Etnie, identità e conflitti: commenti a due articoli di GVO su Medio Oriente e Asia

Nell'ultima settimana, due post su Medio Oriente e Asia hanno suscitato un intenso dibattito all'interno di GVO: si tratta di Palestina: Rabbia per l'insensata uccisione di un bambino palestinese, inserito da Jillian York, e di Afghanistan: Violenze nell'Hazarajat e proteste a Kabul, inserito da Joshua Foust. Ancora una volta, la sezione commenti ci riserva una panoramica ulteriore sulle opinioni più disparate espresse dalle “voci globali”.

Commenti a Palestina: Rabbia per l'insensata uccisione di un bambino palestinese

I commenti all'articolo di Jillian York replicano schemi ormai classici nelle discussioni sulla questione israelo palestinese: il post originale, dedicato all'uccisione di un ragazzino ad opera di soldati israeliani nella Striscia di Gaza, suscita critiche di faziosità rivolte all'autrice dell'articolo e riflessioni sul ruolo dei media, ma il dibattito si fa tanto acceso da costringere, nel finale, l'intervento dell'editor d'area di GVO, Amira Al Hussaini.

Gerald dà il via alle critiche, ricordando a Jillian York che anche i bambini israeliani, come quelli palestinesi, patiscono le conseguenze del conflitto, e non possono essere considerati responsabili per le politiche del loro governo. Secondo lui:

Tutto ciò non avrà mai fine finché la gente non cambierà la concezione tipica di “Israeliani contro Palestinesi” a quella di “brave persone contro assassini”, e la smetterà di considerare il conflitto a seconda delle “fazioni”.

(…) temo proprio di non potermi conformare all'idea per cui [gli israeliani] “se la sarebbero cercata” per via di una responsabilità oggettiva, o per colpa delle politiche governative.

Jillian York replica dicendosi offesa per il sospetto avanzato da Gerald, e ricordando che anche lei l'ha sempre pensata così:

Mi rattrista la morte di ogni bambino, e so che i bambini israeliani, come quelli palestinesi, non hanno alcuna colpa per il conflitto in corso.

Nel discorso si inserisce Tai, che rivolgendosi a Jillian York dice:

Si vede da come scrivi che ti stanno più a cuore i Palestinesi che gli Israeliani. Quando quattro persone innocenti sono rimaste uccise da un bulldozer, ti sei preoccupata di come definire l'autista, se assassino o terrorista. In questo caso, altrettanto triste, ti concentri invece sul bambino. La differenza sta in dove si pone l'accento, Jillian (…)

Gerald ribadisce la sua interpretazione, per cui sarebbero le accuse rivolte a questa o quell'altra parte a fomentare il conflitto: un ferito è un ferito, indipendentemente dalla sua nazionalità, o persino dalla sua personale condotta, per cui…

Trovo incoerente che la gente si risvegli per scrivere post sulle delle atrocità patite da una “parte” e non dall'altra, e presumo che ciò porti ad una sottile manipolazione di chi legge. Non credo sia intenzionale, penso però che dobbiamo elevarci al di sopra delle “fedeltà tribali” (…) e trovare una posizione comune sul fatto che si tratti comunque di qualcuno che usa la violenza per ottenere quanto ritiene gli sia dovuto, o la rifiuta, sostenendo costi personali. O come nel nostro caso, che siamo distanti, decidere quale di questi due paradigmi vogliamo difendere. Per me è questo l'argomento cruciale, e non se quando preghi ti inginocchi verso la Mecca o Gerusalemme.

Samir risponde ad un precedente commento di Tai, che si domandava perchè la CNN avesse scelto di riportare la notizia del bulldozer e non quella della morte del bambino. Per Samir, non ha senso vedere una cospirazione dietro alle scelte dei media, e aggiunge:

Non avevano già mostrato il colpo a bruciapelo contro il ragazzo palestinese, la settimana scorsa? In quest'occasione, vuoi suscitare un senso di colpa nella gente per il ragazzino ucciso, o vuoi fornire agli spettatori un filmato che metta in evidenza i disastri della politica israeliana e la brutalità dell'esercito israeliano? Diamoci una calmata, piuttosto! chiunque abbia una coscienza deplora la morte di bambini innocenti, ma non dobbiamo impantanarci nell'ipocrisia, perché si fa fretta a fra crescere l'indignazione, specialmente quando si è completamente ACCECATI rispetto alle conseguenze.

Il blogger Yarok prosegue su questo tono, ricordando che durante la manifestazione incriminata i soldati erano stati oggetto di sassaiole:

Certo, è comunque sbagliato sparare ai manifestanti, però di solito le situazioni sono più complesse di come si voglia far credere. A volte le manifestazioni diventano violente (è vero, i sassi feriscono i soldati, non li uccidono – ma può succedere), e i soldati si sentono minacciati.

La sequela di interventi critici nei confronti dell'autrice del post costringe ad intervenire Amira Al Hussaini, blogger e editor di Global Voices Online per Medio Oriente e Nord Africa, che in un lungo commento rivolto a tutti spiega la natura degli articoli pubblicati sul sito. Su GVO, dice Amira,

…proviamo a seguire l’ “aspetto umano” dei conflitti – per quanto possibile – cercando di rendere conto delle opinioni dei blogger e dei citizen journalist.

