Azerbaijan: usi, costumi e differenze di vita raccontati da visitatori attenti

foto Azerbaijan

Foto tratta da http://shekiazerbaijan.blogspot.com/

Per quanti vivono in un determinato Paese, talvolta parecchie cose possono apparire scontate. Ma quando sono gli altri da fuori a scoprirle per la prima volta, spesso sperimentando nuovi colori e tradizioni, allora il risultato molte volte finisce per offrire prospettive inattese. Per esempio, un lungo post su Meaning Full racconta in modo approfondito un'esperienza personale dell'Azerbaijan, l’ex repubblica sovietica ricca di petrolio, toccandone diversi aspetti della vita, dalla cultura all’identità, alle riflessioni sull'Islam e sulle differenze sessuali. La blogger portoghese dice di essersi sentita a volte come in una favola [en, come gli altri link eccetto ove diversamente indicato].

Semplicemente non potevo immaginare che in qualche modo mi sarei sentita come ‘Alice nel Paese delle Meraviglie’ in un questo viaggio attraverso un Paese del tutto nuovo per me. Infatti, molte cose semplicemente non funzionano secondo la stessa logica a cui ho sempre fatto riferimento, ma, nonostante ciò, rimane un Paese incredibile, abitato da un popolo gentile, caldo e accogliente.

[…]

La cosa immediatamente evidente, almeno nei villaggi interni dell’Azeribaijan, […] è l’abbondanza, la prevalenza e la concentrazione di uomini. Uomini, uomini, uomini ovunque. Poche le donne in strada, poche donne che fanno qualcosa, almeno all'esterno, assai poche quelle che lavorano negli hotel.[…]

[…]

L’Azerbaijan sembra voler essere un Paese moderno a tutti i costi. L’ho percepito diverse volte, sotto molteplici aspetti. Sembra che il governo e le strutture officiali vogliano stare al passo e “saltare sul treno” del mondo esterno. Di solito si pensa che l’Azerbaijan sia una nazione “islamica moderata”. Una delle prime cose che ho chiesto a Rachad, la nostra guida Azeri, è stata su cosa avessi dovuto indossare. Pantaloncini corti? Posso mettere magliette senza maniche? L’Azerbaijan è un Paese moderno! – mi ha risposto.

Nonostante ciò, la blogger ammette anche di aver avuto qualche remora sulla sicurezza, prima dell’arrivo, anche se queste sono poi scomparse una volta arrivata. Pur avendo rilevato i problemi classici di un Paese moderatamente islamico, è rimasta affascinata dalla vibrante energia della capitale Baku e dei suoi residenti.

Una volta nella capitale, Baku, non avevo la pallida idea di come sarebbe stata. Ero preoccupata, non sapendo se fosse sicuro camminare da sola in città. Preoccupazioni subito svanite quando la mia collega Farida mi propose una visita guidata. Ebbi l’opportunità di vedere con piacere le zone pedonali della città. Così tante donne e bambini, famiglie a passeggio, rilassate e semplicemente in giro a godersi la città. Così tanti giochi d’acqua e parchi per rinfrescarsi, e di notte così tante persone a passeggio sulla riva del calmo Mar Caspio. […] Ho sentito il battito di una città che si muoveva e respirava a ritmo collettivo, mentre la gente si godeva davvero la città.

Tuttavia molti stranieri nel Paese spesso sollevano con forza la questione dei ruoli femminili e maschili. Riportando un’esperienza avuta con la matriarca della famiglia in cui viveva, e che chiamava affettuosamente “mamma”, Making Wool from Eggs, il blog di un volontaria dei Peace Corps in Azerbaijan, nota ciò che la società esige dalle donne:

[…]La settimana prima del giorno del Ringraziamento decisi di fare una torta per la mia famiglia.

[…] Arrivate a casa mia, cominciai a fare l’impasto, mentre Alise sbucciava le mele. Mia madre ci guardò intensamente rimanendo particolarmente colpita dalla mia abilità nel fare e stendere l’impasto. Ne rimase così affascinata da dire: “Ci sai fare, eh!”. Aggiungendo che “ero pronta per il matrimonio”. Qui quando una donna sa cucinare vuole dire che è pronta per il matrimonio e può cucinare per il marito. Però la mia amica Alise non è ancora pronta per il matrimonio. A mia madre non piace il modo in cui sbuccia le mele […]

Ciò nonostante, gli stranieri restano colpiti anche dalla sua vita semplice. Dream it, Plan it and Do it! , un altro blogger dei Peace Corps, condivide le sue considerazioni sulle differenze tra i modi di vita dell’Azerbaijan e degli USA.

Ogni giorno ho il tempo di leggere, scrivere, lavorare, cucinarmi la colazione, il pranzo e la cena. Ho il tempo di fare quotidianamente un po’ di attività fisica, di fare shopping nel bazar e persino di mettere al forno una torta. Il mio orario di lavoro in banca va dalle 9:30 della mattina alle 4.00 del pomeriggio. Non ci sono scadenze, nessuna pressione, nessun capo che mi rende la vita miserabile e assolutamente nessun lavoro durante i fine-settimana. Quanto a vita materiale e stile di vita lussuoso, lo ammetto, non posseggo nulla. […] Ma è questa vita semplice che mi mantiene in forma e soddisfatto. Mi guardo allo specchio la mattina, la forte umidità di questo Paese mi fa scomparire le rughe, l'esercizio fisico quotidiano mi rende forte, equilibrato, senza grasso, e una dieta senza colesterolo è perfetta. E meglio non dimenticare che un ambiente senza stress mi aiuta a mantenere un modo di fare positivo. Mi sento sempre più giovane e felice ogni giorno che passa.

Forse sto proprio vivendo in un sogno.[…]

Foto mercato

Volontario dei Peace Corps in un mercato locale.

Sulla stessa lunghezza d’onda, sul blog From the Land of Fire, una ex volontaria del Peace Corps richiama alla mente i bei ricordi degli oltre tre anni trascorsi nel Paese, spiegando che dopo il tempo trascorso lì ha dovuto letteralemente riprogrammare le priorità della vita.

[…] Mi ritrovo ad avere nostalgia di molte piccole cose dell’Azerbaijan, tanto da sentirmi frustrata nel riadattarmi alla vita negli USA. Spesso mi sento fuori luogo qui, dopo aver passato così tanto tempo all’estero.

Mi mancano i prodotti freschi a poco costo che avevo ogni giorno. Mi mancano i mezzi pubblici, arrugginiti, vecchi, e veloci fino all’assurdo che mi portavano ovunque volessi andare in città per soli 20 qepik […]. Mi manca avere un lavoro, un posto dove andare per sentire che valgo qualcosa, che il mio lavoro è importante e ha significato. Mi manca il mio superiore e i miei colleghi di lavoro, mi manca avere un posto dove andare ogni giorno

[…]. Mi manca il fatto di sentirmi parte di una comunità.

[…]

A volte qui in America tendiamo a pensare che la vita è migliore rispetto a quella di altri posti. […] In tutta franchezza, la vita in Azerbaijan era assai semplice, e mi ha insegnato a godermi la vita. Provo nostalgia per l’Azerbaijan.

È vero, in un Paese come l’Azerbaijan uno straniero ha la fortuna di condurre una vita privilegiata, migliore di quella della maggior parte dei locali, che anzi hanno grosse difficoltà ad andare avanti per diversi motivi, ma gli stranieri offrono comunque un’immagine colorata della vita, talvolta data per scontata e dimenticata da molti soprattutto durante un periodo di transizione spesso alquanto doloroso.

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