Mongolia: come fermare lo sfruttamento minerario estero e l'inquinamento diffuso?

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Cavalli in Mongolia. Foto di pcbirdtw su Flickr, ripresda con licenza Creative Commons CC BY-NC-ND

Nell'immaginario collettivo la Mongolia viene spesso associata ai cavalli selvaggi che galoppano nelle grandi steppe, ai guerrieri senza rivali e alla vita nomade tra corsi d'acqua e erba alta (Nomad Green).

Post originaleNegli ultimi dieci anni invece il Paese ha subito notevoli trasformazioni e la popolazione, a poco a poco, ha abbracciato lo stile di vita urbano, abbandonando di conseguenza la tradizione nomade. La portata di questi cambiamenti ci arriva dal post di Gerelmaa, insegnante e designer, citizen journalist per il blog Nomad Green, partner  del progetto Rising Voices. Gerelmaa, ritornata per un mese nella contea di Teshing, nella provincia di Bulgan, il luogo in cui è nata, racconta:

Ogni famiglia possiede il proprio bestiame. In genere non usa denaro per gli acquisti, perciò il prezzo delle merci è in aumento. Le necessità della popolazione locale sono molto semplici. Utilizzano alcuni prodotti di base quali farina, carne e latticini, come merce di scambio in un'economia del baratto. Per esempio, una pecora viene scambiata con 75 kg di farina. […] Non ci sono altri negozi nel centro della contea, perciò la gente non ha alternative al baratto.

Ogni famiglia dispone di qualche sorta di mezzo di trasporto, come le mini-jeep russe UAZ 3469 o delle motociclette, e qualche struttura come i pannelli solari e le parabole.

Nel tempo libero guardano la televisione. Solitamente vedono i telegiornali, le previsioni del tempo e, soprattutto, le fiction coreane (il post originale continua qui).

Negli ultimi vent'anni la Mongolia ha visto  rapidi investimenti nel settore minerario. Le aziende straniere stanno addocchiando le risorse naturali e, citando Otgonsuren Jargal, curatrice di Nomad Green, “i leader economici e politici mondiali vedono la Mongolia solo come business”. E si chiede:  c'è forse qualcos'altro d'interessante in Mongolia, eccetto le miniere?

Il resto del mondo percepisce il nostro paese come “Minegolia” anzichè Mongolia [da “mine” = miniera].

Negli ultimi vent'anni il Giappone ha fornito aiuti e sostegno al nostro Paese, allo scopo di ottenere una fetta delle risorse minerarie. Perciò la posizione del suo governo è che dovrà essere il primo Paese coinvolto nella cooperazione per l'estrazione dell'uranio. D'altronde, per sdebitarsi degli aiuti degli ultimi anni è possibile che la nostra licenzia mineraria per l'uranio venga ceduta. Su questo argomento si è già tenuto un incontro tra i dirigenti governativi dei due Paesi.

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Scarico di rifiuti minerari in Mongolia. Foto di Sidetranked (Alex Yule), ripresa da Flickr con licenza Creative Commons BY-NC-SA

Nel frattempo l'eccessiva estrazione di minerali e altre pratiche stanno cusando molti problemi ambientali. Onon Ultz riporta la contaminazione del fiume Onon [it], importante risorsa di acqua dolce, la cui acqua è diventato verde chiaro:

Il risultato di una recente ricerca mostra che il fiume Ashang, che ha origine in Russia, è inquinato e che le acque di questo si stanno riversando nell'Onon. [..] Questo fiume è stato contaminato dalla disastrosa attività mineraria nella regione di Kirin, sul lago Bajkal, in territorio russo, secondo quanto confermato dai militari di presidio e dalle comunità del posto.

Ganaaer racconta del fango maleodorante che si forma nelle pozzanghere dopo la pioggia e il cui lezzo oraggiunge i residenti del distretto di Ger nell'area della capitale, Ulan Bator. Il blogger riporta le parole di un residente, secondo il quale le autorità non danno importanza al problema, suggerendo come soluzione  quella di comprare e cospargervi sabbia o terra – che comunque non possono permettersi.

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Una partecipante al workshop di Ulan Bator, mentre visita il sito di Nomad Green. Foto di Portnoy Zheng

Erdenbayar T. informa che le greggi di capre sono aumentate parecchio in Mongolia (dal 19% nel 1990 al 44% del 2010, rispetto al totale degli animali da allevamento d – 42 milioni di esemplari ad oggi). Perchè questo rappresenterebbe un dato negativo?

L'aumento delle greggi di capre sta peggiorando rapidamente la qualità del pascolo. Gli scienziati ricordano che la capra è un animale nocivo per la terra a pascolo; mantenere un così grande numero di capre sta portando a evidenti effetti negativi. Ma gli allevatori ne incrementano la riproduzione per sostenere la propria famiglia vendendo il cashmere che se ne ricava.

Anno dopo anno, la capacità della terra a pascolo diminuisce e alcune località si trovano a dover affrontare improvvisamente il problema della desertificazione.

Otgonsuren Jargal scrive delle pratiche illegali di taglio di alberi nelle foreste del Paese e delle sue conseguenze:

Vent'anni fa il 10% del territorio  mongolo era ricoperto da foreste. Oggi le foresta raggiungono appena il 5-6% del territorio per via dei tagli illegali e degli incendi.

Esistono mercati di legname in ogni distretto di Ulan Bator. Ci sono tre mercati di legname nel distretto di Baganuur. E il legno è venduto illegalmente.

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Una partecipante al workshop di Nomad Green, tenutosi in una località rurale di Baganuur. Foto di Portnoy Zheng

Ideree condivide la sua frustrazione:

Tutti parlano della desertificazione, dell'inquinamento atmosferico e acquifero. È triste però che nessuno faccia niente per contrastare questi fenomeni.

E spera tuttavia che gli attivisti ambientali potranno aprire la strada verso un futuro migliore, denunciando e informando su queste tematiche.

Per seguire gli sviluppi della situazione, i blogger di Nomad Green pubblicano regolarmente articoli su problemi e iniziative locali in corso.

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