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Iraq: e questa la chiamano libertà…?

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Iraq, Diritti umani, Giovani, Governance, Guerra & conflitti, Istruzione, Migrazioni, Politica, Relazioni internazionali

Difficile credere che ci stiamo avvicinando ai 2.000 giorni dall'avvio dell'occupazione dell'Iraq. Dopo tutte le promesse e le aspettative che hanno accompagnato l'inizio della guerra [1], è forse il caso di prendere in esame la situazione odierna del Paese. I blogger hanno cominciato a darsi da fare, rilanciando alcune delle loro esperienze quotidiane.

7395AC2F-BE07-4FC8-A609-5D609EE8DF26.jpgMade in Iraq di Bookish [2]

“Finalmente ho trovato qualcosa davvero made in Iraq

“Questi sono scheletri veri. In passato, l'Università di Medicina li importava da India e Pakistan, ma quelli nella foto sono stati fatti in Iraq (così mi ha detto il dottore).”

Mama ha visitato Baghdad e propone le sue impressioni della gente e della città. In un post intitolato “Non c'era alcuna Baghdad” [3] illustra il quadro di una città devastata e demoralizzata:

Giunti a Baghdad… la prima cosa che mi ha fatto arrabbiare e colmato gli occhi di lacrime, è stato l'incredibile numero di mendicanti per le strade. C'erano donne anziane sotto il sole cocente, con quattro o cinque bambini denutriti.
… Le strade sono protette da muri di cemento che impediscono la vista dei negozi. L'unica cosa che si vede è la muratura in cemento, tutte le strade sono uguali. Vedere la mia Baghdad ridotta così, è stato frustrante.
… Era evidente come la gente fosse stanca della situazione, dell'assenza di elettricità, di carburante, dei sacrifici, della disperazione. Il numero di quanti abbandona l'Iraq non è mai stato così alto. [Io stessa] ho dovuto dire addio alla mia adorata famiglia, e Baghdad mi è apparsa diversa, vuota. Mi mancano i suoi lineamenti, i tanti amici, i parenti o i vicini scappati all'estero o sono morti.

Giuro che molte volte avrei voluto urlare la mia rabbia, ma chi mi ascolterà, a chi importerà qualcosa?!

Questo Silenzio [4]
mentre ripercorro i miei passi avanti e indietro
nel palazzo pieno di uffici aziendali, al terzo piano
vicino a una serie di bianchi corrimano d'acciaio e di tappeti
dove le macchie
dell'inverno scorso
ancora resistono…

Lo scorso maggio
l'avevo chiamata da queste stesse scale
lei mi aveva descritto cosa significasse vivere
come faceva lei
schivando pallottole
mentre cercava di tenere i figli al sicuro.
Non ne ascolto la voce da due inverni
e quando l'ho sentita, a primavera
aveva con sé tutta la luce del sole che l'Iraq potesse sopportare
e che l'Ohio potesse mai sognare…

Silenzio
mentre poggio le scarpe sul tappeto
i piedi ne sbucano fuori impazienti
ma per qualcuno che amo come un consaguineo
qualcuno che ho conosciuto per tutta la vita… o quasi
sono stata molto paziente.

Ho atteso 13 mesi…
A volte, sul finire dell'attesa, il silenzio risputava realtà sconvolgenti.
A volte, le righe generavano rumori che mi adunghiavano il cervello e il respiro
Non la trovo più, in quell'elenco del telefono di Baghdad…
e non mi resta che questo silenzio.

L'occupazione ha stuprato e ucciso una ‘Abeer’
e dato fuoco a ciò che restava di lei e della sua specie
di qui, gli incubi che me lo indicano come presagio…
Mi sveglio sudata, e intorno non c'è che questo silenzio.

