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Uzbekistan: Rivolte, avanti il prossimo?

Categorie: Asia centrale & Caucaso, Uzbekistan, Citizen Media, Governance, Protesta, Tecnologia

Mentre le sommosse nei Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa si stanno trasformando in vere rivoluzioni, in molti stanno ragionando su chi sarà il prossimo. Quale sarà il prossimo Paese, o anche regione, eventualmente, a essere investito dall'ondata di ribellione?

Recentemente Allen Mattich, Wall Street Journal, ha pubblicato [1] [en] un indice dei probabili Paesi propensi a future insurrezioni. La graduatoria è stata stilata applicando tre criteri in modo paritetico: la disparità sociale, la propensione alla rivolta e il quoziente rappresentato dal cibo nella spesa complessiva di una famiglia.

Secondo Mattich, nella classifica l'Uzbekistan si colloca tra i primi 20, nella stessa fascia di Libia, Egitto, Algeria e Tunisia. L'Uzbekistan risulta infatti il quindicesimo della lista (76.4), mentre la Libia (76.9) è al tredicesimo posto. Numerose le reazioni provocate dalla classifica e manifestate in vari articoli sui media locali online e nella blogosfera.

In un post su Uznews.net [in Uzbekistan il sito è attualmente bloccato, i locali vi accedono in modo indiretto], Sobit commenta [2] [ru, come tutti gli altri link, salvo dove diversamente indicato]:

In Uzbekistan c'è la possibilità di un colpo di Stato, non di una rivoluzione. Islam Karimov [3] [it], presidente dell'Uzbekistan comincia ad avere i suoi anni. A condurre il colpo di Stato potrebbero essere i servizi di sicurezza, l'esercito o Mirziyaev [4] [en], il primo ministro. Ma, in ogni caso, nel Paese rimarrà la dittatura.

Altri commenti [2]:

Stig:

Non ho idea di chi salirà al potere in Uzbekistan, ma sono assolutamente certo che LA SITUAZIONE CAMBIERÁ NEL GIRO DI UNA GIORNATA.

Rustam

Bisogna essere realisti: in Uzbekistan non ci sarà un colpo di Stato, né tantomeno una rivoluzione. Il governo non è stabile neppure nei Paesi dove le insurrezioni ci sono già state.

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Alla base della stabilità delle società asiatiche vi sono l'attrazione a sé degli oppositori potenti e la distruzione di quelli deboli: in questo tipo di sistema le rivoluzioni sono del tutto inutili. In altre parole, perché spendere energia in una rivoluzione, quando è possibile lavorare in tandem? In fondo, è sempre più semplice comprare qualcosa, piuttosto che darsi battaglia per ottenerla.

Comunque, gli ultimi passi del governo uzbeko sono stati finalizzati a potenziare il controllo dei cittadini. Hanno mostrato che le autorità avvertono il pericolo di possibili agitazioni in Uzbekistan. Uznews.net riferisce [5] che, alla prima richiesta delle autorità, l'agenzia uzbeka per la comunicazione e l'informazione (UzACI) ha subito obbligato gli operatori telefonici dei cellulari e i fornitori della rete internet a disconnettere i loro utenti. Inoltre, d'ora in poi, operatori telefonici e ISP [6] dovranno rendere conto di ogni distribuzione di massa di SMS dai “contenuti sospetti” e disconnettere gli utenti dal web ogni qual volta le autorità lo richiedano. Nel frattempo, UzACI si rifiuta di confermare o meno la notizia. Intano in Uzbekistan i maggiori fornitori di collegamento a internet – Sharq Telecom, Sarkor Telecom e TPS – dicono di non aver ricevuto nessuna istruzione del genere.

Secondo il blogger Grazy-gunner, questi provvedimenti sono uno strumento che il governo utilizza per salvaguardarsi da possibili rivolte, ma dubita che in Uzbekistan ci sarà una rivoluzione. Scrive [7]:

Per molti anni i popoli dell'Asia Centrale hanno fatto parte dell'Unione Sovietica e la Sharia [8] se la sono dimenticata [it]. Il fondamentalismo islamico – la maggiore arma di rivoluzione nei Paesi asiatici – non c'è. Pertanto, indipendentemente dalle somiglianze  che si vogliono vedere in Occidente, qui non ci aspettiamo nessuna rivoluzione.

A proposito della notizia circolata sulla disconnessione da internet e dalle reti mobili attuata da UzACI, il blogger Abdilfazal, cita il vicedirettore del CIS Institute Vladimir Zharikhin e scrive [9] [en]:

[…] Non è il caso di ingigantire il ruolo dei mass media. Se è destino, la rivoluzione ci sarà in ogni caso.

Sebbene non vi sia fondamentalismo islamico e il ruolo dei mass media non sia preponderante, le somiglianze tra gli sviluppi politici in Uzbekistan e nei Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa sono molte. Regimi dittatoriali, economie corrotte, favoritismi e assenza di libertà di espressione sono solo alcuni dei vari esempi.

I cittadini uzbeki hanno paura che, se osassero chiedere più libertà, verrebbero uccisi. Come mostrano [2] i risultati di un'indagine online, quasi l'85% della popolazione è sicura che il presidente ordinerà di sparare al popolo nel caso in cui questo dovesse scendere in piazza. Questa convinzione può essere spiegata con il massacro di Andijan [10] [en] del 2005, quando il presidente Karimov ordinò di sparare ai manifestanti, compresi donne e bambini, nel corso di una manifestazione pacifica.

Il blogger “asostiene [11] che anche se in Uzbekistan ci sarà una rivoluzione, la vita della gente non cambierà molto:

Al giorno d'oggi, ognno di noi dovrebbe innescare la sua piccola rivolta,  sul fronte educativo, per lo sviluppo professionale e quello personale. Solo così si potrà incidere sui processi a lungo termine. Le agitazioni sociali che coinvolgono la masse non istruite non risolveranno il problema. Non c'è stampella che tenga, se una persona non ha volontà di alzarsi e camminare.