“In principio era il Verbo”: i traduttori della Bibbia e i loro blog

Supporto informatico per traduttori della Bibbia a Nairobi

Supporto informatico per traduttori della Bibbia a Nairobi

In questi giorni i cristiani celebrano la nascita di Gesù (ad eccezione di coloro che adottano il calendario giuliano [it]). Il cristianesimo nel mondo si presenta in modi diversi con circa 2.2 miliardi di fedeli [it]. Questo post prende in considerazione i blog di coloro che vogliono garantire che le Scritture cristiane siano disponibili, per essere comprese, nel maggior numero di lingue possibili – i traduttori della Bibbia.

Secondo le cifre fornite da una delle maggiori associazioni dedite alla traduzione della Bibbia [in inglese come tutti gli altri link salvo ove indicato] sono circa 350 milioni le persone che non hanno una versione del testo sacro nella lingua natia e ad oggi sono in corso oltre 1.900 progetti di traduzione. Un “Ministero audio della Bibbia” ha registrato il Nuovo Testamento in 500 lingue – come il chamacoco [it] in Paraguay, il pangasinan [it] nelle Filippine, il bodo [it] in India e il Kupsabiny in Uganda. In Etiopia una comunità religiosa del luogo segue diversi progetti di traduzione biblica nel Paese e invia missionari in Asia e in altre parti dell’Africa.

Rispondere a un’esigenza

L’anno scorso David Roberts, che scrive nel blog Cornish Man in Africa, segnalava che un progetto da lui seguito nella fase iniziale aveva dato alle stampe la versione della Genesi in lama, idioma parlato nel Togo, nel Benin e nel Ghana. E riportava il commento entusiasta di un lettore:

“Non ho potuto assistere alla presentazione del libro della Genesi sabato scorso ma il giorno dopo l'ho trascorso leggendo la copia comprata dal mio vicino. In settimana sono andato in bici dal mio villaggio a Kanté, più o meno dodici miglia andata e ritorno, per comprarlo. Sono così colpito da questo libro. Il francese è difficile per me, nella lingua lama è tutto più chiaro. Se dovessi morire oggi, posso dire di aver letto la prima traduzione in lama del Vecchio Testamento. E di questo ringrazio Dio”.

David Ringer cita Novethan Shanui, un Pastore nel villaggio di Bambalang, in Camerun, dove si parla il chirambo:

“Le persone conoscono e identificano il cristianesimo come qualcosa che appartiene a loro quando lo vedono nella propria lingua. In passato, e credo ancora adesso, molti pensavano che il cristianesimo fosse la religione dell’uomo bianco. Ritengo che in parte dipenda dal fatto di non poterlo leggere nella lingua natia. Onestamente credo che se appartiene anche a loro perché non è nel loro idioma? Perché mai Dio non si sarebbe espresso anche nel loro linguaggio? Quindi, credo che la Bibbia scritta nel loro idioma aiuti a far sì che sentano il cristianesimo come qualcosa che appartiene alla loro realtà.

La sfida

Ma tradurre la Bibbia [it] non è impresa semplice. Di recente, David Frank ha scritto su Better Bibles Blog della sua esperienza quale supervisore di un progetto di traduzione in un Paese africano (di cui non fa il nome):

Sono appena rientrato dal Sud Africa dove ho seguito la traduzione del Vangelo di Luca [it] in una lingua che non ha mai avuto una versione della Bibbia e una cultura che ha avuto pochissimi contatti con il cristianesimo. Non dovevo tradurre in prima persona ma ero stato incaricato di valutare e rivedere la traduzione. Era una lingua piuttosto isolata, geograficamente e culturalmente. […] Com'era prevedibile, la traduzione presentava non poche sfide incontrando termini specifici di flora, fauna e geografia. Vi sono pecore e mucche ma questa popolazione non ha asini o cammelli e neppure il termine linguistico. […] Questo ci porta al versetto di Luca che recita, in questo idioma: “È più facile per un ippopotamo passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio”. É la traduzione del versetto di Luca 18:25. Interessante! Ma è legittimo tutto ciò o, per maggiore chiarezza, bisogna promuovere la teoria secondo cui si sostituisce il termine “cammello” con una parola della lingua verso la quale si traduce? Ho qualche difficoltà ad affermare che la traduzione non è corretta e legittima. In un certo senso mi piace, davvero. Ora, ovviamente, se cercate la parola corrispondente al termine greco ?κάμηλος [cammello] il vocabolo scelto nella lingua d’arrivo, “ippopotamo”, non è l’abbinamento migliore. Ma se consideriamo il testo da un punto di vista più ampio, interpretando il significato nel contesto e non limitandoci alla ricerca terminologica in sé, e inserito in questo quadro specifico, la parola “ippopotamo” è indubbiamente una buona trasposizione del termine greco κάμηλος.