Mi meraviglio e m'infurio che questo mondo
possa restare tanto silenzioso…

Abeer torna nei miei sogni ogni maggio,
un sorriso di compassione dai suoi caldi occhi castani
e un cenno noncurante alla vita che ha conosciuto,
o che conosce ancora…
Non lo so…

Mi domando se respiri ancora…
o se il suo corpo giaccia da qualche parte…
in silenzio.

poesia di ZZ [5]

Baghdad Connect racconta i problemi [6] da affrontare per condurre comuni attività imprenditoriali in Iraq. Scrive:

L'altro giorno ci ha chiamato un uomo d'affari, voleva vederci nel suo ufficio… abbiamo guidato nel caldo soffocante per circa 10 chilometri, e c'era un check point militare letteralmente ogni 300-500 metri… [Guidare] lungo una strada malridotta e lercia, piena di macchine e poveracci dall'aspetto patetico – è stato nauseante. Quando finalmente siamo arrivati al suo ufficio-abitazione, avevamo ormai dimenticato lo scopo del viaggio. Prima di discutere dell'offerta – 4.5 milioni di dollari in totale – il nostro socio in affari ha snocciolato l'elenco dei regali che avremmo dovuto offrire agli impiegati ministeriali, ai dipendenti bancari, agli addetti alla logistica e ad altri individui – a seconda delle sette di appartenza. Si trattava di altri 350.000 dollari, in aggiunta a quelli dell'appalto!!! La situazione somiglia a un folle spettacolo di acrobazie mortali, se paragonata agli anni di Saddam. Più tardi, il nostro socio ha cominciato a parlare della situazione relativa alla sicurezza, e di come la resistenza irachena sia in grado di scatenare un inferno sulla terra in poche ore, ma [al momento se ne sta buona] perchè l'ordine, adesso, è di giocare ai politici per qualche mese!!! Ditemi voi come si fa a condurre un'impresa, se nel giro di poche ore potrebbe capitare un inferno?

Il blogger offre poi qualche suggerimento agli iracheni [che vivono] fuori dal Paese:

A quegli iracheni che si trovano in Paesi stranieri e hanno la benchè minima speranza di un'opportunità di lavoro, o di una vaga parvenza di vita decente, consiglio di non pensare neppure a tornare per molto, molto tempo ancora.

Faiza Al-Arji racconta alcune storie [7] degli iracheni che sta aiutando con opere di beneficienza in Giordania:

Il suocero di Um Mohammed è arrivato a Baghdad una settimana fa; deve farsi rimuovere una ghiandola dal fegato, e l'operazione costa migliaia di dollari, ma loro non ne hanno neanche uno, e neppure io. Non so [cosa succederà], probabilmente morirà in attesa di qualche donazione.

Il marito di Um Ahmed è stato rapito sulla porta di casa tre anni e tre mesi or sono. Crediamo che si trovi in una prigione governativa irachena; ci rivolgiamo a chiunque ci possa aiutare a ritrovarlo…

La famiglia di un anziano signore cieco è tornata a Baghdad, lasciandolo solo. Io lo aiuto ogni mese a pagare l'affitto, ma so che la moglie e le figlie soffrono la fame a Baghdad; non riesco ad aiutare anche loro, non ho le ingenti risorse finanziarie necessarie a coprire le spese di tutti coloro che hanno bisogno di qualcosa…

… Un gran numero di donne irachene sono sole, senza famiglia, dopo aver perso il marito o la famiglia, in attesa di potersi rifare una vita. Sono costrette a subire proposte inopportune e molestie da questo e da quello, [mentre cercano di] guardare avanti verso una vita più degna e stabile, da qualunque parte del mondo.

Al lavoro, ogni giorno arrivano donne che sono state picchiate o trattate crudelmente dai mariti. La causa principale è spesso la miseria o la frustrazione che ricade sugli uomini a causa della povertà e della disoccupazione, trasformandoli in creature selvagge, crudeli e aggressive. E quanto succede ad alcune famiglie, da queste parti; i continui trasferimenti, la povertà, l'alienazione e le condizioni di degrado mettono donne e uomini sotto pressione, incrementando il tasso di violenza familiare…

… Che siano questi i segnali della fine del mondo, del giorno del giudizio? Che il mondo abbia perso la ragione, l'etica, la pietà, la giustizia, e tutte le sue qualità migliori?

