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Haiti: come mai gli ‘orfani’ attirano tanta attenzione in certi ambiti all'estero?

Categorie: Caraibi, Haiti, Diritti umani, Disastri, Etnia, Giovani, Interventi umanitari, Legge, Media & Giornalismi, Politica, Relazioni internazionali, Religione

A un mese dal terremoto di magnitudo 7 che ha devastato la parte meridionale di Haiti, il destino dei bambini, e in particolare degli orfani [1][in], è diventata la vicenda principale [2][in] per molti [3] [in] Paesi [4] [in]. Eppure sono poche le voci haitiane sul tema.

In questo lungo resoconto video pubblicato suTelegraph21 [5] [in], registrato nei giorni immediatamente successivi al sisma, le direttrici di due orfanotrofi haitiani esprimono valutazioni totalmente diverse sulla questione. Al minuto 2:30 del video una di loro, che gestisce un orfanotrofio in una località anonima di Haiti, esprime frustrazione per l'improvviso interesse verso i bambini haitiani, al contrario di quanto succedeva prima del terremoto. Le richieste provenienti da famiglie straniere in cerca di bambini da adottare si sono fatte quotidiane. “Non ho nemmeno risposto”, dice. “Ascoltino tutti: non voglio ricevere simili richieste collegate alla catastrofe.”

Al contrario, una donna identificata come Ledice, che si prende cura di sessanta bambini presso un'altra struttura, chiede un trasferimento più veloce per i bambini, e cita la mancanza di servizi pubblici per l'approvazione delle adozioni, anche quelle in corso prima del disastro. “Ora si tratta di una causa umanitaria,” afferma. “Diamoci da fare on i bambini. Più avanti sistemeremo le faccende burocratiche. “

Gran parte della recente attenzione sui ragazzi, da parte di fonti tradizionali e meno, viene dal caso ampiamente pubblicizzato [6] [in] di un gruppo religioso americano arrestato la scorsa settimana durante il tentativo di trasferire trentatré ragazzi da Haiti alla Repubblica Dominicana. Ma è in corso anche un dibattito più ampio.

Conducive [7] [in], blog colletivo che si occupa spesso di adozioni internazionali [8] [in], osserva come le precedenti corse ad adottare bambini dopo certe calamità siano andate storte:

Il trasferimento di bambini a seguito di una catastrofe non è cosa nuova. Lo abbiamo visto con l'Operazione Babylift dopo la guerra in Vietnam, quando il governo americano ha frettolosamente trasferito quasi 3.000 bambini dalla propria patria durante la caduta di Saigon nel 1975. Per anni le controversie tra genitori naturali e genitori adottivi hanno impegnato i tribunali degli Stati Uniti. I genitori naturali non hanno mai acconsentito all'adozione mentre quelli adottivi sostenevano la legittimità della richiesta. Gli esperti di adozione più critici vedono un parallelo con l'attuale corsa all'adozione dei bambini haitiani.

In un post intitolato Orphans, Orphans, Orphans! [9] [in], ResistRacism è più specifico:

Quanti futuri genitori adottivi sono stati informati su questioni transculturali e transrazziali? (Lo stesso genitore di cui sopra [nel post] si pone domande sulla cura dei capelli neri. Dopo aver ricevuto il bambino. Avrà riflettuto anche su altre questioni di razza e cultura?) (Non fatemi nemmeno cominciare a parlare del problema del trauma. Che è troppo grande per essere affrontato. Ma sono del parere che l'individuo medio non sia in grado di gestire questo tipo di traumi profondi per un bambino.)

Perché le agenzie non promuovono futuri genitori di origine haitiana? Persone con esperienza nella gestione dei traumi?

Lo stesso post suggerisce una soluzione più creativa.

Ecco un pensiero radicale: se alcuni di questi “orfani” sono stati messi in adozione per via del fatto che i genitori non sono in grado di tenerli, perchè non trasferire famiglie intere con un ponte aereo tra Haiti e gli Stati Uniti? Se si sta parlando seriamente del benessere del bambino, restare insieme non è forse la cosa migliore per la famiglia? Ma ciò non risponderebbe alle esigenze delle altre famiglie. Sapete, quelle buone famiglie che vogliono salvare gli orfani.

Anche la rinnovata attenzione al sistema Restavec Haiti [dal francese “reste avec” ovvero “sta con”] è  un tema importante. In un post [10] [in] precedente il terremoto, Repeating Islands [11] [in] afferma che il sistema, “attraverso il quale i genitori non in grado di sostenere i figli li mandano a vivere con parenti più ricchi o stranieri, dai quali ricevono cibo, alloggio e istruzione in cambio di lavoro” si può considerare equivalente alla schiavitù. Cita un ispettore delle Nazioni Unite che ha visitato Haiti l'anno scorso per esaminare la questione Restivek, il quale afferma:

… Anche se l'assegnazione di bambini presso altri membri della famiglia è da lungo tempo una prassi ad Haiti, oggi succede che ‘reclutatori pagati setacciano il Paese alla ricerca di bambini per trafficare sia all'interno che all'esterno dell'isola. Questa pratica è una grave violazione dei diritti più fondamentali del bambino.’

Nelle scorse due settimane, la maggior parte delle agenzie internazionali che si occupano di assistenza all'infanzia durante le crisi hanno dichiarato di opporsi alle adozioni rapide ad Haiti. Il Comitato internazionale della Croce Rossa, in una dichiarazione presentata come un’intervista [12] [in] a uno dei suoi responsabili per la tutela dei minori, ha affermato di considerare prioritari gli sforzi per mettere in contatto i bambini con i familiari ad Haiti, mentre l'adozione dovrebbe eesere una soluzione di ultima istanza.

… Nelle situazioni in cui un bambino viene evacuato, ci sono chiare procedure da seguire: il bambino deve essere accompagnato da un parente o qualcuno che lo conosce, se possibile; i dettagli del bambino devono essere registrati e la famiglia deve sapere dove si trova il minore adottato e da chi. Purtroppo alcuni bambini sono stati evacuati in fretta, senza che ne venissero registrati tutti i dati.

Gruppi di aiuto come Save the Children, World Vision e il Red Cross Disaster Fund (che è separato dal Comitato Internazionale), hanno emesso un comunicato congiunto [13] [in] anch'esso contrario a evacuazioni e adozioni. Così ha fatto l’UNICEF [14] [in].

Allora, dove sta la controversia? Nel caso dei bambini fermati alla frontiera che ha coinvolto un gruppo dif ede protestante, alcuni di loro hanno difeso [15] [in] le adozioni internazionail come strumento per diffondere le proprie opinioni religiose [16] [in]. Altri blog cristiani evangelici sono più prudenti. Christianity Today [17] [in], che si definisce una “Rivista di convinzione evangelica” si è opposta alle adozioni internazionali veloci:

Nei primi mesi che seguono un evento come questo, non vogliamo trasferire i bambini lontano dalla zona in cui li stanno cercando altri membri della famiglia. Dopo lo tsunami del sud-est asiatico nel 2004, c'erano molti bambini piccoli virtualmente non identificabili, e tuttavia una percentuale molto alta di quei bambini, grazie al test del DNA e ad altri metodi, sono stati poi restituiti ai familiari.