La Slut Walk (“marcia delle sgualdrine”) [en, come gli altri link eccetto ove diversamente specificato], un nuovo movimento femminista nato nell’aprile di quest’anno a Toronto e che ha fatto il giro di numerose città occidentali come Londra, Melbourne, Brisbane [it], Montreal, Saskatoon, Edmonton, Hamilton, San Diego e Vancouver, sta per approdare a New Delhi, la capitale dell’India. Alla fine di luglio, Delhi sarà la prima città asiatica ad ospitare una “marcia delle sgualdrine”.
In India, quella appena passata è stata una stagione di proteste e di campagne guidate da due importanti figure, il leader spirituale Baba Ramdev e il gandhiano Anna Hazare. Entrambi hanno portato avanti uno sciopero della fame per convincere il governo ad agire contro la corruzione e altri problemi che affliggono il sistema.
In India, i media tradizionali giocano un ruolo fondamentale nel fare e disfare questo tipo di campagne e, attualmente, la “Slut Walk” sembra essere la loro preferita. Numerose notizie e opinioni si sono diffuse attraverso i media tradizionali. Praticamente tutti i giornali o riviste più importanti hanno dato il loro contributo.
Ad ogni modo, la comunità dei blogger si è fatta sentire in misura minore rispetto al movimento. Dal vociferare che si sente sui social media ci si immaginerebbe che Slut Walk Delhi sia la tematica più importante di cui i cittadini stanno discutendo. La gran parte del fermento online è creata tramite la condivisione, l’inoltro e il “mi piace” riguardo i contenuti pubblicati dai media tradizionali.
Su Youth Ki Awaz, un blog creato dai giovani, Alam Bains ha scritto un post a favore del movimento:
La “Slut Walk”è un’iniziativa interessante e si occupa di un argomento importante, ma la sensibilizzazione della società è comunque necessaria per avere successo. Le donne dovrebbero essere rispettate, così come i loro diritti di vivere la loro vita e fare quello che vogliono.
Vidyut, su Aam Janata, ha scritto molto sull’argomento. Nel suo primo post sul tema ha scritto che aveva aspettato a lungo che questo movimento arrivasse anche in India:
Abbiamo bisogno di una “marcia delle sgualdrine” in ogni città, villaggio e località. Abbiamo bisogno di una “marcia delle sgualdrine” ogni volta che una donna esce di casa. La strada da percorrere per cambiare le opinioni della gente, per creare spazi di dignità umana e per ottenere il diritto alla sicurezza personale è ancora lunga. Così come lungo è il cammino per far capire alle persone che non importa come è vestita: una donna rimane comunque una persona e ha il diritto di dire “no”.
Nel post successivo Vidyut si occupa delle critiche rivolte al nome del movimento, perchè chiamarlo marcia delle “sgualdrine”? “Non è solo la parola ‘sgualdrina’. È un atteggiamento”. L’autrice spera che questo movimento faccia vergognare un certo tipo di comportamento e non per il suo nome.
Chandni, nel blog Bohemian Rhapsody, scrive che la ragione per cui alcune persone reagiscono in maniera negativa riguardo al nome del movimento è che questi individui utilizzano un modo di pensare patriarcale secondo il quale le donne sono prive della sessualità.
E ancora, una delle prime reazioni nei confronti della parola “sgualdrina” è di disagio. Perchè usare quella parola per la protesta?
Io direi “perchè no”? Non riuscite a guardare oltre? Le donne innanzitutto [devono farlo] – È imbarazzante? Scomodo? Offensivo? Vi sentireste più a vostro agio a camminare a testa alta e a marciare se il movimento si fosse chiamato “Nari mukti morcha” o “donne contro lo stupro” o qualcosa del genere? pronunciate la parola. Sgualdrina. Pensateci. Perchè vi mette a disagio?
E gli uomini – È divertente? Invitante? Vi fa venire in mente visioni di donne promiscue che non vedono l’ora di essere distese, che si mettono in fila per il piacere dei vostri occhi? La fantasia estrema eh?
La sessualità femminile? Ah, non esiste.
È per questo che l’utilizzo della parola “sgualdrina” è una buona cosa. Recuperare la parola. Ripetere ancora e ancora “BASTA INCOLPARE LE VITTIME E IL LORO ABBIGLIAMENTO”. È così semplice.
Nonostante il successo iniziale, tra le centinaia o migliaia di giovani delle città che hanno dimostrato il loro appoggio iscrivendosi alla pagina Facebook dell’evento, scrivendo su Twitter o modificando il proprio status, il movimento ha dovuto affrontare più volte alcuni momenti critici a causa del nome.
Nel mio blog personale ho scritto che il problema con la parola “sgualdrina” non è legato alla “vergogna” che il termine suscita, ma per il suo scarso significato nel contesto indiano.
“Sgualdrina” – la parola è entrata nel vocabolario dei cittadini indiani attraverso i film e le serie tv straniere e fa parte del cambiamento culturale che ha preso il via con l’introduzione della tv via cavo.
Innanzitutto, la parola non fa parte del linguaggio corrente. […] Penso che la parola “sgualdrina” sia entrata a far parte del linguaggio dei giovani altolocati che parlano inglese solo recentemente.
