Dopo l'approvazione, da parte degli elettori Californiani, dell'emendamento costituzionale che vieta i matrimoni omosessuali nello Stato, i diritti di gay e transgender tornano sulle prime pagine dei giornali statunitesi. Mentre qui il dibattito si riaccende, il Nepal, Paese assai remoto, ben più piccolo e spesso ignorato dalla comunità internazionale, ora viene addidato come esempio sul modo corretto di affrontare la questione.
Il 17 novembre la Corte Suprema nepalese ha emanato una storica sentenza [in] volta a proteggere i diritti della comunità omosessuale e transgender del Paese. La sentenza apre la strada ai matrimoni gay e pone fine a ogni legge discriminatoria.
Gli utenti che commentano sul sito [d'informazione sui temi dell'omosessualità] Towleroad [in] hanno espresso sostegno all'iniziativa nepalese. Tra questi, John, dalla California, ribadisce l'importanza della sentenza della Corte e altre modifiche normative attuate nell'intero continente asiatico a tutela dei diritti dei transessuali e delle minoranze sessuali.
“Non credo che ci saranno grosse ripercussioni in Medio Oriente o in Africa, oltre quanto già accaduto in Israele e Sudafrica… Penso che la battaglia per i diritti dei gay del XXI secolo si svolgerà principalmente in queste due zone del mondo. Oltre questa fantastica sentenza proveniente dal Nepal, abbiamo già potuto notare altri segnali incoraggianti provenire dal continente asiatico, dove sembra che sia finalmente possibile discutere i temi della sessualità”
Diversi blogger rilanciano inoltre i successi ottenuti dal movimento per i diritti dei gay, e in particolare la presenza nell'Assemblea Costituzionale del Nepal del primo omosessuale dichiarato, Sunil Pant, che è anche fondatore del gruppo Blue Diamond Society. PinkNews UK [in] cita la reazione di Pant alla pubblicazione della sentenza:
“Leggere questa sentenza mi ha molto commosso: sento di essere tra i più orgogliosi cittadini LGTB (Lesbian-Gay-Bisex-Transgender) del Nepal nel mondo.
Gli forzi compiuti in Nepal hanno ripercussioni nei Paesi confinanti, e specialmente in India. Gli attivisti per i diritti dei transgender nella città di Bangalore (ora denominata Bengaluru [in]) guardano alla novità del Nepal sperando che la campagna messa in atto dalla polizia cittadina contro la loro minoranza finiscano presto
“Le forze dell'ordine della Stazione di Polizia Banashakari (a Bengaluru) hanno insultato e aggredito (fisicamente e sessualmente) più di quaranta attivisti dei diritti umani e delle minoranze LGTB quando questi avevano protestato perchè il 20 Ottobre 2008 il comando di Giringar aveva arrestato senza motivo 5 hijras (transgender)”
È interessante rilevare come in Nepal l'aspetto religioso non abbia influenzato il dibattito sui diritti degli omosessuali. Il Paese è a maggioranza hindu, con un 10% di fedeli diviso tra islam, buddismo, cristianesimo e culti indigeni. Secondo alcuni, la mancata ingerenza sarebbe da attribuire all'assenza di una gerarchia rigida [in] o di una struttura di comando nella religione induista.
“Nel 2004, il reporter di Hinduism Today Rajiv Malik chiese a diversi swami hindu la loro opinione sul matrimonio omosessuale. I monaci espressero una vasta gamma di posizioni, positive e negative: si sentivano liberi di avere opinioni differenti. Ciò è reso possibile dala mancanza di gerarchia o di leadership nella religione induista. Come ha sottolineato Mahant Ram Puri, “L'induismo non ha un libro di regole. Abbiamo cento milioni di autorità.”
Negli antichi testi indù [in] , come il Mahabharta, compaiono personaggi transgender che non vengono discriminati dalla società e persino il signore Krishna amava travestirsi per compiacere il suo amato.