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Marocco: morte annunciata per l'informazione e le voci indipendenti?

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Marocco, Legge, Libertà d'espressione, Media & Giornalismi

Le Journal Hebdomadaire 1997 2010Ultimamente in Marocco va registrandosi un aumento degli attacchi alla libertà d'espressione, in particolar modo contro giornalisti [1] [in] e blogger [2] [in], come riportato da Global Voices Online negli ultimi mesi. Sono pratiche talmente diffuse da far pensare che le notizie provenienti dal regno Nord-africano, siano in realtà l'ennesima replica della vecchia solfa. Eppure quello che è successo la scorsa settimana è senza dubbio un momento chiave nella campagna delle autorità marocchine contro i media indipendenti.

Ci sono voluti decenni di battaglie e la fine della guerra fredda, per spingere finalmente un dittatore vecchio e malato [3] [it] ormai privo di valenze geo-politiche e prossimo alla fine, ad abdicare per gestire senza problemi la successione al trono di suo figlio [4] [it], prima che questo Paese assistesse alla nascita di una nuova generazione di giornalisti irreverenti. Le Journal Hebdomadaire [5] [in], settimanale d'attualità in lingua francese fondato nella metà degli anni '90 grazie all'insolita alleanza tra finanziatori coraggiosi e capaci professionisti importati dall'occidente, è stato il primo di una lunga serie di pubblicazioni private e libere di criticare il governo e le istituzioni del Paese. Quest'attenzione nei confronti dell'élite cosmopolita marocchina, fece diventare “Le Journal Hebdo” estremamente popolare, inaugurando un decennio di duri confronti su verità fattuali, sfidando gli uomini forti del regime locale, rivedendo l'informazione ufficiale, aggirando la burocrazia imposta dal governo e sdoganando diversi tabù.

C'è stato un tempo in cui le dittature arabe usavano la repressione extra-giudiziaria per mettere a tacere le voci fuori dal coro, abusando palesemente della propria autorità. A quei tempi si diceva che in ogni casa, in ogni strada, nelle redazioni di tutti i giornali ci fossero occhi ed orecchie del governo pronte a segnalare chiunque non si appiattisse sulla linea imposta dalle autorità. Oggi la repressione delle voci indipendenti si ottiene con minacce costanti, compiute da un sistema giudiziario schiavo dell'esecutivo, e boicottaggi da parte di inserzionisti vicini al potere politico. È quanto successo a Le Journal Hebdo, che ora ha deciso di chiudere dopo che un tribunale economico di Casablanca ha dichiarato il fallimento del gruppo editoriale, stroncato da una serie di condanne per diffamazione, dalle tasse e da un debito spaventoso – decisione che infligge il colpo di grazia alla pubblicazione.

Il Committee to Protect Journalists [6] [in], organizzazione di monitoraggio basata a New York, ha commentato duramente l'esito di questa vicenda ricordando il recente caso giudiziario, con una serie di condanne e sanzioni pecuniarie che ha portato alla chiusura d'ufficio della pubblicazione:

Le Journal Hebdomadaire subì un duro colpo finanziario nel 2006, quando venne condannato da un tribunale marocchino al pagamento di 3 milioni di dirham (354.000 dolari USA) per un caso di diffamazione […] Jamaï (direttore e co-fondatore della testata) lasciò il Paese dopo la sentenza e numerosi episodi di minacce da parte di ambienti governativi [7] [in]. Per un po’ di tempo, queste attenzioni particolari nei confronti del Journal Hebdomadaire parvero diminuire. Poi, quando nel 2009 il giornalista tornò in Marocco e al proprio lavoro, il governo riprese a guidare il boicottaggio degli inserzionisti contro Le Journal Hebdomadaire. A settembre, la corte suprema ha confermato il pagamento dei danni nel caso [di diffamazione].

Issandr El Amrani, autore del blog The Arabist [8] [in], ha ricevuto un messaggio da Aboubakr Jamaï (Bou Bakr) che gli comunicava la morte ufficiale del Journal Hebdomadaire. Il blogger scrive quanto segue:

Ho appena ricevuto una brutta notizia da Abou Bakr Jamai [9] [fr], editore di una coraggiosa pubblicazione, simbolo di quella liberalizzazione degli anni '90 di re Hassan II andata persa durante il regno piuttosto insulso del figlio, Muhammad VI. Questo il messaggio di Bou Bakr:

Dopo tutto le tue previsioni sulla fine del Journal erano corrette. Hanno chiuso Le Journal Hebdo. Ieri, 5, sì, 5 ufficiali giudiziari si sono presentati con un mandato del tribunale che li autorizzava a confiscare Le Journal Hebdomadaire e la casa editrice, Trimedia. Quello che non ci è chiaro è per quale ragione legale il giudice abbia deciso non di commissariare Mediatrust ma di agire legalmente contro Trimedia. L'unico collegamento possibile è la testata :”Le Journal Hebdomadaire”, ma è proprietà dell'editore in persona, non dell'azienda. Siamo ancora in attesa che il quadro legale divenga più chiaro, ma posso già annunciare ufficialmente la morte del Journal Hebdomaire.