Non abbiamo mai usato in questo modo la parola “sgualdrina”, quindi di cosa vogliamo riappropriarci? Da chi lo stiamo recuperando? Perchè dobbiamo utilizzarlo quando la metà degli abitanti di Delhi non sa nemmeno che cosa significa? E se il punto è che l’evento consiste solo nel dire che noi non l’abbiamo mai rivendicato, allora perchè dobbiamo chiamare il movimento “Slut Walk” solo perchè questa frase ha suscitato interesse in altri Paesi?
Penso, inoltre, che questa idea di importare un movimento occidentale senza prima riadattarlo al contesto locale sia decisamente eurocentrico.
Christine Pemberton, un’immigrata di origine indiane che vive a New Delhi, parla dal profondo del suo cuore di femminista degli anni ‘70:
Spero veramente di sbagliarmi, ma mi immagino già la scena: uomini che fotografano queste ragazze, le guardano, cercano di toccarle – non capendo niente.
Per essere franca, non penso che Delhi sia pronta pronta per questo tipo di proteste così sfacciate. Triste, ma vero.
Kuber Sharma ha scritto su MustBol, un blog comunitario composto da giovani, che non è necessario etichettarsi come “prostituta” per manifestare. Anche Kuber accenna al fatto che tale parola non sia diffusa in India. Per questo motivo, le persone in strada non capirebbero il motivo della protesta.
Reena ha redatto una lista di tweet sull’argomento.
La giornalista Seema Goswami ha scritto sul suo blog che l’idea di permettere alle donne di portare sempre e comunque gli abiti che vogliono e di non essere preparate alle conseguenze non è nient’altro che una discriminazione. L’autrice, inoltre, sostiene che non saremmo a nostro agio nemmeno nel caso autorizzassimo gli uomini a “sessualizzare” il loro ambiente circostante nella stessa maniera in cui alcune donne vogliono fare.
Quindi, facciamo un passo indietro e lasciamo che anche gli uomini “mettano la loro carne in mostra” se gli va. Potrebbero togliersi le camicie in ufficio; mostrare le loro natiche in strada e andare a ballare nei nightclub sfoggiando solo la loro biancheria intima. Sì, sono d’accordo, non passerebbe molto tempo prima che le donne considerino tutto ciò disgustoso.
Sei diventata una preda facile a causa delle tue azioni – e ti devi assumere la responsabilità di questo. Ogni scelta che facciamo ha delle conseguenze e dobbiamo tenere bene a mente quelle conseguenze tutte le volte che facciamo una scelta.
Le critiche di Seema Goswami si basano sulla premessa per cui la natura stessa della campagna è controversa. Anche se in realtà le mie critiche si rivolgono soprattutto nei confronti del nome dell’evento.
La scorsa settimana le organizzatrici dell’evento hanno cercato di contestualizzare il movimento rinominandolo “Slut Walk Delhi arthaat Besharmi Morcha”. Ma la versione desi del movimento ha raccolto meno aderenti. Una domanda è stata pubblicata sulla pagina di Facebook dell’evento: che cosa ne pensate del nuovo nome? Le risposte non hanno lasciato spazio a dubbi (Anch’io ho pubblicato un post sul mio blog che raccoglie alcuni screen shot delle risposte):
“Besharmi Morcha è per gli ‘ignoranti’ che non sanno cosa significa la parola ‘slut’. Slut Walk è appropriato e sofisticato”
“Per niente. È assolutamente inappropriato… Non degradate il livello della Marcia”
“Questa parola non è adatta, questo abbasserà gli standard…”
“Slut walk era ‘figo’, besharmi fa gay!”
Loro (le giovani supporter della campagna) non hanno un’idea ben chiara del femminismo, delle violenze contro le donne o dell’attivismo. Non conoscono la realtà; a loro non interessa apportare un reale cambiamento. Sono salite sul carro solo perchè Slut Walk aveva l’aria dell’ultima novità alla moda importata dall’occidente dopo MTV.
Detto questo, comunque il nuovo nome non sembra colpire dove più fa male. Un nome in hindi gli conferisce un carattere rozzo, rustico e, soprattutto, reale. Un nome vero era necessario per una campagna così forte.
A proposito del nuovo nome Vidyut scrive,
Non molti indiani capivano il termine “slut”, ma il fatto di aver chiamato il movimento “besharam” (svergognate) è importante per noi. Sono veramente entusiasta perchè ora il nome racchiude l’idea di non doversi vergognare per il solo fatto di essere una donna. E questo [l’essere donna] è qualcosa di positvo e, come ho detto, non c’è niente di cui vergognarsi.
Ora non rimane che vedere quante ragazze e donne si faranno avanti in questa “Marcia delle Sgualdrine” o Besharmi Morcha. L’evento si sarebbe dovuto tenere il 25 giugno, ma ora è stato posticipato alla fine di luglio per organizzarlo meglio. L’evento potrebbe creare delle divisioni generazionale e di classe all’interno del movimento femminista, se questo viene considerato come uno stadio del movimento femminista. Per il momento, le organizzazioni femministe “tradizionali” non si sono espresse sull’argomento e nessuna di queste organizzazioni è direttamente coinvolta nell’evento.