Storie personali di sopravvivenza hanno iniziato a essere raccontate dai blogger dopo il terremoto che ha scosso il Giappone venerdì scorso.
Ne è un esempio quella di Chikirin, che ha condiviso l’ esperienza del terremoto (il 13 marzo) nel post “Catastrofi e Miracoli” (大惨事とミラクル [jp, come gli altri link eccetto ove diversamente indicato])
Chikirin è una blogger a tempo pieno che scrive e pubblica sagaci osservazioni su questioni sociali nella sua popolare pagina Il diario di Chikirin (Chikirinの日記)
Il post è stato tradotto nella sua interezza con il permesso dell'autrice.
Il giorno del terremoto, il personale dell'hotel dove avevo trovato rifugio ha messo una televisione nell'atrio per permetterci di guardarlo. Le persone che avevano dormito per terra si sono raccolte tutte intorno all'apparecchio, e io li ho seguiti, strisciando fuori dalla coperta nella quale mi ero infagottata. Dopo sette ore dalla scossa di terremoto delle 14:46, quella era la prima volta che venivo in contatto con notizie reali riguardanti il sisma.
Immagini incredibili sono apparse sullo schermo. Città spazzate via dallo tsunami, letteralmente, in un istante. Le persone guardavano la televisione senza dire una parola. Ognuno chiuso nel suo silenzio a fissare lo schermo. Chi non ce la faceva più spostava lo sguardo altrove.
Nel vedere, in televisione, intere città spazzate via dallo tsunami mi è tornato in mente il terremoto di Kobe [nel 1995]. Anche a quel tempo avevo guardato la televisione. Quando quel mattino il terremoto colpì Kobe, io ero a Tokyo. Nonostante fossi al lavoro provai a contattare la mia famiglia nel Kansai, dove si erano verificate le scosse di terremoto, ma non riuscii a trovare nessuno.
Spaventata dal fatto che sarei rimasta sola al mondo, continuai a guardare le riprese televisive degli incendi tutta la notte. “Perché non ci sono i camion dei pompieri se ci sono i furgoni della televisione?” invocava una signora che non poteva far altro che assistere allo spettacolo di una città che diveniva cenere, senza che fosse fatto alcunché per spegnere le fiamme. Fu doloroso da vedere.
E’ stato lo stesso anche questa volta con lo tsunami: non era il terremoto, ma le fiamme e lo tsunami, ogni cosa che viene *dopo* l'attuale terremoto distrugge le città. Le telecamere catturano le immagini così come si verificano ma nessuno può farci niente. E’ questione di attimi, le vite di innumerevoli persone sono perse mentre tutto viene documentato nei video.
Guarda Japan: On Catastrophies and Miracles, a Personal Account sulla mappa più grande
Ero nella prefettura di Ibaraki quando il terremoto ha colpito. La scossa sismica è stata più forte che a Tokyo. Fortunatamente non sono rimasta ferita. Ho capito immediatamente che non era un terremoto ordinario perché la terra aveva tremato a lungo e le luci si erano spente immediatamente. L'incontro a cui dovevo partecipare è stato immediatamente annullato e sono corsa giù per le scale dal settimo piano per cercare rifugio fuori dal palazzo.
Ero l'unica che doveva venire all'incontro da Tokyo, quindi la sola che avesse bisogno di prendere un treno per tornarvi. Sono salita su un pullman locale e mi sono precipitata alla stazione piu vicina.
Adesso che ci penso, in quel momento, alcune città lungo la costa erano già state inghiottite dallo tsunami. Non era passata nemmeno un'ora dalla prima scossa che le persone dovevano già lottare per prendere delle decisioni con cognizione di causa. Anch'io sapevo che l'epicentro era a Touhoku e che era stato un terremoto grave. Il mio cellulare era morto.
Tutte le modalità di transito di massa presso la stazione erano state interrotte e molte persone stavano formando delle code (senza senso, a ripensarci). Funzionavano solo i pullman ma non mi sono stati d'aiuto perché non conoscevo la zona molto bene. Cercavo informazioni che mi permettessero di tornare a Tokyo.
