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Palestina: l'impatto dei social media a sostegno della causa palestinese

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Olanda, Palestina, Citizen Media, Cyber-attivismo

Arjan El Fassed è uno dei co-fondatori di Electronic Intifada [1] [en, come tutti gli altri link, eccetto ove diversamente indicato] e autore di Niet iedereen kan stenen gooien (Tirare pietre non fa per tutti [2]: un Olandese-Palestinese in cerca di radici e identità). L'anno scorso El Fassed attirò l'attenzione della stampa quando una strada di un campo-profughi palestinese prese il nome del suo acconto Twitter [3]. Sta inoltre portando avanti un'iniziativa online tramite cui chiunque può richiedere che un proprio messaggio sia fatto scrivere a colpi di spray [4] sul muro della Cisgiordania [5]. In quest'intervista con Global Voices, El Fassed parla del potenziale dei social media [6] a sostegno della causa palestinese.

Arjan El Fassed [7]

Ti sei descritto come uno stratega delle campagne umanitarie e dei social media [8]. Credi che i social media possano essere usati per trasformare la situazione palestinese?

Fin dagli anni Novanta, quando Internet iniziò a prendere piede, ho creduto che la rete come mezzo di comunicazione sarebbe stata di grande aiuto nel far sì che le voci [dei cittadini] siano ascoltate, specialmente di coloro che vivono in zone militari chiuse. Generalmente, nei dibattiti sui vari conflitti riportati dai media principali, le opinioni delle persone comuni sono a malapena considerate. Che sia in Afganistan, in Somalia o in Palestina, la maggioranza delle persone, donne e uomini comuni, non sono ascoltate. Si sentono le opinioni dei leader politici e militari, e di alcuni esperti autonominatisi tali che parlano delle persone, ma le voci dei Palestinesi comuni non sono mai ascoltate. Gente come te e me. I social media connettono con facilità persone comuni in Palestina con persone comuni in Occidente.

Un anno fa hai fatto notizia [3] quando hai chiamato una via del campo profughi di Askar, [9]nei pressi della città di Nablus [10] [it] in Cisgiordania, con il nome del tuo account su Twitter [11]. Perchè hai scelto Twitter e non semplicemente il tuo nome?

Al tempo, un gruppo di esperti di marketing era in visita ad Askar e voleva appoggiare la ristrutturazione di un centro giovanile all'interno del campo-profughi. Durante la loro visita, notarono che una delle caratteristiche uniche al campo era che le strade non avevano nomi. In Occidente, bisogna diventare famosi o essere deceduti prima che una via sia nominata con il proprio nome. Nell'era di Twitter e Facebook, la gente vuole essere riconosciuta. Nominare la via [12] come il mio account di Twitter mi ha permesso di collegare la semplice idea di un campo-profughi dove le strade non hanno nomi alle tante persone che, in Occidente, seguivano gli enormi progressi dei social media e che sperimentavano giornalmente queste innovazioni, le quali presero nota dei titoli delle riviste che dicevano ‘La prima via al mondo in onore di un Twitter account [13]‘ [it]. Se avessi nominato la via con un semplice nome e cognome, non ci avrebbero fatto caso.

È vero che in seguito a questo il tuo account è diventato uno dei più seguiti dei Paesi Bassi?

Certamente, e di conseguenza è diventato il primo Twitter account olandese fra i 1000 più seguiti al mondo, e il primo a figurare nella lista degli utenti raccomandati da Twitter, fra Barack Obama e i Coldplay.

@arjanelfassed tweetstreet nel campo-profughi di Askar [14]@arjanelfassed tweetstreet nel campo-profughi di Askar (foto riprodotta con l'autorizzazione di Arjan El Fassed [14])

Un altro dei progetti in cui sei coinvolto è Send A Message [15], nel quale chi vuole può lasciare un messaggio sul muro della Cisgiordania [16]. Com'è nato questo progetto?

Nella primavera del 2004, un mio caro amico, Justus van Oel, visitò Gaza e altre parti della Palestina. Rimase scioccato dall'esperienza, e da tutto quello che non sapeva, o che non avrebbe voluto sapere. Grazie all'appoggio di un'organizzazione olandese per la cooperazione allo sviluppo e di alcuni suoi vecchi colleghi del settore pubblicitario, organizzò tre seminari con i giovani palestinesi. Lo scopo era di creare strategie per la comunicazione efficaci e innovative, che potessero anche essere eseguite a poco prezzo. Il primo progetto, Send A Message, rendeva possibile lasciare un messaggio personale, scritto a spray [4] sul Muro. Sono stati scritti più di 1400 messaggi.

Send A Message [17]Un giovane palestinese scrive un messaggio inviato via email (foto riprodotta con l'autorizazione di Send A Message [17])

Com'è stata accolta l'iniziativa? Puoi darci qualche esempio del tipo di messaggi che sono stati richiesti?

Questo progetto è stato definito da Time Magazine come “l'opera di graffiti writing maggiormente influente”. Grazie all'eco delle testate d'informazione, il progetto e i palestinesi chiusi dietro al Muro hanno raggiunto un pubblico di oltre 550.000.000 di persone. Una storia che non ci dimenticheremo mai è questa: Caspar, dall'Olanda, sta festeggiando la luna di miele in Indonesia. È seduto di fianco alla moglie, alla quale aveva fatto la proposta di matrimonio con un messaggio sul Muro, e stanno guardando un'emittente televisiva internazionale. Ed ecco che il canale parla del progetto Send a Message e la telecamera si sofferma sul messaggio di Caspar.

Send A Message [17]Uno dei messaggi sul muro in Cisgiordania (foto riprodotta con il permesso di Send A Message [17])

Sono in programma altre iniziative?

Si, insieme al regista israeliano-olandese Benny Brunner, stiamo lavorando a un progetto crossmedia che riguarda il saccheggio sistematico di circa 60.000 libri palestinesi [18] durante la guerra del 1948 [19] [it]. Il caso dei libri rubati non è solo la base di questo progetto, un documentario su quanto accadde, ma anche una piattaforma di lancio online di uno sforzo molto più grande: vogliamo esporre la portata e la profondità della distruzione della cultura nel 1948. Vorremmo far sì che quelle collezioni private tornino, virtualmente, a esistere.

L'andamento di quest'ultimo progetto, The Great Book Robbery, può essere seguito via Twitter [20].

Per far scrivere un messaggio sul muro della Cisgiordania, c'è tempo fino al 1° ottobre; per ulteriori dettagli, si veda qui [21] [it].