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Angola: intervista con Feliciano Cangüe, autore del blog Hukalilile

Categorie: Africa sub-sahariana, Angola, Libertà d'espressione, Protesta, Tecnologia, Profili dei blogger

Feliciano J. R. Cangüe è l’autore del blog Hukalilile (Don't cry for me, Angola) [1] [pt]. Collaboratore indiretto di Global Voices, è uno dei molti blogger che ci aiuta scrivendo e condividendo notizie sulla società angolana.

Feliciano è il primo di una serie di blogger angolani che saranno intervistati da GV. Professore e ingegnere, divide il proprio tempo tra l’Angola e il Brasile, ed ha risposto con franchezza alle nostre domande.

Feliciano J. R. Cangüe [2]
Feliciano J. R. Cangüe

Cosa ti ha spinto ad avviare un blog?

Vorrei innanzitutto ringraziare Global Voices per avermi concesso questo spazio.

Diversi fattori mi hanno spinto ad aprire un blog. A un certo punto della mia vita ho pensato di diventare giornalista. Non potendo realizzare questo sogno, ho visto nel blog l'opportunità di occuparmi di giornalismo civico o più precisamente, di giornalismo grassroots, di inclusione, contribuendo così al pluralismo dell'informazione a disposizione del pubblico. Il mio blog ha così acquisito popolarità, soprattutto quando il sito d'attualità Club-K [3] [pt] ha iniziato a riprendere molti dei miei articoli. Questo è senza dubbio uno dei modi per rompere la monotonia della stampa ufficiale, che in Angola mostra solo una parte della verità oppure segue i progetti delle grandi aziende mediatiche.

D’altro canto, quando decisi di aprire un blog esistevano solo pochi siti personali angolani; erano parecchi i vuoit da colmare e, personalmente, avevo bisogno del mio Ipiranga personale dove protestare, un “cry for freedom” per presentare le mie idee, per contribuire a migliorare quella società della quale, in fin dei conti, faccio parte. Ho pensato che l’Angola avrebbe rimpanto l'abbandono della lotta da parte di un suo figlio.

[NdT: Fu sulle rive del fiume Ipiranga che l’imperatore del Brasile don Pedro [4] (it) urlò “Independência ou Morte” per sancire l'indipendenza del Paese; ulteriori dettagli si veda qui [5] (in)]

Da quanto tempo hai un blog?

Dall’inizio del 2007.

Avevi già familiarità con i siti personali?

Per me era un “mare ancora inesplorato”. Oggi invece faccio tutto ad occhi chiusi.

Come vedi la blogosfera?

Parafrasando qualche studioso, direi che i media tradizionali sono troppo buoni per essere veri. La blogosfera è invece troppo vera per essere buona. Non c’è dubbio che si tratti di un’inesauribile fonte alternativa d'informazione e che sia in grado di cambiare in meglio il mondo: “vox populi vox dei”.

Ritieni che i blog possano considerarsi “armi” di protesta? Perché?

Noi angolani temiamo la parola “arma” e il nostro governo la parola “protesta”. Yoani Sánchez, ad esempio, è riuscita a rendere il proprio blog, Generaciony Y [6] [sp], una giusta mitragliatrice di protesta contro il governo cubano. Cerca sempre di mostrare le verità nascoste dal sistema politico vigente e le ingiustizie e limitazioni della libertà perpetuate nei confronti dei concittadini. Per il suo attivismo di proteste ha ricevuto innumerevoli riconoscimenti. Secondo me, i blog sono dei veri e propri strumenti di giustizia sociale, armonia e pace. Sono emersi per spezzare i paradigmi.

Puoi citare uno o due blog che ti hanno influenzato?

Posso citarne tre angolani: Pululu [7] [pt], Morro da Maianga [8] [pt] e Alto Hama [9] [pt].

Cosa pensi della blogosfera angolana? Gli angolani utilizzano i blog come armi di contestazione? Li ritieni efficaci?

In generale, i “blog che parlano dell’Angola” [10][pt] sono ancora pochi. Molti meno di quanti ce ne siano in Argentina, dove superano i 260mila e per lo più vengono scritti da giovani con meno di 20 anni.

In termini d’organizzazione ci vorrà ancora del tempo prima che si organizzino conferenze di blogger, come Blogama in Marocco o Bloguivianos in Bolivia. Nel frattempo stiamo già iniziando a lasciare il segno e ciò non può passare inosservato. Recentemente il Jornal de Angola ha segnalto riconosciuto pubblicamente la forza dei blog angolani. Purtroppo sono parecchi i fattori che in Angola ostacolano lo sviluppo dei blog, come il difficile accesso a Internet e il prezzo elevato dei computer. La gente dà priorità alle questioni di sopravvivenza, relegando in secondo piano le nuove tecnologie. Inoltre, a causa del lungo periodo di piombo che ha vissuto il Paese, prima con gli effetti dell'inquisizione, poi con i 500 anni di dominazione portoghese, seguiti da 14 anni di guerra per la liberazione nazionale e terminati con 30 anni di guerra civile, è naturale che la cultura della libertà d'espressione non sia parte del nostro quotidiano. In questo scenario essere un blogger è una fatica d’Ercole.

In pratica ci sono pochi blog come Alto Hama che fungono da estintori nel mezzo dell’incendio. Alcuni provano a usare gli estintori e gli altri ne apprezzano la bellezza. L’importante è che molti si stanno facendo avanti e sono in parecchi ad avere ottime idee e a indicare la direzione da prendere. Adesso, per esempio, ci sono blog che sarebbero in grado di coprire un congresso del G8.

Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, solo pochi angolani utilizzano i blog come un'arma di protesta diretta. Normalmente quelli che lo fanno risiedono fuori dal Paese. Altri lo fanno in modo allusivo. Tengono le carte nascoste, utilizzano parabole, discutono eventi che avvengono in altri Paesi o attribuiscono opinioni a “entità amorfe”, come suggerisce Max Gehringer [esperto aziendale e scrittore brasiliano]. Ciò richiede spesso maggiore attenzione da parte dal lettore, come un degustatore di vino deve capire se il calice è pieno di vino rosso o di fiele.

Come vedi questa Angola in cambiamento?

So solo che il Paese approverà una costituzione per il sistema parlamentare presidenziale. Non so se si tratta di una cosa positiva o negativa. Indipendentemente da cosa accadrà, se ci fosse la cultura del cambiamento, se i nuovi volti e i giovani avessero l’opportunità di sostituire quelli più vecchi, credo che il nostro Paese sentirebbe una nuova musica invece di dover ascoltare sempre lo stesso ritornello: “una volta diventato ministro, ministro fino alla morte; anche una volta morto, sempre ministro”.

Se il Paese puntasse più sull’istruzione invece di investire in opere faraoniche, forse in poco tempo potremmo uscire dal baratro nel quale ci troviamo. Non si può cambiare il Paese con le persone di oggi e la mentalità di ieri.

Qual è stato secondo te l’evento più incisivo degli ultimi dieci anni in Angola?

L’evento più significativo si è verificato quest’anno, nel 2009, quando è stata annunciata la creazione di sei università pubbliche che si uniranno all’unica attualmente esistente, giungendo a sette in tutto.

HUKALILILE (Don't cry for me Angola) [1]

HUKALILILE (Don't cry for me Angola)

Tradotto dal Portoghese da Maisie Fitzpatrick [11] [in].