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Medio Oriente: boicottaggio come arma politica

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Nord America, Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Israele, Palestina, U.S.A., Cyber-attivismo, Economia & Business, Guerra & conflitti, Politica, Relazioni internazionali

In risposta all'attacco israeliano a Gaza, molte persone in tutto il Medio Oriente hanno deciso di boicottare i prodotti israeliani e americani.

As'ad Abu Khalil, autore di Angry Arab News Service [1] [in], ne parla sul suo blog:

In cinque stati arabi è stata lanciata una nuova campagna ben coordinata per boicottare i prodotti americani: obiettivo principale i locali di Starbucks, ma sulla lista troviamo anche i punti vendita di Nestlé, Coca-Cola, Johnson & Johnson e Burger King.

Tra i marchi americani, Starbucks è stata la vittima preferita delle campagne di boicottaggio. Dall'Egitto, Zeinobia [2] [in] ne ha parlato in questi termini:

[…] A causa delle proteste, il famoso Starbucks di Beirut è rimasto chiuso per un giorno. In tutto il mondo arabo circolano appelli e adesioni concrete al boicottaggio dei prodotti americani, e specialmente di quelli associati in un modo o nell'altro a Israele.

La blogger prosegue:

Naturalmente, essendo il fondatore e proprietario ebreo, l'opinione pubblica araba è convinta che l'americana Starbucks versi una donazione annuale all'esercito israeliano. Onestamente, non mi sembra che ciò sia sufficiente a dimostrare che questa catena finanzi l'esercito israeliano; tuttavia, simili notizie fanno riflettere l'opinione pubblica araba.
I pettegolezzi sulla connessione Starbucks-IDF [l'esercito israeliano] sono piuttosto datati; persino prima di aprire locali in Egitto, il marchio veniva contestato nel mondo arabo.
Ricordo di aver ricevuto un'email, un giorno, che parlava del logo di Starbucks e della sua storia, rappresentando una principessa ebrea che avrebbe salvato il popolo ebraico nell'antica Babilonia; in realtà, era una cosa completamente diversa.

Le campagne di boicottaggio non hanno interessato solo il mondo arabo: il blog collettivo americano-palestinese KABOBfest [3] [in] segnala un'iniziativa che ha preso piede tra i cittadini malesi:

In Malesia, nel tentativo di sostenere il boicottaggio globale contro Israele, più di 2000 ristoranti gestiti da musulmani hanno eliminato la Coca-Cola dai propri menù. Le organizzazioni locali stanno incoraggiando gli impiegati della Coca-Cola, così come quelli di Starbucks e altre aziende, a licenziarsi.

Anche il giordano Khobbeizeh [4] [ar] ha parlato del boicottaggio di Starbucks:

Howard Schultz è un fervente sionista che sostiene ciecamente l'esercito israeliano, finanziandolo con centinaia di milioni l'anno provenienti dagli introiti di Starbucks, ed è uno dei contribuenti principali della sua macchina da guerra.

È certo che sono stati in molti a boicottare i prodotti israeliani. A questo proposito, ecco cosa scrive Body on the Line [5] [in] sul suo blog:

I contadini dicono che gran parte della loro produzione viene tenuta nei magazzini a causa della cancellazione degli ordini e che temono un netto calo dell'esportazione di frutta verso Giordania, Inghilterra e Paesi scandinavi.

Secondo Ilan Eshel, direttore dell’Organizzazione dei produttori frutticoli israeliani [6] [in], i Paesi scandinavi starebbero cancellando parecchie ordinazioni.

Il blogger americano, che vive in Palestina, ha poi descritto la reazione del mondo accademico della Gran Bretagna all'offensiva israeliana su Gaza:

Gli accademici britannici hanno scritto una lettera aperta, pubblicata dal [quotidiano] Guardian, invitando ad azioni quali boicottaggio, ritiro degli investimenti e sanzioni:
“Dobbiamo fare quanto in nostro potere per impedire a Israele di vincere questa sua guerra. Israele deve capire che la sua sicurezza dipende dalla giustizia e dalla coesistenza pacifica con i vicini, non dall'uso criminale della forza.”

“Crediamo che Israele debba immediatamente e incondizionatamente porre fine all'attacco su Gaza, bloccare l'invasione dei Territori Occupati e abbandonare ogni pretesa di possesso e controllo dei territori oltre i confini stabiliti nel 1967. Invitiamo il governo inglese e i nostri concittadini ad adottare tutte le misure del caso per costringere Israele ad aderire a queste richieste, a partire da un programma di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni.”
A Londra, alcuni studenti hanno manifestato presso la prestigiosa London School of Economics per esprimere solidarietà a Gaza:

Oggi oltre 40 studenti hanno continuato il loro sit-in alla London School of Economics per protestare contro il conflitto di Gaza.

Varie organizzazioni e siti si dedicano a diffondere informazioni sulle varie campagne: maggiori informazioni sono reperibili qui [7] [in], qui [8] [in] e qui [9] [in].

Sul fronte opposto, qualcun altro, come Crossroads Arabia [10] [in], non appoggiano la campagna di boicottaggio:

Il giornale Saudi Gazette riferisce che anche in Arabia Saudita è stata lanciata una campagna di boicottaggio dei prodotti americani a sostegno della gente di Gaza. Così come in passato, simili boicottaggi probabilmente a) allevieranno il senso di impotenza saudita e b) danneggeranno le succursali saudite e i loro impiegati, senza in realtà arrecare grossi danni all'economia americana, contrariamente a quanto sostiene un professore dell'Università King Abdulaziz.
Tuttavia, è chiaro che la proposta di boicottaggio gode di un forte appoggio popolare.

Anche Jewlicious [11] [in] ha scritto un post in risposta a quello pubblicato da Khobbeizeh:

Allora, non sono un grande amante di Starbucks, o, per quel che conta, del caffè in generale, ma l'affermazione secondo cui Starbucks sosterrebbe l'IDF con “centinaia di milioni all'anno” è semplicemente assurda. Khobbeizeh, amico mio, a parte le tue encomiabili abilità con Photoshop, sei un idiota.