisce per uccidere non i veri nemici, ma i compagni di sventura. Ottieni un quadro infernale, come il massacro di questa volta.
Anche il luogo dell'omicidio è stato oggetto di discussione su parecchi blog. Il blogger paraselene spiega su END_OF_SCAN di cme si trovasse nei pressi di Akihabara quando è avvenuta la carneficina:
Proprio per caso ieri sera si parlava delle ottime ramen [tipica zuppa giapponese] di Akiba, così stavo pensando di cercare un buon posto per andarle a mangiare. Mi vengono i brividi quando penso se le cose fossero andate in un modo leggermene diverso, avrei potuto essere lì proprio quando è successo.
Quando ho visto quella scena caotico all'incrocio, non sono riuscito a restarmene da quelle parti. Era un bel casino, e non ero sicuro che non ci fosse ancora pericolo.
Finora aveva l'aria del posto dove si ritrovavano gli otaku [appasionati di anime e manga], ma il recente interesse dei grandi media per Akihabara l'ha trasformata in una zona di spettacolo. Sembra che le lamentele degli okatu, secondo cui “la Akihabara che conoscevamo è morta…!”, rivelassero la trasformazione di uno spazio orientato alla comunicazione a uno spazio che, su incitamento dai media, si è invece spostato sulla spettacolarità.
Per saperne molto molto di più sull'intera vicenda, date un'occhiata alla fantastica sintesi di north2015 su N.S.S.BranchOffice [ja]. Utile scorrere anche gli ultimi messaggi (con le annesse spiegazioni contenute in questo articolo di Mainichi) di Kato in giapponese, riportati dal blogger coldcup [ja]. Per ulteriori dettagli sul cambiamento della strategia commerciale della Toyota (rispetto all'utilizzo di lavoratori temporanei ), si veda questo articolo del 2007.
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