A un distributore automatico che ancora funzionava ho comprato un succo di frutta e un té. Avrei anche mangiato del cibo ma tutti i negozi avevano le porte chiuse. Ho capito che i registratori di cassa non avrebbero funzionato a causa della mancanza di elettricità, e inoltre era pericoloso avere dei clienti nel negozio durante il terremoto. Tuttavia, ho pensato che almeno i negozi di alimentari avrebbero dovuto tenere aperto e accettare i clienti.
C'era anche una lunga fila per la toilette, non c'era acqua, eppure le persone utilizzavano i servizi così com'erano. Era diventata una specie di abitudine uscire dal bagno avvertendo la persona successiva di non gettare la carta usata nel water.
Sono rimasto alla stazione dei treni per circa quattro ore, fino al tramonto. Era chiaro che non c'era nulla da fare. La difficoltà più grande per me era di non conoscere nulla di quell'area. Non sapevo che tipo di hotel ci fossero, che genere di servizi avesse la città, quali altri mezzi di trasporto avrei potuto prendere per tornare a casa o quanto lontano avrei potuto andare a piedi. Senza sapere queste cose era difficile prendere delle decisioni appropriate. Ho appreso la lezione numero tre: acquisire informazioni geografiche di base prima di avventurarsi lontano da casa.
Quando ha iniziato a fare buio, le persone alla stazione ci hanno detto che avremmo dovuto cercare un posto dove trascorrere la notte e che era stato il governo a consigliare loro di dircelo. La folla ha iniziato a disperdersi. Quelli che lavoravano nelle vicinanze sono tornati ai loro uffici.
Gli unici rimasti erano le persone che non sapevano bene dove andare e non avevano posti dove recarsi. Dovevo trovare un posto in cui stare, iniziava a fare freddo e tirava vento. Ho chiesto al personale della stazione dove trovare un hotel e mi hanno indicato una direzione. Nel primo hotel che ho trovato mi hanno offerto gentilmente la possibilità di dormire nell'atrio perchè le stanze erano tutte occupate. Indossavo una gonna corta, così si sono offerti di fornirmi una coperta una volta che tutti i bambini ne avessero avuta una.
Molti uomini che avevano cercato rifugio nell'atrio, hanno trascorso la notte sulle sedie senza neppure una coperta. La coperta di emergenza era fittamente intrecciata di lana di agnello e ci manteneva davvero molto caldi. L'intera città era al buio ma l'hotel aveva ancora elettricità e quindi qualcuno vi si recava per ricaricare le batterie dei telefoni cellulari. (Qualcuno sembrava non aver più elettricità, acqua o gas in casa.)
Quel giorno indossavo una gonna per la prima volta in sei mesi. Era proprio tipico che ci dovesse essere un terremoto mentre indossavo una gonna. Una volta, mentre indossavo un vestito Uniqlo [marchio casual giapponese] in tinta unita e sneaker, mi ero imbattuta nel mio ex fidanzato! In ogni caso la coperta era veramente grande e ho considerato l'idea di spogliarmi della gonna per avvolgermi solamente nella coperta. Però le scosse di assestamento continuavano e ho pensato che con ogni probabilità non avrei avuto tempo di rimettermela se avessi dovuto fuggire, perciò ho abbandonato l'idea.
Molti sono rimasti svegli tutto il tempo ma io ho cercato di dormire. Mi sentivo calma perché ero dovuta stare esposta al vento per quattro ore e avevo dovuto raccogliere tutte le mie energie per sostenere la situazione. Mi sono infagottata con i miei valori nella coperta e ho dormito più che potevo.
A notte inoltrata, il personale dell'hotel ci ha fornito delle palline di riso in salamoia e mezza tazza di zuppa di miso a testa. Molti hanno aspettato quietamente nell'atrio di ricevere il tutto. Ero così grata allo staff dell'hotel, che ci aveva sostenuto per tutta la notte, e per l’ atteggiamento incredibilmente ben organizzato degli sfollati!