Philip Hewer collabora con un gruppo di traduttori alla trasposizione della Bibbia in Kasem, una lingua del Ghana:

Nel libro di Geremia [it] il versetto 48:17 [in inglese] recita:

“Come s’é spezzato lo scettro potente, come si è spezzato il magnifico bastone!” (New International Version).
“S’è spezzato lo scettro potente, quel magnifico bastone!”(New Revised Standard Version)
[…] Certo, la traduzione di “scettro” in kasem non è diretta, ma un capo ha un bastone cerimoniale che è il simbolo del suo ruolo. Il concetto si avvicina al “magnifico bastone” della seconda riga, che esprime lo stesso significato del termine “scettro”. Inoltre, lo “scettro” e il “bastone” sono entrambi simboli di potere e di regno e alcune versioni inglesi esprimono questo significato piuttosto che il loro simbolismo:
“Il suo regno potente si è spezzato, la sua gloria e la sua potenza non sono più”. (Good News Bible.)
Per mantenere il parallelismo della poesia ebraica e anche per conferire al simbolismo il suo significato, in kasem abbiamo:

“Guardate (come) ora il bastone del comando si è spezzato! Moab non ha più potere!”

Nel video che segue vediamo i traduttori della Bibbia in babanki (lingua parlata in Camerun) che utilizzano un software chiamato Adapt It:

:

Un processo d’apprendimento

In Kouya Chronicle, Eddie Arthur (direttore del Wycliffe Bible Translators UK) considera la figura del traduttore da un’ottica di arricchimento personale:

É una verità fondamentale, rilevata da molti autori, che portare il Vangelo nelle diverse culture inevitabilmente cambia la persona che trasmette il messaggio. Questo é particolarmente vero per i traduttori. L'impegno per esprimere la verità di Dio all'interno dei limiti di un'altra lingua e di una nuova cultura inevitabilmente apre ai traduttori nuovi orizzonti e offre nuove conoscenze della natura e delle caratteristiche di Dio. […] La mia esperienza personale nel cercare di comprendere la natura della redenzione nella cultura kouya [Costa d’Avorio] ne è un esempio. I Kouya vedono la salvezza prima di tutto come una liberazione dai poteri spirituali, un passaggio della fedeltà dal regno delle tenebre al Regno di Dio. Il loro concetto di espiazione non nega la
sostituzione penale [it] ma aggiunge una profondità e un’ampiezza di pensiero che sono assenti nella maggior parte dell'esegesi occidentale.

La traduzione è distruttiva?

In un altro post, Eddie Arthur affronta la questione degli effetti del lavoro missionario cristiano sulla cultura locale in risposta a questo articolo sulla Bibbia tradotta nella lingua dogon [it] parlata nel Mali. I critici sostengono che le culture e le lingue autoctone siano modificate dall’introduzione del cristianesimo – mentre molti di coloro che traducono la Bibbia ritengono che il loro lavoro contribuisca a preservare le culture indigene attraverso l’alfabetizzazione della popolazione. Eddie chiede “Quindi, la Bibbia tradotta cambia o conserva la cultura?”.

