Un anno fa, il ventottenne di Alessandria d'Egitto Khaled Said fu picchiato e torturato a morte [it] da due poliziotti che, sfruttando i poteri loro conferiti dallo stato di emergenza, volevano perquisirlo.
La sua uccisione scatenò la rabbia degli Egiziani, ma all'epoca nessuno pensava che, un anno più tardi, Mubarak, il ministro degli Interni e alcuni degli uomini chiave del regime di polizia si sarebbero trovati dietro le sbarre. Ieri, 6 giugno, l'Egitto ha ricordato l'anniversario di una delle ragioni principali della rivoluzione.
Molti hanno fatto ricorso a Twitter, condividendo emozioni e reazioni:
@Mohamed_Atwa [en/ar]: #KhaledSaid Grazie per aver dato inizio alla rivoluzione. Grazie per aver risvegliato l'essere umano che era in me. Che Dio abbia pietà di te.
@mariamarafat [en, come tutti i link tranne ove diversamente indicato]: Per chi se ne fosse dimenticato, #KhaledSaid è la scintilla che ha acceso la rivoluzione egiziana. Ricordarlo in questa giornata è il minimo che possiamo fare.
Wael Ghonim ha condiviso su Twitter la foto di una delle prime proteste contro l'uccisione di Khaled Said, tenutasi davanti al ministero degli Interni. Il piccolo numero di manifestanti non può essere paragonato ai milioni della rivoluzione, ma rappresenta comunque l'inizio del processo che ha condotto ad essa.
Alcuni ricordano di aver partecipato alla prima protesta della loro vita proprio in quell'occasione. Secondo Ahmed Khair Eddeen [ar], la morte di Khaled Said è riuscita a cambiare la mentalità dell'intero Paese, facendo sì che il timore di subire la stessa sorte del giovane prevalesse sulla paura di manifestare:
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كانت المظاهرات التى خرجت فى أعقاب واقعة خالد سعيد دليلا على تغير طرأ فى ردود أفعال الشعب المصرى وادراك كل فرد ان الدور قد يجىء عليه أو على ابنه أو أخيه فى يوم من الأيام
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Quelle manifestazioni sono state prova di un cambiamento nel modo di agire degli Egiziani. Ognuno era consapevole che il prossimo a subire la sorte di Khaled avrebbe potuto essere lui, il figlio o il fratello.
Sia Amnesty International che Human Rights Watch hanno condannato e chiesto di indagare sulla brutale uccisione di Khaled Said, ma dopo tutto questo tempo, sia gli assassini del giovane che i responsabili della morte di manifestanti durante la rivoluzione restano impuniti.
@nagoul1: Siamo #BackInBlack non solo per #KhaledSaid, ma perché quasi tutti gli autori dei crimini contro i dimostranti del #Jan25 sono ancora in libertà
Mariam Arafat, infine, si dice triste perché Khaled Said non è vivo per poter vedere con i suoi occhi il cambiamento che ha innescato, mentre Mai Shams El-Din è certa che il giovane non sia morto invano:
@maishams: È morto perché noi potessimo vivere. RIP #KhaledSaid
Questo post fa parte del nostro speciale sulla rivoluzione in Egitto 2011.