L'hotel ci ha permesso di usare i carica-batteria per ricaricare i nostri telefoni cellulari ma non ce n'erano abbastanza, tante erano le persone che volevano usufruirne. In ogni caso, i cellulari ancora non si potevano usare. C'era un telefono pubblico nell'atrio e cosi mi sono unita alla coda e ho chiamato casa. Erano le tre del mattino quando finalmente ho potuto comunicare alla mia famiglia che stavo bene; la moneta da 100 yen mi è stata restituita: la compagnia telefonica NNT aveva reso gratuite le linee telefoniche pubbliche.
Al mattino ho ricevuto una pallina di riso da parte dell'hotel. Dal momento del terremoto alle 20.00 di sabato quando sono tornata a Ueno [Tokyo], la sola cosa che avevo mangiato erano state le due palline di riso dell'hotel, e di questo ne ero immensamente grata. Tutto era chiuso, compresi gli alimentari e i ristoranti intorno alla stazione. Non c'erano altre possibilità di nutrirmi se non quella.
Ci sono state scosse di assestamento durante tutta la notte ma stranamente non avevo paura. Quello che mi spaventava era la devastazione in Touhoku che si vedeva in televisione. Smisi di guardare per un pò. C'erano cose che era meglio non vedessi.
Il mattino successivo, alla stazione, mi hanno informato che difficilmente avrebbero potuto arrivare dei treni. Sono stata quindi felice di sapere che un pullman avrebbe potuto portarmi alla stazione più vicina e prendere un treno. Mi sono messa in coda, una lunga coda. Ho passato una mascherina extra a una persona che soffriva di febbre da fieno. Ho iniziato a odiare le mie ballerine. Volevo comprarmi delle sneaker ma il negozio non era aperto.
Quello che ritenevo incredibile era che nessun negozio, neppure i rivenditori di alimentari, era stato attaccato. Quando ero in California, durante gli incendi, ero rimasta sorpresa dagli attacchi improvvisi che venivano perpetrati ai danni dei negozi nei centri delle città. A New Orleans, dove aveva infuriato un grande uragano, subito dopo il disastro la Guardia Nazionale era scesa per le strade con i fucili.
In questa nazione, il fatto che cose come queste non accadano è davvero un miracolo. Nessuno era andato a chiedere all'hotel una pallina di riso in più, persino quando ne erano rimaste alcune. (Il personale dell'hotel ha preso le rimanenti e cercato chiunque negli altri piani che non ne avesse mangiato ancora). In quelle 24 ore non so quante volte ho pensato “questo è un Paese irreale”.
Chikirin continua a descrivere il suo lungo viaggio fino alla stazione di Ueno a Tokyo, dove un'altra massa di persone stava pazientemente, e con cortesia, attendendo i trasporti. La traduzione in inglese di questa parte della sua storia può essere letta qui.
Io non scrivo per pubblicizzare la terribile esperienza subita. Ciò che ho sperimentato non sono i danni di un terremoto. E’ stato un inconveniente minore che non può nemmeno meritare di essere classificato come “confusione”; piuttosto, quello di cui ho inteso scrivere, mentre ancora li ricordo con chiarezza, sono gli avvenimenti così come sono accaduti.
Quello che voglio comunicare è il prodigioso atteggiamento degli abitanti di questo Paese. In 24 ore, non ho mai incontrato una singola persona che fosse “arrabbiata”, “urlante” o “lamentosa”. Ho solo visto un uomo di mezza età, ubriaco, in preda ad un attacco nella stazione di Ueno. Questo Paese è davvero miracoloso.
Guardavo la televisione nel mio appartamento mentre sistemavo le cose cadute sul pavimento. Aziende e privati, tutti stanno facendo così tanto. In particolare, vorrei esprimere la mia più profonda gratitudine e rispetto per coloro che stanno lavorando nei siti delle centrali nucleari mentre proseguono le scosse di assestamento.
Ci sono molte cose che voglio impegnarmi a scrivere ma è tutto, per il momento.
Sono a corto di parole per coloro che hanno sofferto le dirette conseguenze del sisma o perso i propri famigliari.
Preghiamo che si avverino molti miracoli.
Questo post fa parte dello speciale di Global Voices sul Terremoto in Giappone 2011.