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Egitto: no ai processi militari

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Egitto, Citizen Media, Diritti umani, Libertà d'espressione

È con impegno incessante, sia online che sul campo, che alcuni attivisti egiziani cercano da tempo di richiamare l'attenzione sui tanti civili che, all'indomani della rivoluzione, sono stati deferiti a corti militari.

Dopo l'arresto dei manifestanti presenti a Piazza Tahrir nella notte del 9 marzo, diversi attivisti, giornalisti e avvocati hanno deciso di mobilitarsi per fornire appoggio a tutti quei civili sottoposti, a loro dire ingiustamente, a processi militari.
Ecco come si descrivono sul blog Tahrir Diaries [1] [en, ar]:

Siamo un gruppo di attivisti che ha vissuto ogni singolo giorno della rivoluzione e sperimentato il vero “Egitto” di Piazza Tahrir. Condanniamo fermamente le violazioni nei confronti dei civili compiute dall'esercito col pretesto di “proteggere il Paese da elementi di disturbo”. Chiediamo l'interruzione di tutti i processi militari per i civili e lo svolgimento di regolari udienze di fronte a un tribunale civile per quanti siano già stati accusati o condannati.

Lo scopo primario della campagna, inizialmente accolta con scarso interesse e supporto, era quello di rendere la popolazione consapevole delle violazioni commesse nelle prigioni militari. Col tempo, e non senza un duro lavoro, il gruppo del No ai processi militari (#NoMilTrials) ha stabilito una rete di contatti, organizzato conferenze e creato un blog [2] [ar, come tutti i link tranne ove diversamente indicato] che raccoglie le testimonianze dei prigionieri e delle loro famiglie, affinché tutti possano conoscere le ingiustizie che hanno subito.

Dopo più di cinque mesi, gli attivisti del #NoMilTrials continuano a lottare con coraggio ed entusiasmo per garantire che ogni egiziano sia processato in maniera regolare e nel pieno rispetto dei suoi diritti.

Ultimamente, l'iniziativa ha iniziato a dare i suoi frutti; pochi giorni fa, gli attivisti hanno infatti festeggiato la liberazione di diversi prigionieri, tra i quali quelli arrestati tra il 28 e il 29 giugno dopo gli scontri davanti al Ministero dell'Interno. Salma Abdel Gelil [3], del gruppo #NoMilTrials, scrive:

القاضى العسكرى قال للضباط القضية دي مهللة و مفيهاش تحريات ولا إحراز ولا إثبات لكن برضه اداهم ٦شهور مع الإيقاف عشان الأوامر كده ‎#NoMilTrials
@Salma_Tweets: Il procuratore militare ha dichiarato che il caso è debole, mancano le prove. Nonostante questo, come da “ordini”, è stata stabilita una sospensione della pena di sei mesi.

Pur trattandosi di un grande passo avanti per la giustizia, sono ancora molti i civili che fin dai primi giorni della rivoluzione si trovano in carcere. Uno di questi è Amr El Beheiry [4]:

Mona Seif [5] [en], che da tempo si divide tra il lavoro e l'impegno al fianco delle famiglie dei detenuti, spiega:

@Monasosh: Sembra che facendo pressione sullo #SCAF inizi a muoversi qualcosa. Si fa tanto parlare dello stop ai processi militari, ma nessuno pensa alle migliaia di persone già in arresto.

La sera dello scorso 27 agosto, per circa un'ora, si è inoltre aperta una protesta online [6] che ha portato gli utenti Facebook a commentare le pagine delle autorità egiziane per esprimere la propria contrarietà ai processi militari per i civili. La campagna prosegue nel frattempo anche su Twitter, con l'hashtag #NoMilTrials [7] [en, ar].

Questo post fa parte del nostro speciale sulla rivoluzione in Egitto 2011 [8] [en].