Circa 150 bambini uzbechi sono stati infettati con il virus dell'HIV negli ospedali di Namangan, terza città del Paese. Sebbene l’incidente risalga al 2007-2008, è stato reso pubblico solo a marzo del 2010, quando il sito d’opposizione Ferghana.ru (bloccato in Uzbekistan) ha fatto trapelare [rus] un documentario girato dalla TV nazionale dopo l’ordinanza della pubblica accusa.
Nel filmato, Bakhtiyor Shodmonovcita, un rappresentante della pubblica accusa a Namangan, dichiara [rus] che 14 dei 147 bambini infettati sono poi deceduti (il documentario è stato girato a inizio 2009). Afferma inoltre che dodici dottori e infermieri dei due ospedali di Namangan sono stati processati, dichiarati colpevoli di maltrattamento contro minori e condannati a 5-9 anni di carcere (si veda qui il filmato in lingua uzbeca).
La notizia ha avuto larga risonanza nella blogosfera locale: molti sono rimasti scioccati non solo dalla negligenza dei medici, ma anche dall'insabbiamento del caso da parte del governo. Alcuni pensano anche la condanna inflitta non sia stata sufficientemente severa. Neoleo scrive [rus]:
Слишком мало дали за детей, они же буквально убили их. А что говорить про родителей? Их судьбы тоже покалечены.
La punizione è stata troppo blanda; hanno letteralmente ucciso quei bambini. E che dire dei loro genitori? Anche le loro vite sono state rovinate.
Su Registan.net [in] si possono leggere altri commenti:
Metin: “quei medici se la sono cavata a buon mercato; sarebbe stato più giusto il carcere a vita. Si deve punire più severamente la mancanza di senso di responsabilità nelle professioni che hanno un impatto sulla vita altrui”.
Lettore: “Questo è quello che succede quando c’è ignoranza e si vuole salvare la reputazione”.
Jay: “Il popolo uzbeco sa che gli ospedali sono un luogo dove si va a morire piuttosto che a guarire. Quest'episodio non farà altro che rafforzare tale convinzione”.
michaelhancock: “Mi ricordo quando è successo, vivevo ancora a Sayram [città nel Sud del Kazakhstan] e tra le persone colpite dalla tragedia vi erano molte madri giovani di quella regione a maggioranza uzbeca.”
Secondo un’ordinanza speciale del Ministero della Salute uzbeco, in tutti gli ospedali che accolgono bambini e dispongono di reparti chirurgici deve essere presente un epidemiologo. Nel documentario, il Direttore dell’ospedale infantile di Namangan afferma [rus] che l’ospedale aveva bisogno di questo specialista, ma nessuno era stato assunto per l'incaricao, nonostante le richieste inviate sia alle stazioni epidemiologiche comunali sia provinciali.
Anche l’incarcerazione di Maksim Popov, attivista impegnato sul fronte sanitario, riflette il tentativo del governo di nascondere i problemi legati all’AIDS in Uzbekistan. Il giornale indipendente online Uznews.net ha riferito [rus] della condanna di un tribunale uzbeco a sette anni di carcere per Maksim Popov, 28 anni, propagandista civile e direttore di ‘Izis’, un’organizzazione non-profit per la lotta all’AIDS. Secondo il tribunale, un opuscolo da lui distribuito sarebbe stato “incompatibile con le tradizioni locali”.
for_efel scrive [rus]:
раньше, за попытку открыть людям глаза на мир, сжигали на костре.
Commenti più controversi si possono leggere su Registan.net [in]:
Turgai Sangar: “[…] il fatto è anche che molti di questi progetti per la prevenzione dell’HIV finanziati a livello internazionale (o per lo meno realizzati da occidentali) sono, in pratica, centri di appoggio per la prostituzione e la dissolutezza sessuale. Sarà bello il loro blabla sullo sviluppo, ma se si distribuiscono preservativi e si offre assistenza medica gratuita alle prostituite, si sostengono e incoraggiano tali pratiche, punto e basta”.
Nathan: “[…] Sai bene quanto me e molti altri che la prostituzione sarebbe esistita e continuata anche se le ONG occidentali non avessero messo piede in Asia centrale. Soprattutto gli adolescenti di sesso maschile hanno bisogno di una qualche forma di educazione sulle malattie sessuali trasmissibili. Il sesso prematrimoniale ed extramatrimoniale esiste in Asia centrale, ed è esistito anche prima delle ONG occidentali, dei burocrati sovietici e dei governi zaristi, punto e basta”.
Anna: “Credo che le società meno sicure per donne e bambini siano quelle dove la sessualità è considerata ancora un tabù. Svolgo un lavoro simile a quello di Maksim e ritengo che sia importante fornire sostegno ai gruppi stigmatizzati, non solo dal punto di vista della salute pubblica, ma anche perché questi gruppi finiscono per trovarsi in condizioni disumane, a vivere per strada, a combattere contro l’alcolismo e l’abuso di droga, disonorati dalle proprie famiglie. […]”.
L’episodio che ha coinvolto Maksim conferma che le autorità uzbeche applicano alle ONG e alle organizzazioni internazionali, incluso l’UNICEF, una censura ufficiosa [rus] contro la distribuzione di informazioni sull’uso dei preservativi come forma di prevenzione contro l’HIV e l’AIDS. Qualche giorno fa, l’emittente televisiva Aljazeera in lingua inglese ha trasmesso un documentario intitolato “AIDS on the Heroin Road” [AIDS sulla via dell’eroina]. Il filmato, riproposto di seguito, racconta come la corruzione endemica dell’apparato statale e delle forze armate svolga un ruolo cruciale nella diffusione del virus dell’HIV nell’Asia centrale.