Mondo Arabo: “L'Iran è una dittatura democratica”

Moltissime le reazioni del mondo arabo sugli avvenimenti in Iran, dopo le elezioni presidenziali in cui Mahmoud Ahmedinejad sembra aver ottenuto [in] il secondo mandato, con il 66 per cento dei voti complessivi.

In questa panoramica su tali reazioni, alcuni blogger arabi paragonano lo scenario politico del proprio Paese a quello iraniano, fornendo anche riflessioni sui possibili sviluppi della situazione.

Su Twitter, Essam Al Zamel [ar], dall'Arabia Saudita, commenta ironico:

Istantanea del messaggio di Al Zamel

Istantanea di Al Zamel

L'Unione Europea sollecita un'indagine sui risultati delle elezioni iraniane. Che farsa! I Paesi arabi tengono elezioni dove il vincitore ottiene il 99 per cento e nessuno ha mai detto nulla!?

Il giordano Ali Dahmash [in] nota anche come la democrazia del mondo arabo impallidisca se paragonata a quella iraniana:

L'Iran è un regime dittatoriale democratico, come lo chiamo io. Nel Paese c'è un grado di liberalismo e libertà che non esiste nel mondo arabo. Uomini e donne possono scegliere la propria leadership, ma il Leader Supremo è ancora il potere più forte. Le donne possono votare, lavorare dovunque, guidare, arrampicarsi in montagna ma non candidarsi alle elezioni. L'Iran è la più grande democrazia del Medio Oriente e la seconda dopo il Libano, ma minoranze come quelle dei Baha'i, degli omosessuali e degli Armeni sono ancora oggetto di repressione, persecuzioni e minacce di uccisione o imprigionamento.

Sui recenti tumulti dopo i risultati delle elezioni, il blogger spiega:

Mousavi ha accusato il governo di frode e brogli alle elezioni; e, poiché 14 milioni di voti non sono stati contati, i suoi sostenitori hanno riversato rabbia e disperazione nelle strade di Tehran. La maggior parte dei dimostranti è composta da giovani che chiedono riforme e cambiamento. Questa fascia d'età appartenente al ceto medio della società è sempre stata la scintilla che ha acceso qualsiasi rivoluzione o sommossa. Ma non la vedo come una rivolta contro lo stato islamico, cosa che molta gente sembra aspettare con ansia, è piuttosto l'avvìo di un lento processo di riforme verso il cambiamento e la modernizzazione. Si tratta di un percorso interno inevitabile, e non dovrebbe essere influenzato da poteri esterni o minacce a livello internazionale. Sarà il tempo a cambiare l'Iran.

Dahmash riflette anche sulle potenzialità di Twitter, che ha permesso ai manifestanti iraniani di far sentire in tutto il mondo la propria voce, nonostante il giro di vite del governo contro la libertà d'espressione:

Il governo controlla ancora i media e l'accesso a siti internet come (Youtube) & (Facebook), che al momento risultano inaccessibili. Ha impedito alle testate internazionali di seguire le manifestazioni. In questo modo i manifestanti hanno utilizzato Twitter e altri social media per raccontare quanto va succedendo nelle strade di Tehran. Anche le testate tradizionali si rivolgono agli utenti iraniani della rete per ottenere testi e video che documentino la situazione locale. L'amministrazione Obama ha addirittura sollecitato Twitter a posticipare la chiusura per manutenzione perché rappresenta l'unico mezzo di comunicazione con il resto del mondo per gli iraniani! Molti manifestanti stanno rischiando la vita usando i videfonini per catturare immagini e filmati delle dimostrazioni, iniziate in maniera del tutto pacifica una settimana fa, ma poi sfociate in un violento confronto che finora ha provocato la morte di 7 persone.

L'ultimo rilancio è ripreso da Palestinian Pundit [in], dove Zarathustra propone un'amara riflessione sui giovani arabi:

Quanto sta succedendo oggi in Iran (a prescindere dalla vostra posizione personale o dal fatto che l'opposizione sia realmente riformista) non fa altro che dimostrare ancora una volta come le persone del mondo arabo (i giovani in particolare) siano fra i più impotenti e smidollati del Medio Oriente.
Quando è stata l'ultima volta che hanno sfidato gli ordini del governo, scendendo in strada a decine di migliaia per manifestare dissenso nei confronti delle politiche governative? I regimi arabi hanno ormai talmente affinato l'arte dell'oppressione da aver creato una generazione di giovani arabi che si accontenta semplicemente di sedersi per terra, giocare a carte, fumare lo Hookah [it] e sognare di andare a Dubai o in occidente per lavorare e fare un sacco di soldi. Una generazione di giovani che si preoccupa molto di più di banali vignette danesi che umiliano il Profeta, anziché della propria umiliazione e oppressione quotidiane. Ci sono movimenti giovanili in tutto il mondo, dall'America Latina all'Iran e alla Turchia, Paesi in cui i giovani cercano di conquistare un ruolo attivo nel determinare il proprio futuro, ma ciò non riguarda il mondo arabo.

L'indifferenza e l'apatìa dei giovani arabi sono la diretta conseguenza dell'atroce fallimento della generazione dei loro genitori. È triste vedere che nel mondo in via di sviluppo chiunque stia cercando di cambiare la propria realtà, tranne gli arabi, dove i soliti tiranni e i loro figli hanno regnato per decenni, e sembra che ciò non riguardi affatto i loro sudditi.

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