Israele: appunti di un fotoreporter russo

Un fotoreporter russo, Dmitry Kostyukov (nickname su Live Journal kostyukov), si trova attualmente in Israele come inviato. Nell'agosto 2008 ha seguito il conflitto nell'Ossezia del Sud [in] e quello che segue è uno slideshow di 6 minuti con le immagini scattate in quell'occasione:

Poiché Kostyukov ha pubblicato il video suo blog [ru] mentre si trovava ancora in Israele, un lettore gli ha posto un'ovvia domanda:

hapylliutejib:

C'è qualche paragone [tra i due conflitti] oppure è solo un ricordo improvviso?

Kostyukov ha risposto così:

Non c'è nessun intento nascosto, nessun sottotesto… è tutto molto più semplice. Primo, la guerra mi ha ricordato un'altra guerra (sebbene io non l'abbia mai dimenticata) e, secondo, ho presentato [una serie di fotografie sull”Ossezia] per un concorso [del World Press Photo (in)], perciò ho pubblicato tutto qui.

Nei suoi post da Israele, tuttavia, Kostyukov fa riferimento al conflitto precedente, osservando alcune differenze e, dunque, proponendo dei paragoni. Il fotografo offre anche qualche riflessione sulla professione del fotoreporter di guerra. Ecco di seguito tre stralci tradotti dal russo.

Jan. 12, 2009 [ru]:

[…]

Una strana guerra… nel bel mezzo di una civilizzazione, di un mondo meraviglioso. Come se stesse accadendo in una città delle favole. Non sembra assolutamente l'Ossezia. Qui, ci sono camion che trasportano i carri armati in posizione, guidando sull'asfalto perché è il modo più veloce, ovviamente. C'è una guerra in corso, ma anche una rete Wi-Fi, ristoranti e alberghi tranquilli. Su una strada di campagna, un [veicolo d'artiglieria auto-alimentato] si sta riposizionando mentre un contadino su un trattore annaffia un campo nelle vicinanze.

La gente è abituata alla guerra, è preparata. Qui, ci sono rifugi anti-aerei in ogni casa, caffé o stazione di rifornimento. Ci sono rifugi lungo la strada. Gli israeliani sanno perfettamente come comportarsi, quale stazione radio ascoltare per informarsi sui pericoli, dove scappare…

[…]

Immagino che a Gaza adesso sia un autentico inferno. È spaventoso immaginarsi lì, sapendo cosa sta cadendo su quelle zone. Attualmente [nessuno] può entrare o uscire da Gaza. Penso che ci sia un solo fotografo laggiù. Quando ci chiama la sua voce tradisce la tensione in aumento. Un missile ha colpito l'edificio di fianco al nostro ufficio di Gaza.

In Israele, tutti i giornalisti si posizionano su due o tre colline dalle quali possono vedere tutte le zone sotto attacco. […]

La difficoltà principale è che i giornalisti non possono lavorare con l'esercito. […] Ai soldati non importa se qualcuno li fotografa oppure no, è la polizia militare che si occupa di questo e dormono fino alle 8 del mattino. Per questo le foto per la giornata vengono scattate dalle sei alle otto, poi tutti tirano fuori i teleobiettivi e riprendono i bombardamenti.

Penso che in questa guerra io sia nella stessa condizione di quei giornalisti che si trovavano in Georgia dalla parte [di Gori [it]] – è tutto circondato […].

Jan. 17, 2009 [ru]:

[…] La cosa più disgustosa è che i caporedattori continuano a chiamare dicendo cose del genere: “Ehi, che cosa stai facendo? Trovaci un soldato con una bandiera vicino a un carro armato!” Maledizione, non c'è niente del genere qui! C'è qualcuno, ma è un territorio immenso, l'esercito è sempre in movimento e non avremmo nemmeno il diritto di stare qui. […]

Ma oggi abbiamo incontrato questa coppia. Vivono a ridosso del confine. Il ragazzo ci ha detto subito di essere di estrema destra. Ha detto che… Quanto sta facendo il nostro esercito è ben [poca roba]. Ne uccidiamo 1,000 – è fin troppo poco. Questi fanno nascere 500 bambini in una sola notte. Ne andrebbero uccisi 4.000. […] Dovremmo invitare Mr. Putin. Lo assumiamo e lo paghiamo 2 milioni al giorno. Non sarebbe poi una spesa così grossa. Farebbe subito quello che c'è da fare. E potremo vivere in pace per i prossimi 20 anni, più o meno.

