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USA: pellegrinaggio continuo sulle orme di Into the wild

Categorie: Nord America, U.S.A., Arte & Cultura, Film, Giovani, Viaggi e turismo

Il 24 agosto, due giovani escursionisti, un americano di 19 anni e un cinese di 21 sono stati ritrovati, dopo essersi persi, [1] [in] lungo il sentiero Stampede [2] [in], vicino Fairbanks, Alaska. I poliziotti che li hanno trovati hanno detto che indossavano solo vestiti da città e avevano con sè poco cibo. Non è la prima volta che in quest'area selvaggia e inospitale vengono trovati viaggiatori impreparati.

Come altri prima di loro, erano partiti per vedere il “Magic Bus”, uno dei due personaggi centrali del libro best-seller sceneggiato [3] [it] da Sean Penn che ne anche diretto il film nel 2007.

Il libro di Jon Krakauer [4] [it] racconta la storia vera di Christopher “Alexander Supertramp” McCandless, giovane laureato che si era lasciato alle spalle amici e famiglia per intraprendere un'odissea sulle strade americane per approdare poi all'obiettivo finale: l'Alaska. Dove è stato trovato morto nel 1992 in un autobus pubblico abbandonato, trasformato e utilizzato come rifugio dai cacciatori.

Ci sono ancora dubbi riguardo l'effettiva causa della sua morte [5] [in], possibilmente causata dalla fame, da un avvelenamento o da una ferita, rendendo così più misteriosa la vicenda.

Christopher McCandless davanti al Christopher McCandless davanti al “Magic Bus” (foto trovata nella sua macchina fotografica)


Secondo The Star, quotidiano canadese, ogni anno circa 100 persone [6] [in] da tutto il mondo seguono le orme di McCandless in pellegrinaggio. Egli viene considerato un simbolo di libertà e del ritorno alla natura.

In pellegrinaggio verso il bus

L'amante dell'avventura e blogger Dan di The road chose me, descrive [7] [in] le difficoltà che ha incontrato nel raggiungere il luogo dove morì McCandless.

Ho incontrato due fantastici personaggi austriaci, Thomas e (fate vibrare la ‘R’) Roland lungo l'autostrada Dalton e ci sono voluti 10 secondi per convincerli ad unirsi a me nel viaggio verso ‘Il Bus’. Siamo riusciti a guidare per circa 12,5 miglia lungo la Stampede Road prima di dover lasciare i veicoli e continuare a piedi. La mattina successiva, nella prima ora mezza ci siamo ritrovati a camminare su un ottimo sentiero per moto a quattro ruote, abbiamo attraversato qualche piccola palude e un paio di fiumi con l'acqua fino al polpaccio, raggiungendo la riva del fiume Teklinika.

Qui hanno poi proseguito sulla sponda di fianco per trovare un posto dove attraversare il fiume. “Mi sono spaventato un bel pò quando l'acqua mi è arrivato a metà coscia e la corrente si è fatta davvero molto forte,” scrive Dan. Alla fine sono arrivati al “Fairbanks Bus 142″:

Quando l'autobus 142 è apparso sul lato del sentiero, quasi dal nulla, sono rimasto abbastanza sorpreso […] in qualche modo non ero ancora pronto per essere già lì. Mi sono fermato un momento sul ciglio dello spiazzo, poi ancora sulla porta dell'autobus, cercando di assorbire tutto. Anche se non c'ero mai stato prima, era tutto molto familiare – per via della descrizione nel libro, del film e anche dalle immagini viste online.

Credevo che il Magic Bus fosse un posto tranquillo e triste dove passare il tempo – sono rimasto sorpreso di scoprire come invece fosse vero il contrario.

La profanazione del bus

Sembra che alcuni visitatori non rispettino questo ‘mausoleo’. Il blogger Ed Plumb, da Fairbanks, ne parla sul proprio blog The Edventures. Ecco cosa scrive [8] [in] dopo la sua seconda visita all'autobus:

Così siamo arrivati al bus trovandolo in completo disordine. Alcune finestre erano state rotte, il vetri sparsi in giro, e la maggior parte degli oggetti all'interno del bus erano stati spostati. C'era della spazzatura sparpagliata tutt'intorno e ai piedi degli abeti vicini.

Ovviamente, l'autobus non attrae solo intrepidi avventurieri o vandali. La pittrice e blogger Heather Horton pubblica sul proprio sito [9] [in] un dipinto ispirato dalla sua visita al bus:

[9]“Fairbanks Bus 142″, foto di Heather Horton

Pensavo a Chris McCandless mentre lavoravo a questo dipinto, così come quando sono andata davvero a vedere l'autobus. Fortunatamente ho scattato molte foto di riferimento che mi hanno aiutato a far riaffiorare le emozioni e i ricordi. Ho pensato ai 113 giorni che ha passato sul bus, a cosa poteva pensare, le finestre attraverso cui guardava, i riflessi che vedeva dentro sè stesso e attraverso i pannelli di vetro. Questo dipinto è l'inizio del mio viaggio personale nell'esaminare il luogo in cui lui trascorse l'ultima, fatidica parte della sua odissea.

Purtroppo tutte queste spedizioni possono causare tensione nella comunità locale quando implicano costose missioni di soccorso. Di conseguenza, tra i locali si è parlato di spostare un giorno il “Magic Bus” [6] [in] in un luogo dove possa essere raggiunto più facilmente da chi voglia visitarlo.