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I blogger libici tra guerra e dittatura

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Libia, Citizen Media, Cyber-attivismo, Guerra & conflitti, Libertà d'espressione, Migrazioni, Politica

Sono trascorsi ormai sei mesi dall'inizio della rivolta in Libia. Com'era la blogosfera libica prima delle proteste partite il 17 febbraio, e com'è evoluta nel corso degli ultimi mesi?

Già nel 2009 molti blogger avevano spostato le conversazioni prima su Facebook e poi su Twitter, considerati più interattivi e immediati. Così i vari blog in lingua inglese o araba si erano ormai trasformati in una sorta di case vuote, riportate in vita solo da occasionali aggiornamenti su eventi personali di particolare importanza o quando il “rimorso” aveva la meglio. Non che la scena fosse deserta, ma mancava un po’ di pepe, eccezion fatta per i noti, irriducibili blogger della prim'ora, come Khadijateri [1] [en, come gli altri link eccetto ove diversamente indicato] e Imtidad [2] [ar], e per quanti preferivano i post lunghi ai 140 caratteri di Twitter.

Khalid Al Jorni, blogger che ha ormai chiuso bottega, si è adoperato per aggregare un gran numero di blog libici o relativi alla Libia su All Libyan Blogs [3] [ar, en]. Non solo: li ha anche indicizzati in inglese [3] e arabo [4], e l'amministratore della pagina ha continuato ad aggiornarla almeno fino a febbraio. Khaled scriveva entro quelli che possono essere considerati i limiti di una critica accettabile al governo, alla sua politica economica e alla situazione sociale nel Paese. Con tutta probabilità, l'unico motivo per cui avrebbe smesso di scrivere e cancellato il blog è l'enorme successo riscosso tra i giovani. Parafrasando le sue parole, era piacevole parlare del ricco passato della Libia e delle sue antiche rovine, ma i giovani volevano vedere un Paese moderno con metropoli funzionanti. Se avesse potuto, avrebbe continuato ad essere online.

Global Voices ha parlato in alcuni post precedenti dei temi trattati nella blogosfera libica. Questa comunità può essere suddivisa in tre gruppi principali: (1) i libici che risiedono in Libia, inclusi gli stranieri sposati a cittadini libici, (2) i libici temporaneamente residenti all'estero per varie ragioni ,e (3) libici che vivono all'estero, la Diaspora. La maggior parte ha iniziato a scrivere in inglese, alcuni sono poi passati all'arabo, mentre altri hanno sempre preferito quest'ultima lingua.

Girando tra i blog libici, ci si rende conto che la percentuale di blog in arabo [4] [ar] sembra più alta, ma meno conosciuta nell'ambiente non libico e non arabofono, poiché godono di minore visibilità. Anche la loro voce merita di essere sentita, perché mostra un altro volto del Paese. Infatti, mentre i temi trattati dai blogger arabofoni e anglofoni sono gli stessi, cioè esperienze personali ma anche società, cultura e politica, cambiano i lettori e il contesto. Diverso è il discorso per i blogger bilingui, che si trovano a cavallo tra i due tipi di lettori.

I blogger arabofoni [4] [ar] sembrano privilegiare le storie personali, la poesia, la società libica, i saggi, ecc., mentre quelli anglofoni [3] si rivelano più individualisti e usano il blog come un diario in cui rivelare personalità, vite e aspirazioni personali.

È solo unendo entrambi i discorsi che si può avere un quadro completo di questo Paese, che era e rimane in gran parte misterioso per il resto del mondo.

La terza categoria di blogger, ovvero i libici della Diaspora, erano gli unici a criticare apertamente e ridicolizzare il governo e alcuni compatrioti. All'estero, non avevano nulla da temere.

La seconda categoria, ovvero i libici residenti temporaneamente all'estero, raccontavano spesso storie di famiglia e parlavano di temi piuttosto generali relativi alla Libia, a meno che non avessero deciso di unirsi all'opposizione. In quel caso, non avevano più motivo per non esprimere chiare opinioni.