Non voglio dire quanto ‘leggermente’ sorpreso io fossi. Sicuramente, i folli sono un po’ ovunque, ma come è possibile che Putin sia diventato il punto di riferimento per l'estrema destra? Non sono un esperto di storia della comunità ebraica, ma sospetto che molti ebrei siano fuggiti in Israele dal regime sovietico, dalle repressioni e così via. Adesso c'è gente in questo Paese che va dicendo cose del genere?

Ultimamente ho sentito parlare della Russia nel seguente contesto, più o meno: voi giornalisti mentite sempre, ma diteci, perché l'America [può fare quello che sta facendo] in Iraq e Afghanistan, perché la Russia [può fare quello che sta facendo] in Georgia e Cecenia – mentre noi no? Ho sentito questo “perché alla Russia è permesso” sempre più spesso un po’ ovunque. Non solo qui.

Soldati e semplici cittadini mi chiedono spesso: “Perché menti? Perché dai un'immagine così negativa di Israele? Che cosa ti abbiamo fatto di male? Perché non racconti la verità?” Dio, in quei momenti non so proprio cosa dire, perché sentiamo sempre cose del genere.

A Gaza mi è stata detta la stessa cosa. Perché ci stanno uccidendo? Perché ne parli così poco? […]

In Ossezia, però, mi ha fatto davvero male. Stavamo facendo tutto il possibile. Dozzine di immagini ogni giorno – lacrime, gente morta, case distrutte, commenti costanti… non tutti i giornalisti lo facevano. E continuavo a sentire che facevamo schifo.

Siamo tornati e i miei amici hanno iniziato a dire che non avevo fatto bene il mio lavoro. Che, cioé, è difficile capire quello che stavamo facendo lì perché il mondo intero pensava che la Russia avesse attaccato per prima. Perché non dicevamo quanto fosse terribile la Georgia.

Poi a Gori, la gente del posto ci ha aggredito ancora una volta dicendo: state mentendo? Perché non raccontate quanto dura è la situazione per noi? Perché non dite quanto è terribile la Russia? Un gruppo di donne mi ha trascinato a vedere le tracce di un missile. Hanno preso a chiedermi di scattare delle foto. Ho perso il controllo e ho detto che non avevano visto Tskhinval e com'era la situazione laggiù. Penso che sia facile per voi immaginare cosa e come mi hanno risposto. Per fortuna c'erano dei soldati lì vicino.

Forse ci sono delle professioni che attirano sempre dei commenti aspri, ma tutti continuano a usufruire di quei servizi. Dottori, polizia, insegnanti, politici e giornalisti. E ci sono ragioni per fare commenti così duri, ovviamente, ma è anche chiaro che in lavori come questo è sempre molto facile commettere errori. E prima o poi commettiamo tutti qualche errore. Ma questo, forse, non ci giustifica. […]

Jan. 19, 2009 [ru]:

Oggi ci hanno quasi ucciso. Adesso ho questa strana sensazione. Continuo a pensare che qualche secondo in più e tutto sarebbe finito… Molto spesso i giornalisti vengono uccisi in modo banale. Non abbiamo notato un check-point mimetizzato e ci siamo fermati solo quando avevano tolto la sicura e l'arma era a pochi metri dalle nostre teste. Strano, ma in una situazione come quella, tutto ciò che vedi sono gli occhi [della persona che ti sta per sparare]. Non so io, ma il mio collega […] è impallidito nel giro di un secondo. In Georgia, un fotografo della TASS [Aleksandr Klimchuk (in)] è stato ucciso in un modo altrettanto assurdo – ha risposto ‘Gamarjoba’ [‘ciao’ in Georgiano] […] a degli osseziani che lo avevano salutato. Al momento la mia reazione è stata come se non fosse successo nulla di speciale, ma dopo dieci minuti tremavo come se avessi bevuto dieci tazze di caffé.

Le foto di Kostyukov sul ritiro dell'esercito israeliano sono disponibili qui [ru] e qui [ru].

1 commento

  • Il fatto è che ognuno vede solo la sua parte. Passare da un fronte all’altro apre più prospettive. Tutti sono portati a estremizzare e non c’è più voglia di capire l’altro.
    E i media sono visti non più come testimoni, ma come armi, armi della propaganda.

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