Le giornate sono [moooolto] più lunghe, eppure questa settimana è passata moooolto velocemente. Con il terremoto, 1+1 =3 [en, come i link seguenti].
Questo commento di @olidups (Olivier Dupoux) su Twitter riassume il modo in cui si sentono gli haitiani a distanza di più di dieci giorni dal terremoto del 12 gennaio che ha distrutto la città capitale di Port-au-Prince e le aree nelle vicinanze. Mentre gli sforzi di soccorso si stanno esaurendo, (anche se ieri sono stati tirati fuori dalle macerie altri due sopravvissuti) “le tendopoli” sono in costruzione per ospitare migliaia di haitiani che ora son rimasti senza una casa e con sforzi di soccorso su larga scala in corso, alcuni stanno iniziando a pensare che cosa ha in serbo il futuro prossimo, quale sarà la durata dei lavori di ricostruzione e che aspetto avranno. Altri sembrano interessati al fatto che gli annunci ufficiali delle autorità e le notizie trasmesse dai media non coincidono sempre con la situazione che si può osservare sul posto.
@troylivesay (l'operatore di beneficenza Troy Livesay), che in precedenza si era chiesto se l'ONU stesse limitando i movimenti delle forze di sicurezza statunitensi, il 21 gennaio ha notato che “I Marines stanno pattugliando le strade… il loro coprifuoco deve essere stato esteso.” Ha aggiunto:
Al mattino seguente, ha pubblicato un breve testimonianza oculare riguardo i soccorsi:
Livesay ha pubblicato anche delle foto da una delle “tendopoli” di Port-au-Prince's sul suo account Flickr. Uno scatto mostrava uomini che caricavano i loro cellulati in una stazione di ricarica improvvisata.
Nella notte del 21 gennaio, @RAMhaiti (il musicista Richard Morse, che gestisce anche Hotel Oloffson) ha descritto una passeggiata nel centro di Port-au-Prince:
Ha sottolineato:
In qualità di personaggio noto in Haiti, che pubblica una gran quantità di informazioni e commenti su Twitter dal giorno del terremoto, Morse è stato citato frequentemente dalla stampa internazionale. Il sito web di viaggi WorldHum ha pubblicato un’ intervista con Morse risalente al 2008, in cui ha detto:
“Quando i giornalisti rimangono qui, io provo ad influenzarli. Prima non lo facevo. Di solito i giornalisti scrivevano storie e poi andavano via”, ha detto. “E se la storia non avesse avuto a che fare con la realtà, avrebbe avuto un grande impatto sulla mia vita. Cominciai a capire che era meglio se il giornalista avesse avuto un'idea migliore di cosa stava succedendo, così avrei provato a guidarli nella direzione di ciò che stava realmente succedendo.”
Fedele alla sua riflessione, Morse (spesso in risposta alle domande su Twitter) ha fatto dei commenti sulla politica haitiana e sull'amministrazione dei soccorsi:
Si è anche chiesto per quanto tempo Haiti avrebbe mantenuto l'attenzione del mondo:
Il blogger haitiano con sede negli Stati Uniti Wadner Pierre è stato esplicitamente critico riguardo i media stranieri:
Sono sopraffatto, frustrato e persino arrabbiato per quello che alcuni giornalisti hanno scritto riguardo la situazione di Haiti dal terremoto del 12 gennaio e non riesco a credere ad alcune delle immagini che ho visto sui canali di notizie come CNN e MSNBC. È vero che alcuni giornalisti stanno facendo del loro meglio per delineare un'immagine reale della situazione di Haiti sul posto….
Ma i media principali, specialmente negli Stati Uniti, hanno focalizzato l'attenzione del loro pubblico sul fatto che Haiti è il Paese più povero delle Americhe e, al contrario, si sono concentrati sugli sforzi da parte degli Stati Uniti, il Paese più ricco delle Americhe, per mobilitare i servizi di soccorso per il disastro.
Pierre ha criticato anche il presidente haitiano René Préval:
Nessuno, a quanto pare, è abbastanza certo di quello che sta facendo. Alcuni pensano che stia negoziando il Paese agli Stati Uniti. Altri pensano che Préval non sia mai stato il leader del Paese; piuttosto, sostengono che è sempre stato un burattino della comunità internazionale.
Havana Times ha pubblicato una lettera aperta da parte di un regista guatemalteco che si trovava a Jacmel al momento del terremoto, contestando alcune delle immagini apparse sulla copertura televisiva internazionale:
I media scelgono le scene più strazianti, le più macabre e sensazionali, e poi le ripetono più e più volte fino a creare gradualmente un'immagine distorta della realtà.
Anche la moglie di Troy Livesay, Tara, che scrive sul blog The Livesay [Haiti], ha espresso la sua frustrazione nei confronti della stampa straniera:
Sono contenta che i media abbiano prestato attenzione ad Haiti e si spera che questo possa portare la gente a prendersene CURA e a voler DARE e AGIRE, ma quelli che non lasciano mai l'aeroporto e riferiscono da lì non fanno altro che occupare spazio e creare maggior caos. Inoltre, sento che questa storia non sta più ricevendo tanta attenzione – che è caduta in fondo al cast delle notizie, perché la storia è appena iniziata..
E Chantal Laurent di The Haitian Blogger è stata turbata dall'ascoltare un rappresentante del programma alimentare mondiale mentre diceva che la distribuzione di provviste alimentari a Port-au-Prince era stata ridotta a causa della “mancanza di sicurezza”. Ha osservato: “la gente sul campo sta riferendo di non aver assistito ad alcun motivo di preoccupazione legato a problemi di sicurezza”.
Nel frattempo, altri hanno continuato a concentrarsi sulla sfida continua delle provviste di cibo, acqua e assistenza medica per un vasto numero di haitiani feriti o sfollati. Il gruppo di beneficenza Pwoje Espwa, con sede a Les Cayes, ha riferito sul suo blog che un centinaio di bambini orfani stavano arrivando da Léogâne, e ha chiesto donazioni. Gwen Mangine, un'operatrice di beneficenza dell'organizzazione ‘Joy in Hope’ con sede a Jacmel, ha fornito un aggiornamento sui soccorsi qui:
Negli ultimi 6 giorni, abbiamo accumulato una buona scorta di cibo e acqua….Ieri abbiamo affittato una casa in un luogo fuori dalla città, con un grande muro intorno e abbiamo assunto delle guardie di sicurezza. Abbiamo iniziato a spostare tutte le nostre provviste ieri e oggi inizieremo il processo per portare via tutto questo che ci è stato distribuito dalle chiese e dalle organizzazioni locali.
Ha anche descritto un momento commovente:
In questo momento sono a casa mia, al piano di sopra….Al piano di sotto la radio a tutto volume, perché che tipo di famiglia haitiana saresti senza una radio al massimo) e i nostri bambini e lo staff cantano tutti insieme Ayiti Cheri, Amata Haiti [una nota canzone patriottica, en].
In questo breve momento, la vita sembra di nuovo normale.
E giovedì notte, @tbijou (Thierry Bijou) ha espresso un dilemma pratico che molti haitiani affrontano ogni sera, con continue scosse di assestamento e molti edifici cha sono ancora in piedi ma del tutto instabili: “11:18. Questa notte la trascorreremo dentro o fuori?”
La pagina di copertura speciale di Global Voices riguardante il terremoto di Haiti è consultabile qui.