Bisogna considerare tre aspetti quando si parla di Vangelo e di cultura. Primo, il Vangelo non appartiene a nessuna cultura. Si può essere cristiani inglesi e restare inglesi o cristiani dogon e restare dogon. […] Secondo, il Vangelo cambia le culture con le quali entra in contatto. Nessuna cultura è perfetta e il Vangelo si confronta con quegli aspetti culturali che non si uniformano alla volontà divina, che sia il materialismo sfrenato delle società occidentali o i sacrifici di sangue dogon. […] Terzo, la cultura non è statica, comunque. Tutte le culture vivono un cambiamento costante. É sbagliato pensare che alcune culture siano incontaminate e inalterate e che i cristiani siano infastiditi dall'accusa di averle modificate. Ma anche le culture più isolate si evolvono nel tempo e se esposte ad altre culture molto diverse cambiano più velocemente.
Ciò detto, è vero che la traduzione della Bibbia e il lavoro di alfabetizzazione sono uno strumento straordinario per contribuire a preservarne determinati aspetti.

Più che tradurre

Alcuni traduttori della Bibbia cercano di promuovere uno sviluppo culturale. David Ker scrive:

Cos’è lo “sviluppo della letteratura vernacolare?” Significa favorire la crescita di una “letteratura” in “vernacolare”, cioè nelle lingue locali. Ciò è in contrasto con la traduzione di materiale proveniente da altre culture, incluso la Bibbia. Tradurre la Bibbia è una cosa positiva. Non c’è dubbio. Ma sono più interessato agli scrittori, agli editori e ai pedagoghi che consentono al vernacolare-popolare di sopravvivere.

Chi è il destinatario della traduzione?

Una domanda che tutti i traduttori devono porsi è chi sia l’audience. Chi traduce la Bibbia rivolge il proprio lavoro alla comunità religiosa esistente o alle persone che non hanno familiarità con le Scritture cristiane? La United Bible Societies (Unione delle Società Bibliche) è orientata alla traduzione destinata a gruppi ecclesiastici mentre la Wycliffe Bible Translators ha un taglio più missionario. Eddie Arthur valuta la questione:

La fede cristiana non conosce il senso di una uniformità monolitica – è iniziata con un’esplosione gioiosa di molteplicità e differenze e continua a diversificarsi diffondendosi nel pianeta. Il risultato di questa esplosione di pluralità è che le persone (nella Chiesa o le popolazioni non ancora raggiunte da questa religione) sono in grado di capire pienamente il Vangelo perché è spiegato nella loro lingua. […] Laddove le risorse sono limitate, le organizzazioni di traduzione devono scegliere quale comunità sono in grado di servire meglio. Tuttavia, che si lavori con Chiese costituite o con popoli non ancora raggiunti, la traduzione della Bibbia vuole unirci a Dio nella sua grande missione di chiamare un popolo multilingue e multiculturale a servirlo e adorarlo in questo mondo e nel prossimo. Traduciamo la Bibbia perché è quel Dio che noi serviamo.

Foto di David Ringer, pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.5 Generic licence.

5 commenti

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  • Piero

    Gentilissimi
    Sono un appassionato di Bibbie e dintorni.
    Ho notato che in alcuni fascicoli acquistati da Paoline
    viene fatto uso del nome di Dio come tetragramma,
    a volte viene anche vocalizzato. Alcuni sacerdoti cattolici però,
    dicono che è bene non usarlo per rispetto verso la religione
    ebraica. Qual è il vostro pensiero ?
    Piero (Venezia)

    • Materia splendida ma complessa, potremmo parlarne per ore Piero. Partendo dal presupposto che nell’ebraismo quando si chiama qualcuno con il suo nome implica la conoscenza profonda, e implicitamente il rispetto, del suo essere interiore, della sua anima, allo stesso modo pronunciare il nome di Dio significa conoscere la sua essenza. Personalmente concordo con chi invita a non usarlo per il carico di significati che porta con sé. Ma c’è anche un desiderio di conservare quello che è la radice dell’ebraismo, che è importane anche se da noi è meno sentito, oggi.

  • […] ne sono 350 milioni che hanno bisogno di una traduzione delle Scritture nella loro lingua – e la rete è dove i traduttori si possono confrontare, sui problemi di traduzione ma anche sui quesiti filosofici che le nuove traduzioni […]

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