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Africa: La Cina è tallonata dall'India

Categorie: Africa sub-sahariana, Asia meridionale, Botswana, Burundi, Ghana, India, Kenya, Malawi, Senegal, Arte & Cultura, Citizen Media, Istruzione, Politica, Relazioni internazionali, Scienza, Sviluppo, Tecnologia

In maggio, presso la sede dell’Unione Africana a Addis-Abeba (Etiopia), si è tenuto il secondo incontro India-Africa. L’obiettivo del summit era l’adozione [1] [fr, come gli altri link, eccetto ove diversamente specificato] di due documenti: la Dichiarazione di Addis-Abeba e il Piano di cooperazione tra India e Africa (reperibile sul sito ufficiale dell’Unione Africana [2]).

Immancabilmente il meeting ha suscitato numerose reazioni nella blogosfera dell’Africa francofona e si segnalano soprattutto i commenti relativi alla corsa in atto fra Cina e India per esercitare la propria influenza nel continente africano. Tale competizione ha ispirato fra l'altro un breve video satirico [3] pubblicato da TheLeadersOfTheWorld su Youtube.

Manmohan singh. Questa foto è stata caricata sulla licenza Creative Commons. Attribuzione 2.5 Brasile (CC  BY 2.5). Questa fotografia è stata prodotta dall'Agência Brasil. [4]

Manmohan singh. Questa foto è stata caricata sulla licenza Creative Commons. Attribuzione 2.5 Brasile (CC BY 2.5). Questa fotografia è stata prodotta da Agência Brasil.

Il journaldutchad.com [5] ha pubblicato le cifre significative emerse dall'Incontro:

Quindi l’India romperà il salvadanaio e ormai sta battendo tutti i record, con l'annuncio di un prestito pari a 2400 miliardi di CFA (franchi centrafricani, equivalenti a 5 miliardi di dollari) per i prossimi tre anni, a favore del continente africano. Inoltre, il Primo Ministro indiano Manmohan Singh, che condivide la stessa visione del continente, ha intenzione di concedere una sovvenzione di 336 franchi CFA (700 milioni di dollari) sotto forma di “donazione” a favore dell’Africa.

Patrice Garner [6], su afrique7.com, offre ulteriori dettagli [7] sui nuovi progetti:

I fatti valgono più delle parole e, all’interno di questo partenariato [India-Africa], verrà costruito un istituto di informatica in Ghana, un istituto di pianificazione nel settore dell'istruzione in Burundi, uno per il commercio estero in Uganda e un istituto del diamante in Botswana.

Assanatou Baldé [8], su Afrik.com, sottolinea che nella vita quotidiana degli Africani gli investimenti indiani sono già ben visibili [9].

Uno dei più importanti è quello del gigante indiano delle telecomunicazioni Bharti Airtel, che ha sborsato 10 miliardi di dollari per conquistare il mercato della telefonia mobile in 15 Paesi africani. Il gruppo automobilistico Tata, presente in 11 Paesi del continente, detiene il monopolio dei trasporti in Uganda e nella regione di Thiès [10] [it] in Senegal.

Camion della Tata in Africa. Foto di Robin Elaine, ripresa da Flickr con licenza Creative Commons (BY-NC-SA 2.0) [11]

Camion della Tata in Africa. Foto di Robin Elaine, ripresa da Flickr con licenza Creative Commons (BY-NC-SA 2.0)

Si è poi aperto un dibattito, sulla piattaforma Flamme d’Afrique, les autres voix de l’Afrique dell’Istituto Panos, dove Ousseini Issa confronta le strategie [12] indiane e cinesi in Africa:

I rapporti commerciali e di cooperazione che Delhi intrattiene con l’Africa si distinguono da quelli adottati dalla Cina. Le strategie indiane si basano su un'offensiva da parte di imprese private (ma sostenute dallo Stato) che cercano di radicarsi attraverso  “fusioni-acquisizioni”. La Cina, invece, privilegia il commercio diretto con i governi. Ad ogni modo, anche l’India utilizza questa strategia di integrazione con le istituzioni economiche regionali come la Cedao e la Sadc. […] la posta in gioco consiste nella possibilità per il continente africano di inserirsi in un tipo di rapporti che si differenziano rispetto a quelli che seguivano l’asse Nord-Sud e su cui si basava lo sfruttamento nei secoli passati.

