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Summit di GV 2010: le sfide dei blogger di Gaza

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Palestina, Cyber-attivismo, Diritti umani, Guerra & conflitti, Linguaggi, Media & Giornalismi, Tecnologia, GV Summit 2010

(Post scritto da Ayesha Saldanha e tradotto da Davide Galati)

La guerra di Gaza [1] [in, come tutti i link che seguono dove non altrimenti specificato] non ha rappresentato un periodo particolarmente significativo per studiare i blogger palestinesi; data la situazione di paura e di incertezza, scrivere online della propria esperienza – ammesso che si sia fisicamente in grado di farlo – non è proprio che ti venga d'istinto. Molti dei blogger che parlavano di Gaza durante la guerra erano stranieri – attivisti “internazionali”, come si auto-definiscono quanti operano in Palestina – sbarcati con le navi del Free Gaza Movement [2] prima della guerra, o gli attivisti dell’International Solidarity Movement [3].

Due esempi di questo tipo di blog sono In Gaza [4] dell’attivista canadese Eva Bartlett, e Tales to Tell [5] dell'attivista australiana Sharyn Lock. Durante il conflitto entrambe hanno fornito frequenti e dettagliati aggiornamenti della situazione a Gaza City.

Un blog collettivo (in inglese) intitolato Moments in Gaza è stato creato da attivisti stranieri – soprattutto grazie all'impegno della libanese Natalie Abu Shakra – insieme a quelli palestinesi, tra cui Abdulwahed Said, professore di letteratura inglese. In realtà il blog era gestito da un collega di Natalie in Libano (e da allora è diventato il blog personale di Natalie, Ghazzawiyya [6]).

Sebbene meno regolari, anche i blogger residenti a Gaza hanno pubblicato degli aggiornamenti, come ad esempio Mutasharrid [7] (traducibile come “persona senza tetto” o “vagabondo”) e Abu El Sharif del blog Shajar El Ba6a6a [8] (entrambi in arabo). Il giovane giornalista freelance Sameh Habeeb ha diffuso frequenti aggiornamenti sul suo blog, Gaza Strip: The Untold Story [9], in inglese.

Diversi blogger hanno poi parlato delle difficoltà di ordine pratico che avevano dovuto affrontare in quel periodo. Sameh Habeeb ha raccontato [10]:

Cari redattori, giornalisti e amici,

Alcuni di voi si chiedono come possa inviare notizie in tali condizioni. Ho davvero faticato molto per pubblicare quest'aggiornamento perché manca la corrente. Per caricare la batteria del portatile e inviare quest'articolo devo percorrere 4 chilometri al giorno nel mezzo di questa guerra crudele! È assai rischioso perché piovono bombe e gli aerei-droni mi volano sopra la testa! Terrò duro.

Su Moments in Gaza, il professor Said Abdulwahed ha ribadito: [11]

In un primo periodo sono rimasto per 15 giorni senza elettricità e con poca acqua potabile. I telefoni cellulari non funzionavano tranne che, a fatica, per l'invio di SMS. Le linee telefoniche sono rimaste attive per tutto il tempo ma a volte tramite linee ad hoc. In quei giorni ho usato un piccolo generatore per alimentare il mio computer portatile. Tre giorni fa, l’azienda di elettricità ha mantenuto alcuni trasformatori e cavi in modo da garantire il ritorno della corrente. […] Tuttavia, di tanto in tanto la corrente se ne va, talvolta l'abbiamo solo per 2-3 ore, in altri momenti continua ad esserci per 10 ore o più. […] Anche se è così instabile, la mia priorità è cogliere ogni opportunità per restare in contatto con il resto del mondo.

La guerra ha spinto una blogger a inserire nuovi post dopo lunga assenza; a conflitto appena concluso, Lina Al Sharif ha scritto [12]:

Non ho scritto niente di nuovo da quasi un anno e mezzo. Eppure non ho motivi per aver smesso. La guerra che è stata lanciata su Gaza mi ha cambiata. Ora so quanto ami Gaza, tuttavia ho affermato cose che non avrei dovuto dire. Ma posso forse essere biasimata per questo?! Dopo la fine della guerra, mi sono data nuovamente da fare; voglio dire, ho registrato video e provato a pubblicarli. Un gruppo di veri amici dal Regno Unito mi ha incoraggiato a parlare.

Da allora, Lina ha pubblicato regolarmente su Live From Gaza: 360 km2 of Chaos [13], e pubblicato i propri video sulla vita di tutti i giorni a Gaza. Di recente mi ha detto, in risposta a una domanda sulle sfide che si trova ad affrontare come blogger, “Ci sono molte storie che sento raccontare e su cui vorrei scrivere, ma non ci riesco, perché accadono lontano da dove vivo e non sono in grado di arrivarci da sola.”

Live From Gaza [12]

Ha anche spiegato: “Alla mia famiglia va bene quello che faccio, e mi darebbe ancora più libertà di andare e venire … ma la società non accetta ancora l'idea che una ragazza possa essere attiva come blogger. La parola ‘blogger’ è ancora poco familiare e di conseguenza non viena presa sul serio,” ha proseguito Lina: “Voglio che siamo ‘noi’, i palestinesi che vivono qui a Gaza, a raccontare queste vicende. Penso che dopo un’adeguata formazione dei giovani potremmo essere capaci di rappresentare Gaza. Mi piacerebbe far parte di tutto questo … e ci sto lavorando … Ci sono molte persone di talento qui a Gaza. Abbiamo solo bisogno di formazione per far sì che la nostra voce venga ascoltata.”

Recentemente un blog collettivo in inglese, chiamato Beyond our Borders [14], è stato fondato  da alcuni giovani di Gaza. Un post di Jehan Al Farra ne descrive le motivazioni [15]:

Come gruppo di giovani palestinesi, noi membri di “Beyond our Borders” ci sentiamo in dovere di rappresentare la realtà palestinese politicamente, storicamente e culturalmente descrivendone le tragedie ma anche le  luci. E vista la crescente instabilità del nostro Paese, è diventata una responsabilità precisa mettere in parole e riflettere, attraverso i più variegati canali di media e comunicando online con il mondo, la realtà delle nostre vite quotidiane così come la complessa e vera storia del conflitto, dato il fallimento dei media occidentali in questo senso. La nostra appartenenza e il nostro attaccamento alla Palestina, la passione nel tentare di preservare la nostra identità palestinese, e il nostro impegno nei confronti del mondo esterno, si pongono come motivazione di fondo nella creazione di questo blog.


Ayesha SaldanhaAyesha Saldanha fa parte del team Medio Oriente e Nord Africa di Global Voices. È traduttrice e scrittrice con sede nel Bahrain; in precedenza ha trascorso parecchio tempo in Egitto, Libano e Palestina (sia in Gaza che in Cisgiordania). Gestisce il blog bint battuta in bahrain. [16]