Con grande disappunto dei cyber attivisti tunisini, la censura online è tornata alla ribalta.
Ai tempi del destituito Zine El Abidine Ben Ali [en], il governo aveva attuato una dura politica censoria, bloccando tutte le pagine e i siti che criticavano il regime – compresi quelli di Al Jazeera, Amnesty International, WikiLeaks, YouTube, Nawaat e DailyMotion, oltre a decine di pagine Facebook.
Il 13 gennaio scorso, in un intervento pubblico, Ben Ali aveva promesso di mettere fine alla censura online nel tentativo di placare la rabbia popolare, in particolare quella dei giovani. L'impegno fu mantenuto, ma era ormai troppo tardi per Ben Ali. Comunque sia, a partire da metà gennaio i netizen tunisini hanno iniziato a godere di una libertà di accesso alla Rete senza precedenti.
Tuttavia nei giorni scorsi l'Agenzia Tunisina per Internet ha censurato quattro pagine Facebook [fr, come tutti i link tranne ove diversamente indicato] in seguito a un ordine militare. Sul suo sito ufficiale, il Ministro della Difesa Nazionale spiega [ar] il motivo di tale decisione:
وأمام هذه السلوكيات المنحرفة والمخلة بآداب التعامل مع شبكة الأنترنات، بادرت وزارة الدفاع الوطني بعد أن تحصلت على تسخير صادر عن حاكم التحقيق بالمحكمة العسكرية الدائمة بتونس بإخطار الوكالة التونسية للأنترنات لحجب الصفحات التالية:
- “Jalel Brick”
– “Youssef patriote”
– “Takriz
Di fronte a questo comportamento deviante e contrario all'etica di Internet, e dopo aver ricevuto una richiesta del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale Militare Permanente di Tunisi, il Ministero della Difesa Nazionale ha proceduto a notificare all'Agenzia Tunisina per Internet la rimozione delle seguenti pagine:
- “Jalel Brick”
– “Youssef patriote”
– “Takriz
Il fatto ha indignato i blogger tunisini, che considerano la decisione del Tribunale Militare un passo indietro.
Tounsi7orr (@tounsi7orr) scrive su Twitter:
priver un peuple déjà censuré non pas 23 ans seulement mais tout un demi siècle de parler et de critiquer est de la pure anarchie #tunisie
E aggiunge:
quelle démocratie veut on la construire si on ne respecte pas l'autre…et on censure ceux qui brise le mur de silence #tunisie
“Ammar 404″ è il soprannome che i blogger tunisini hanno affibbiato alla censura. “404” deriva da “404 Page not Found”, mentre “Ammar” è un noto nome maschile.
La caricatura qui a fianco raffigura Ammar 404 in abiti militari, mentre tiene in mano le forbici con cui tagliare l'accesso ad alcune pagine web. La didascalia recita: “Ammar è stato reclutato dall'esercito”.
Zied Mhirsi spiega in un post:
Avec la révolution du 14 Janvier et la presence de Slim Amamou au sein du gouvernement, on aurait pu penser que la page de la censure a été définitivement tournée[…] Deux semaine avant la celebration de la 1ere année de la journée “Nhar ala Ammar” (contre la censure qd Slim 404 a été arrêté), voila que Ammar refait surface et cette fois ci habillé en militaire et ce placant derriere une décision de la court militaire.[…]
Les blogueurs ne peuvent rester silencieux devant cette “CENSURE” (et pas filtrage). Affaire à suivre…
Con la rivoluizione del 14 gennaio e la presenza di Slim Amamou nella squadra di governo [come sottosegretario per la Gioventù e lo Sport], credevamo che il capitolo della censura fosse definitivamente chiuso […] Invece, due setttimane prima della celebrazione del primo anniversario della giornata “Nhar ala Ammar” (contro la censura, per ricordare l'arresto di Amamou nel 2010), ecco che torna Ammar, stavolta vestito alla militare e in risposta a una decisione del Tribunale militare. […]
I blogger non possono restare in silenzio di fronte a questa “CENSURA” (e non filtro). La storia continua..
“Takriz” e “Jalel Brik”, due delle pagine oscurate, hanno più volte incoraggiato la violenza contro le forze di sicurezza.
La pagina Facebook “Tunisie: Contre les rumeurs post-révolution” pubblica una nota in cui appoggia la decisione del Tribunale Militare:
Questionné sur la cause de cette agitation, l'on m'a expliqué que le tribunal militaire n'a pas le droit de s'immiscer dans telles affaires. J'ai répondu que ces deux pages ont appelé ouvertement, de manière flagrante, explicite et très claire à la violence. Pire encore, le dénommé Jalel Brik a incité carrément à brûler les postes de police, y compris les policiers
Aymen Ouerghi rilancia su Twitter:
Non à la censure, mais condamner diffamations, haine et violence n'est pas censure, ni atteinte à la liberté d'expression non plus #tunisie