La prima categoria scriveva direttamente dalla madrepatria, assumendosi quindi il maggior rischio sul piano fisico. Cercavano di far arrivare certi messaggi, pur scrivendo in modo da non usare espressioni che avessero potuto minacciare direttamente il regime. Questi blog spaziavano dal genere: “Oggi ho fatto questo e quello, sono stato promosso agli esami, sono andato a fare shopping, mi sono sposato”, a tematiche più serie come l'ambiente, l'inquinamento, la raccolta dei rifiuti, i piani economici e la corruzione. Ogni critica che riuscivano a fare era frutto di un accurato esercizio di astuzia ed eufemismi. Ecco un esempio di Khadijateri [5]:

Sta diventando semplicemente ridicolo. È come quando pesti una gomma da masticare, o peggio ancora, una cacca di cane, e si appiccica sotto i tuoi infradito, e non riesci a liberartene. Poco importa quanto ci provi; puoi strofinare la suola per terra, sull'erba, sul bordo di un marciapiede, o prendere un bastone e cercare di toglierla. Ma non vuole andarsene. La soluzione: è arrivato il momento di buttare quegli infradito!

Anche l'ormai tristemente nota Hala Misrati [6] curava un blog sul romanticismo e l'amore perduto, chiamato Nazf [7] [ar] o “sanguinare”, che in realtà era piuttosto aggressivo e audace.

Anche la blogger Ghida [8] [ar] era una di quelli che sapevano esprimersi senza peli sulla lingua in modo sottile, grazie ai reportage di stampo giornalistico. Finché, dopo la rivoluzione del 17 febbraio, la sua vita privata e le sue chiamate personali sono state sbandierate ai quattro venti sulla TV nazionale durante il talk show di Hala Misrati, per essere ascoltate da tutti i libici o da chiunque guardasse la TV satellitare. Gira voce che lei e Hala fossero colleghe e amiche.
Il suo blog non esiste più, e rimane solamente quello di poesia [8].

Dopo sei mesi, è desolante vedere quanto sia diventata silenziosa la blogosfera libica: uno dopo l'altro i blogger sono stati zittiti, ed era facile supporre che i blogger “silenziosi” si trovassero nelle città controllate da Gheddafi, e quindi senza accesso a Internet.

Tuttavia, la guerra civile ha fatto uscire allo scoperto alcuni blogger, perlomeno quelli che avevano lasciato il Paese per studiare all'estero. Come Happymoi [9] che dice:

Guardo le notizie e il cuore mi si riempie di dolore. È come se tutto in me fosse spezzato. Sta morendo così tanta gente. Adesso la Libia è famosa, la conoscono tutti, ma proprio tutti. È una tragedia ad averla resa famosa. Vorrei che non fosse così. Ogni mattina mi sveglio pensando alla Libia. Ogni mattina mi sveglio e vorrei che non fosse andata così.

Quanto ai blogger più “anziani” e ancora attivi, ci si rende conto che sono all'estero oppure a Bengazi, come Starlit [10] che scrive: “Ho vissuto cose che non avrei mai pensato di dover sperimentare”, o come Benghazicitizen [11]:

Ho chiuso gli occhi, ho visto quanti sono stati uccisi…
Ho visto il volto stanco di mia madre…
Il volto scioccato di mia sorella…
La rabbia negli occhi di mio fratello…
La determinazione in quelli di mio padre…
E vedo i volti della mia vita…
I miei amici… alcuni dei quali non torneranno mai più…

Il significato della libertà viene percepito nei post curati da quanti vivono in luoghi definiti “territori liberati” dai media. Il cambiamento è palpabile, soprattutto nel blog Omar Al Muktar's daughter [12]. In marzo era ancora in forma anonima e sotto lo choc per la liberazione di Bengazi:

Ciò che è successo a Bengazi e in Libia rappresenta veramente una nuova pagina e una missione impossibile da immaginare per i giovani libici… e ce l'hanno fatta.