#2 NIBIZI [13] spera, grazie a questo riavvicinamento tra India e Africa, nell’inizio di una nuova era:

I politici africani devono prendere al volo l’occasione di questo partenariato e rompere con le pratiche di corruzione che hanno distrutto il continente. La cultura dei diritti umani deve tornare in primo piano, in modo che si possa profittare dei frutti che questo riavvicinamento potrà portare, il tutto nella prospettiva di una cessazione delle guerre e  lotte intestine che hanno impedito al continente africano di avviarsi verso la crescita economica.

Karl, invece, è pragmatico, sicuro e preoccupato [14] allo stesso tempo, in particolare per quel che riguarda un possibile accaparramento delle terre coltivabili [15] [it] da parte dell'India:

L’obiettivo di questo summit, per l’Africa, dovrebbe essere quello di negoziare metodi di collaborazione volti alla risoluzione del problema cruciale dell’energia. Ma, si tratta anche di porre fine alla cessione in affitto e alla vendita dei terreni in Africa, fintanto che i produttori [autoctoni] avranno problemi ad accedervi per  poter concorrere all'autosufficienza alimentare e per godere del diritto a un luogo in cui vivere.

Sull’ incontro di Addis Abeba [16] ha fatto molto discutere [17] anche un articolo pubblicato nel sito di radio RFI. E’ il rifiuto dell'“Indipendenza sotto stretta sorveglianza [18]” (parole di una canzone di Alpha Blondy [19] [it]), ossia il modello di cooperazione post-coloniale francese, ad avere suscitato i commenti più accesi, mentre c'è più indulgenza nei confronti di Cina e India:

Kamerun :

L’arrivo dell’INDIA e della CINA nel continente AFRICANO ci rende molto fieri, dato che questo potrebbe aiutarci a cacciare con forza i ladri imperialisti che saccheggiano il continente dal 1960. […]

Anonimo:

[…] Dubito che Outtara concederà dei mercati lucrativi agli indiani o ai cinesi, a discapito della Francia. A meno che non voglia restare al potere ancora per poco.

Ma belle Afrique :

La strategia indiana di cooperazione con l’Africa è più altruista di quella adottata dalla Francia di Sarkozy. È ora che gli africani voltino le spalle ai Paesi che hanno imposto loro il governo con le armi.

RéaPar :

Queste forme di cooperazione, in cui le risorse naturali africane sono convogliate verso gli uni o gli altri (Europa o Paesi del BRIC) non sono una soluzione sostenibile per i problemi di sviluppo di questo continente. La cooperazione dovrebbe essere basata su una visione a lungo termine che permetta un giorno agli africani di andare a vendere delle “TATA” in India, in Francia o in CINA (qui esagero). Tutto ciò passa per la formazione dei giovani, per la democrazia e per politiche economiche ambiziose a lungo termine finalizzate a ridurre il “sistema della mano tesa” (elemosina) nel continente.

Il summit di Addis Abeba è stata anche l’occasione per portare un tocco di cultura dell’Africa occidentale in Etiopia, grazie a un gruppo di percussionisti di Rufisque [20], città a sud-est di Dakar. Chérif FAYE ha annunciato [21] su rufisquenews.com che è stato invitato in Etiopia dall'ambasciata indiana in Senegal:

Il gruppo “Kër Gi ” di Bargny, per l’occasione, [doveva] presentare una creazione intitolata “Guur Nduuy”, che significa “tradizione dei lébous”. Il “Guur Nduuy” è uno spettacolo che rievoca alcuni aspetti del ricco patrimonio immateriale della comunità lébous [22].