Tahiti, Gauguin e la nuova mostra londinese

Dopo 50 anni, Londra torna a esporre Paul Gauguin [it] in una mostra in partenza a settembre alla Tate Modern, dal titolo “Gauguin: Maker of Myth”, che presenterà anche opere inedite per la capitale britannica. Dal suo blog, ‘Philosophy of Science Portal’, Mercury [en] rilancia le riflessioni nate intorno alla figura dell'artista in vista di questo evento e si chiede, in calce alla riproduzione di alcuni fra i più sensuali dipinti del francese: “Vi pare un caso estremo di manipolazione della verità per rappresentare una situazione irreale? E a che scopo?”.

Intanto Belinda Thompson, che della mostra è co-curatrice, sostiene che non fu Tahiti a trasformare l'arte di Gauguin [en], e che il seme del suo stile pittorico germogliò assai prima, nutrendosi dell'interesse verso le culture alternative d'Europa, a partire dalla Bretagna. In Polinesia Gauguin avrebbe attinto a piene mani alle credenze locali, mentre alla fine dell'800, i riti della cultura Maori stavano già rapidamente scomparendo per effetto dell'evangelizzazione cristiana.

Sembra che la mostra voglia svelare questo volto di Gauguin, che sulle pagine di The Guardian Charlotte Higging, traendo spunto dalla colorita definizione dell'artista [“un manipolatore patentato”] suggerita dall'altra co-curatrice, Christine Ridding,  non esita a definire fin dal titolo e nell'incipit “affabulatore e spudorato manipolatore di verità, oltre che abile pubblicista di se stesso” [en].

Il tutto per dimostrare che Gauguin non era un marginale, ma un artista vero?

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