Su questa anche vicenda El Amrani ha scritto un editoriale [10] [in] sul blog del quotidiano britannico The Guardian/Observer, Comment Is Free. Il giornalista lamenta la scomparsa del Journal e lancia un avvertimento sul preoccupante trend di autoritarismo e repressione:

Più di ogni altro, Le Journal chiedeva conto alle autorità sulla democratizzazione promessa nei comizi. Scriveva coraggiosamente in favore di riforme costituzionali che spostassero il potere politico dal palazzo al parlamento. Alla mia generazione questo giornale ha dato un'educazione politica e un esempio di franchezza e coraggio.

[…] Ma la cosa più preoccupante è che la chiusura del giornale è solo uno dei segnali di un rinnovato autoritarismo. I metodi usati una volta contro Le Journal sono diventati una pratica comune per disciplinare la stampa. Gli altri oppositori della monarchia, ad esempio la vivace blogosfera marocchina, vengono trattati duramente. La riforma politica si è impantanata e le repressioni del regime sui termini di diritti umani sono peggiorate.

La triste fine del Journal è solo uno dei numerosi segnali che indicano qualcosa di marcio nel regno del Marocco.

La blogger Jillian C. York [11] [in] rilancia il commento di Al Amrani e scrive quanto segue:

[L]a chiusura del Journal non è l'unico evento a indicare la svolta reazionaria del Marocco. Gli arresti dei blogger Bashir Hazzem [12] [in], Mohammed Erraji [13] [in], e Boubaker Al-Yadib, degli attivisti di Facebook Fouad Mourtada [14] [in], di svariati giornalisti [15] [in], dovrebbero parlare da soli. E nonostante ciò il Marocco continua ad essere rappresentato come un Paese progressista, soprattutto negli Stati Uniti, che utilizzano la Mudawana [16] [it] (diritto familiare) e i nuovi diritti per le donne come prove inconfutabili del loro argomento.

Questo è un problema che non può, non deve essere ignorato. Il Marocco, non lo si dice mai abbastanza, è un Paese meraviglioso. Ho trascorso oltre due anni stupendi in quel Paese e ci tornerei più che volentieri, nonostante i suoi difetti. Ma se il Marocco, come qualsiasi altro Paese, intende seguire la strada del progresso, non può negoziare sulla libertà d'espressione.

La testata online marocchina Hesspress [17] [ar] protesta contro il silenzio assordante e la mancanza di solidarietà all'alba di una nuova stagione autoritaria:

إن هذا الصمت المطبق إزاء عمليات تصفية المنابر الإعلامية الوطنية المستقلة، التي تدخل في خانة جرائم القتل التسلسلي، تفرض تلاحما تلقائيا بين المنابر المتبقية لإعمال مبدأ التضامن، كأضعف الإيمان، وبالتالي طمر الخوف والجبن ووضع التوافقات جانبا، لوقف هذا المسلسل الهتشكوكي الذي بات يقض مضجع “صاحبة الجلالة” في عز عنفوانها.

La cortina di silenzio che avvolge la liquidazione di un quotidiano indipendente nazionale, che andrebbe definito un omicidio seriale, dovrebbe provocare la formazione di una coalizione spontanea di tutti i movimenti d'opposizione, nel nome della solidarietà. Questo è il minimo che possiamo fare per sconfiggere la paura e l'indifferenza. Dovremmo mettere da parte le nostre differenze per fermare quest'attacco terrificante a ” Sua Maestà” (e qui intendo la Stampa), che è ancora in fasce.

Anche la blogosfera ha seguito attentamente questa vicenda e parecchi blogger, come Anas Alaoui [18] [fr], hanno pianto la scomparsa di una testata semplicemente unica:

J’aimerais tout simplement remercier Le Journal et les personnes y ayant travaillé. Je les remercie pour l’effort engagé dans cette première marocaine quand on a cru à une ouverture, une certaine ouverture tout du moins. Je les remercie pour le courage et le dévouement dans leur tâche d’informer le public. Ils ont été les premiers à briser des tabous. Ils ont été les premiers à dire des choses vraies. Nous pouvons être d’accord ou pas avec les éditos écrits dans ce magazine. Nous pouvons être d’accord ou pas avec les analyses qui y ont été publiées, mais nous ne pouvons nier le fait que le Journal Hebdo a changé la pratique journalistique marocaine. Désormais, il y a un avant Journal Hebdo et un après Journal Hebdo.

Vorrei solamente ringraziare Le Journal e tutti quello che vi hanno lavorato. Li ringrazio per tutti gli sforzi di aver messo il cittadino al centro dell'informazione. Ci hanno fatto credere nell'apertura; in un'apertura di qualche tipo per lo meno. Li ringrazio per il coraggio e la dedizione all'informazione dell'opinione pubblica. I primi a violare certi tabù. I primi a dire cose vere. Si potrà essere d'accordo o meno con la linea editoriale della rivista. Si potrà essere d'accordo meno con certe analisi, ma dobbiamo tutti riconoscere che Le Journal Hebdo ha cambiato la pratica del giornalismo in Marocco. E da oggi c'è un prima e un dopo Le Journal Hebdo.

La fine del Journal Hebdomadaire rappresenta un pericoloso arretramento delle libertà individuali in Marocco. Il regime si toglie una spina dal fianco e manda un chiaro segnale ai media indipendenti che ancora sopravvivono in un ambiente sempre più repressivo. Resta ancora da capire se e come, in Paesi come il Marocco, i media digitali e il giornalismo partecipativo saranno in grado di dare respiro alle voci del dissenso, dando spazio a punti di vista diversi e monitorando l'operato dei rappresentanti politici.