Amira ricorda inoltre la natura volontaria del lavoro svolto dal sito, che cerca di integrare punti di vista differenti pubblicando articoli di persone con le opinioni più disparate, e rimanda agli articoli di Maya Norton e Gilad Lotan, che seguono le reazioni sulla blogosfera israeliana. Nella storia raccontata dall'articolo in questione, per esempio,

Jillian aveva il compito di seguire il punto di vista palestinese della vicenda, ed è esattamente ciò che ha fatto. Grazie Jillian (…). Per quanto umanamente possibile, cerchiamo di coordinare i resoconti [in base alle inclinazioni di ognuno], pubblicando queste ‘voci’ di seguito.

Infine, l'editor rivolge un appello ai lettori, che possono offrirsi volontari per suggerire blog da citare o per coprire determinati paesi.

Commenti a Afghanistan: Violenze nell'Hazarajat, proteste a Kabul

Vediamo ora i commenti più interessanti all'articolo di Joshua Foust, che tratta degli scontri che sorgono dai conflitti per la gestione delle risorse tra la popolazione stanziale degli Hazara e quella seminomadica dei Kuchi. I lettori di GVO affrontano qui lo stesso tema: la convinvenza tra differenti etnie sul medesimo territorio.

Nel dare il via ai commenti, Shaman inizia con un paragone:

Afgani e pakistani dicono che gli Hazara mongoli sono stranieri. Se è così, allora anche gli statunitensi sono stranieri in America, perchè quella era la terra dei NATIVI INDIANI! Ma siamo in una nuova era, in cui le genti si mescolano, vivendo in comunità multietniche: è finita l'epoca in cui le comunità vivevano in regioni ristrette del mondo, conquistavano altri territori ed uccidevano le etnie differenti.

Shaman, che è un Hazara, conclude affermando di non comprendere il motivo per cui i Kuchi non vogliano adeguarsi a questo nuovo stato di cose, né come sia possibile che nessuno abbia fatto nulla per disarmarli.

Tholga si allinea a questa intepretazione, e prova a rispondere a queste stesse domande:

Con ogni probabilità, il fatto che il Presidente Karzai sia un Pashtun, per di più un pò ingenuo, sta favorendo i Kuchi, le cui razzie proseguono ormai da alcune estati nell'indifferenza generale. Siamo all'ANARCHIA totale!

Zalmai la pensa in modo del tutto diverso ed il suo commento accende il dibattito. Pur riconoscendo che anche gli Hazara sono afgani, per Zalmai non vanno dimenticate le atrocità che gli Hazara avrebbero commesso durante il governo Rabbani (1992-96). Il lettore, in un commento successivo, contesta l'analogia presentata da Shaman, per cui gli Hazara sarebbero come gli statunitensi:

L'analogia non è corretta. Gli Hazara in Afghanistan assomigliano di più agli immigrati messicani irregolari negli Stati Uniti. (…) La Casa Bianca vuole sbarazzarsi di questi clandestini, spesso analfabeti, che esercitano una grossa pressione sull'economia e portano via il lavoro agli americani normali. Nessuno vuole vivere in mezzo ai clandestini, specialmente quando non si comportano bene, e non apprezzano il privilegio che viene loro concesso: vivere in un altro Paese.

Shaman reagisce con veemenza, domandandosi se Zalmai sia un buon musulmano:

Credi davvero che l'Islam permetta l'assassinio di esseri umani? Domanda ai tuoi amici Pashtun, ed agli altri assassini di Hazara, se credono davvero nell'Islam: se fossero buoni fedeli, avrebbero iniziato il jihad contro i Pashtun e a tutti i [musulmani] che non rispettano i precetti dell'Islam.

Shaman respinge poi il paragone con gli immigrati messicani analfabeti, ricordando che gli Hazara sono uno dei popoli più istruiti di Afghanistan e Pakistan. Infine, rivolge un appello:

Vogliamo PACE e diritti uguali per tutti. Rispettiamo ogni essere umano degno di questo nome, e un essere umano degno di questo nome non può essere iniquo.

Anche Tholga torna a commentare per rispondere a Zalmai, e conclude dicendo:

Devi proprio andarti a rileggere un libro di storia, e ripassare le origini del popolo Hazara. Di fatto, siamo il popolo che ha costruito l'impero continentale più grande del mondo, e le guerre le facevamo contro feudalesimo, aristocrazia, anarchia (…). Ciò che i romani hanno conquistato in 400 anni, i nostri antentati l'hanno ottenuto in 25. È’ vero che negli ultimi 200 anni abbiamo sofferto molto, e perso il 65% del nostro popolo per colpa dei genocidi perpetrati dai Pashtun. Ma indovina un pò! Oggi le cose sono diverse, la nostra generazione è più acculturata (…) rispetto ad altre della regione, il che ti dà la portata della vostra sconfitta, dati i nuovi requisiti dell'epoca in cui viviamo.

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