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Austria: social media, strumento principe per le proteste studentesche?

Categorie: Europa occidentale, Austria, Germania, Cyber-attivismo, Giovani, Istruzione, Protesta

Questo post risale al dicembre 2009, quando alcune università europee sono state occupate dagli studenti per protestare contro le politiche di riduzione dei finanziamenti all'istruzione e il rallentamento del cosiddetto Processo di Bologna [1], [it] la riforma del sistema di istruzione superiore istituito tra i Paesi dell'Unione Europea.

Mentre le proteste proseguono in vari istituti [2] [it], rimane significativo il fatto che queste non sono state coordinate centralmente da associazioni studentesche, ma interamente organizzate “dal basso” con l'aiuto dei social media via Internet.

Tutto è iniziato a Vienna il 22 ottobre 2009, quando un piccolo gruppo di studenti ha organizzato un flashmob [3] [it] di protesta in centro città, per poi dirigersi all'Università di Vienna dove ha spontaneamente occupato l'Aula Magna. All'arrivo della polizia, la notizia dell'occupazione era già circolata su Twitter, mobilitando così talmente tanti sostenitori che è risultato quasi impossibile sgombrare l'aula.

Il sito web Unsereuni.at [4]

Il sito web Unsereuni.at

In pochi giorni, gli occupanti, con loro stessa sorpresa, hanno messo in piedi una notevole struttura organizzativa: mobilitazioni e comunicazioni sono state organizzate attraverso gli “hashtag [5]” [it] di Twitter #unibrennt [6] e #unsereuni [7] (“università a fuoco” e “la nostra università”).

È stato creato anche un webcast [8] [de] attivo 24 ore su 24 dall'Aula Magna. I compiti logistici, dal cucinare al pulire, sono stati gestiti attraverso un wiki [9] [de], e un sito web [4] [de] permetteva di comunicare con il pubblico. Twitter, blog e Facebook [10] [de] (32.400 fan ad oggi) sono stati utilizzati per diffondere la notizia.

Tutto ciò ha avuto due effetti:

- Per la prima volta proteste di queste proporzioni non hanno avuto bisogno dei mezzi di comunicazione di massa per mobilitare sostenitori. Infatti, in meno di una settimana dall'inizio della proteste, oltre 20.000 manifestanti hanno scorazzato per le vie di Vienna, anticipando ogni notizia diffusa dai media. I contatti con gli organi di informazione sono stati ridotti al minimo indispensabile, cosa che ha creato molta confusione. Gli studenti semplicemente non ne hanno avuto bisogno e, dato che la protesta non aveva alcuna gerarchia, c'è stata una penuria di portavoce.

- Inoltre, dato che chiunque poteva seguire cosa stesse succedendo all'interno dell'Aula Magna (il canale straming ha registrato un milione di utenti in un mese), la stampa scandalistica non ha potuto etichettare i manifestanti come rivoltosi o estremisti. Troppe persone sapevano che non era così. Il potere di influenzare l'opinione pubblica sembra essere passato di mano.

Ben presto le proteste hanno contagiato altre città universitarie in Austria e all'estero. Ad oggi, a meno di un mese e mezzo dalle prime manifestazioni, quasi 100 università [11] [it] in Austria, Germania, Svizzera, Albania, Serbia, Francia, Italia, Croazia e Olanda sono state occupate o hanno visto altre forme di protesta di massa.

Su Wissen belastet [12] [de], Max Kossatz, blogger autriaco osservatore dei media, ha analizzato [13] [de] la dinamica di Twitter: lo scorso mese 66.379 tweet da 6.780 utenti diversi sono stati pubblicati sull'argomento. Sono state caricate 1.043 immagini su Twitpic e sono stati registrati 125.612 contatti – date un'occhiata a questa carrellata di immagini riprese da Twitpic su Youtube [14]. Particolarmente interessante è la seguente mappa dei tweet, che mostra come le proteste si siano diffuse nel corso del tempo (è preferibile guardarla in HD e a schermo intero per apprezzarla a pieno):

Gerald Bäck, su Bäck Blog [15] [de], che è attivo nel campo dell'osservazione dei media, ha rilevato che la portata approssimativa dei tweet, in termini di numero di follower, è stata pari a 386.860. La sua analisi [16] [de] chiarisce quali siano stati i fondamentali fattori di influenza, quali indirizzi web e gli hashtag hashtag maggiormente linkati e usati.

Nel suo blog smime [17] [en/de], Michael Schuster, specialista di analisi semantiche, ha fornito una panoramica [18] [de] della copertura dell'evento sui mezzi di comunicazione tradizionali. Ha registrato 2.700 articoli e identificato quattro correnti durate approssimativamente una settimana ciascuna: “La protesta inizia”, “la protesta continua”, “la protesta si allarga” e, di recente, “ok, adesso basta”.

Luca Hammer di 2-Blog [19] [de], studente e ideatore tecnico delle attività viennesi in Rete, ha pubblicato un rapporto dettagliato [20] [de] di come i wiki, Twitter e il canale webcast siano stati usati per far funzionare le cose.

Sembra che il caso di #unibrennt [6] possa diventare una pietra miliare per la trasformazione della politica austriaca attraverso l'uso dei social media online. I mezzi di comunicazione tradizionali e le strutture politiche hanno manifestato molta attenzione, ma anche incertezza, e il movimento è riuscito anche a creare uno spirito di responsabilizzazione degli studenti e dei leader digitali.