A giugno, ha trovato il coraggio di rendere pubblico il suo nome e cognome (Ruwida Ashour), cosa che ben pochi blogger residenti nel Paese avevano osato fare.

Perciò chi si trovava nelle zone liberate poteva esprimersi liberamente contro il governo di Gheddafi, come PH [13], che ha pubblicato una foto del suo nuovo zerbino, un tappetino con la foto di Gheddafi. Resta però da chiedersi se possano criticare il Consiglio di Transizione!

Gli ultimi post da Tripoli erano stati scritti da Khadijateri [1] e Highlander [14] quattro mesi fa. Portavano un po’ di speranza quando veniva temporaneamente ristabilita la connessione a Internet. La liberazione di Tripoli [22 agosto] ha permesso a questi blog di tornare finalmente in attività.

Sulla scena non mancano nuovi blogger, che descrivono la prospettiva dei libici da un nuova angolatura. Harimna Notes [15] [ar] è in arabo e riporta gli eventi della rivoluzione del 17 febbraio sin dal primo giorno. Si tratta di storie raccolte da un anonimo cittadino libico, riconfezionate dal famoso scrittore d'opposizione Ashur Shamis [16]. Il blogger viveva in Libia, ma ha lasciato il Paese all'incirca due mesi fa, e ora il suo diario è aggiornato con opinioni quotidiane sull'attualità in corso.

C'è poi il blog di guerra di A displaced Libyan [17] che non riesce a tornare a casa.

Non so bene da dove cominciare, poiché sono due mesi che è crollato il muro del silenzio. Ho tenuto un diario con alcuni appunti. Li userò come un canovaccio da arricchire lungo il percorso. Ho fatto anche molti commenti su quanto leggo in giro. Mi rendo conto che molti potrebbero non sentirsi a proprio agio leggendomi, ma sono fatto così… Non sono qualcuno con cui conformarsi o da seguire ciecamente. Sappiate che ho delle opinioni molto salde, ma non prendetela a livello personale.

Se non ne potete più della propaganda dei due campi, pro e anti Gheddafi, troverete questo blog “rinfrescante”, nonostante i post siano piuttosto lunghi.

Un altro blog che racconta la guerra è Libya SOS [18], uno dei pochi a non essere schierato con i ribelli. Se scrive dalla Libia, deve far parte dell'esercito elettronico di Gheddafi, poiché i cittadini ordinari a Tripoli non hanno accesso a Internet, a meno che non abbiano un telefono VSAT o Thuraya. Ad ogni modo, il blogger fa degli sforzi considerevoli per trovare informazioni, link e foto allo scopo di controbilanciare le notizie sull'avanzata dei ribelli diffuse dai media. Mostra un altro aspetto di questa guerra, e costringe a fermarsi a riflettere su quanto si sente e si legge in giro. Che in questa guerra si sia deciso di stare con una fazione o con l'altra, è importante vedere l'altro lato del conflitto, ed è anche per questo che è giusto menzionare questo blog.

Il blogger si chiede perché la sua voce non venga ripresa dalle testate d'informazione:

È interessante che LibyaSOS non compaia mai sulle liste Twitter di CNN, BBC, AlArabiya, Al Jazeera, SkyNews, France24. PERCHÈ? Perché no? Perché non parlo inglese bene come @Sbhafreedom @FreeLibya @FreeBenghazi … È per questa ragione? Oppure… perché non sono belli e buoni come i ribelli guidati dalla NATO?”

Qualunque sarà il risultato finale, questa guerra ha permesso ai libici di ritrovare la loro voce. E se in passato sono stati ridotti al silenzio, ora i cittadini appaiono più fiduciosi e fermi nelle loro opinioni. Non potranno mai più essere zittiti.