Sunshine appare sempre più frustrata [8]:

Tutto ciò che volevo era una strada aperta e sicura, che mi permettesse di andare a scuola… come tutti gli studenti del mondo, per diventare una buona cittadina, e ricostruire il Paese che amo… sto facendo di tutto per normalizzare la mia vita, provare ad andare a casa del maestro, prescindendo da quanto sia lontano o da quanto sia difficile la situazione… a volte però temo di non farcela, voglio semplicemente riposarmi, perchè così non ce la faccio più…

Andare a scuola e studiare sono cose che non piacciono granché a nessuno, vero? Be’, allora aggiungeteci le ore che servono per arrivare [a scuola]!!! sentire i colpi d'arma da fuoco per la strada, le esplosioni, e cose orribili come uomini armati, persone morte, e così via… a volte credo sia proprio incredibile come riesca a tollerare tutto ciò…

Da quel che vedo in televisione e su internet, e dalle conversazioni con le persone che vivono all'estero, mi chiedo: ma se tutti gli esseri umani provano gli stessi sentimenti, hanno gli stessi bisogni, la stessa forza, perchè mai gli iracheni devono soffrire così tanto, provare tutto questo dolore nel profondo del cuore? Invece, il resto della gente non prova un centesimo dei nostri problemi… vivono tranquillamente senza guerre e tutto il casino [che ne deriva].

… Due giorni fa, io e la mia famiglia siamo tornati a casa. Mio padre stava aprendo la porta del garage, quando sono arrivati i carri armati, e [i soldati all'interno] hanno cominciato a fare gesti nella nostra direzione, a suonare i clacson, per intimarci di andarcene… mi sono arrabbiata così tanto, quel mezzo era davanti al NOSTRO garage, nel NOSTRO quartiere…. c'è una specie di proverbio che dice: “È casa nostra ma qualcuno ci butta fuori a calci”. È esattamente quello che sta accadendo qui. È difficile essere iracheni… ma non importa quanto male si metterà: dentro mi scorre sempre sangue sumero, e rifiuterò di appartenere a qualunque altra nazionalità.

Concludo con un messaggio ai “liberatori” [9] da parte di Mama:

Sono cambiate tante di quelle cose da quando TU, AMERICA, hai invaso il mio Paese per liberarci dalla nostra vita…
La mia gente soffre in ogni modo possibile, e specialmente i cittadini istruiti [a causa del] governo sostenuto dall'AMERICA, che prova a diffondere e incoraggiare l'arretratezza. Molti rituali stravaganti sono comparsi nel Paese, rituali che non conoscevamo prima della liberazione dell'AMERICA, mi chiedo proprio se fosse questo il futuro luminoso che l'AMERICA è venuta a portarci!!! Il governo permette a coloro che rimpiangono gli imam, che da millenni [avevano] lasciato [l'Iraq], di circolare liberamente, e spesso blocca il traffico e chiude le strade per loro. Non soltanto: per salvaguardare questi nostalgici, impone anche il coprifuoco nella capitale, Baghdad, per proteggerli. Paralizzando le questioni più vitali, si finisce così per ignorare i bisogni quotidiani, l'imprenditoria, e le perdite economiche del Paese, solo per piagnucolare, abbandonando la ricostruzione, piuttosto rubando e disperdendo le nostre ricchezze.

Cosa dovrei fare, dove dovrei andarmene? Voglio che i miei figli abbiano una vita migliore, loro meritano di vivere in pace, di essere istruiti, meritano di potersi divertire, di godersi la vita, meritano di vivere in un Paese decente, non nell'oscurità, senza elettricità, costretti all'arretratezza, privi di istruzione. Ma abbandonare il Paese, la mia famiglia, i miei amici, non è questo che voglio. Non ce la farei.