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Guyana: tensioni e scontri dopo il voto alle legislative

Categorie: Caraibi, Guyana, Citizen Media, Cyber-attivismo, Diritti umani, Elezioni, Etnia, Guerra & conflitti, Legge, Libertà d'espressione, Media & Giornalismi, Politica, Protesta

Le recenti elezioni legislative [1] [en, come gli altri link eccetto ove diversamente indicato] in Guyana hanno visto per la quinta volta consecutiva l'affermarsi del Partito Progressista del Popolo [2] (PPP), la forza politica socialista sostenuta principalmente dalla popolazione degli indios. Tuttavia, per la prima volta in quasi vent'anni, il PPP non è riuscito a ottenere la maggioranza assoluta dei seggi, fermandosi al 49% [3] dei voti. Risulta, quindi, seriamente messa in dubbio [4] la possibilità che il governo del nuovo presidente Donald Ramotar riesca ad assicurarsi in parlamento il supporto necessario per l'attuazione del proprio programma politico.

Lo spoglio delle urne si è svolto in un clima di tensione generale [5], particolarmente acuita dalla pubblicazione posticipata dei risultati elettorali. La blogger Guyana-Gyal ha cercato di dar voce all'inquietudine dell'opinione pubblica con il seguente post [6]:

Da quando è stata annunciata la data delle elezioni, un sottile filo di paura ha cominciato a
stringersi attorno alla capitale.
Un fruttivendolo mi ha detto in lingua creola: “Me nah wha’ go happen to ahbee”, e cioè: “Non so che ne sarà di noi”.
Che ne sarà di noi se il partito al governo vince di nuovo e i cittadini, scontenti dei risultati, iniziano a
protestare, a fomentare scontri tra la popolazione, a bruciare e saccheggiare negozi e abitazioni, e così via…

La blogger continua, affermando che, nonostante i timori, nel Paese non accadrà niente di tutto ciò:

[…] perchè gran parte di quelli che erano soliti protestare, ora sono malati o indeboliti; altri
hanno già un piede nella fossa, altri ancora sono morti. Inoltre, attualmente, i giovani guyanesi sono lontani da qualsiasi metodo violento…in un certo senso, sono troppo trendy …sono tutti amici tra di loro e i matrimoni misti sono ormai all'ordine del giorno…i giovani della Guyana non hanno né il tempo né i motivi per perdere tempo con una cosa senza senso come la violenza! D'altra parte, anche i partiti, oggi, non riflettono più un unico gruppo etnico. Inoltre, anche le ultime elezioni sono state del tutto pacifiche.

Tuttavia, Guyana-Gyal puntualizza:

Chiaramente, dico tutto questo sapendo che potrei sbagliarmi…

Infatti, l'ondata di violenza si è inaspettatamente abbattuta sul Paese qualche giorno dopo il giuramento del nuovo presidente Ramotar. Alcuni blogger hanno parlato di uno scontro [7] avvenuto il 6 dicembre tra protestanti e forze dell'ordine, durante il quale “la polizia ha caricato con proiettili di gomma e lacrimogeni un corteo organizzato dalla coalizione di opposizione APNU (A Partnership for National Unit), solo perché non aveva i permessi necessari per manifestare nel quartiere centrale di Brickdam”.

Demerara Waves ha pubblicato sul suo blog un resoconto [8] della vicenda, mentre il verbale ufficiale della polizia riguardo gli scontri è riportato in un post [9] di Live in Guyana.

In segno di solidarietà ai manifestanti, il blog Barbados Underground [10] ha dedicato un post a un messaggio inoltrato da Lincoln Lewis [11], il segretario generale del Congresso dei Sindacati della Guyana [12], che scrive:

Il 6 dicembre 2011 verrà ricordato come un'altra pagina nera nella storia di questo Paese, nonostante, meno di una settimana prima, il nuovo presidente Ramotar avesse promesso alla nazione “pace e unità”.

Nel nostro Paese esiste una brutale e inumana intolleranza verso il dissenso e i diritti civili. Non serve attendere oltre: la Guyana è già sprofondata nell'abisso della decadenza politica e socio-economica a causa dell'avidità dei suoi governanti, della gestione repressiva dello Stato e dell'anacronismo del sistema politico; fattori, questi, che non si addicono al nostro bisogno di coesistenza pacifica e di sviluppo.

Vorrei fare presente a coloro che considerano la manifestazione del 6 dicembre illegale, sostenendo di conseguenza l'intervento armato sul corteo, che, in caso di infrazione (percepita o reale) della legge, è compito della Corte, e non della polizia, determinare colpevoli e pena.

Un tale esempio di intolleranza politica è davvero inaccettabile nel 2000, ed è emblematico del clima di chiusura e costrizione in cui i guyanesi continuano a vivere mentre il resto del mondo amplia i propri orizzonti.

Rimane ancora da vedere se e come i blogger guyanesi reagiranno in merito al dibattito, visto che finora la maggior parte di essi è rimasta in totale silenzio.

L'immagine usata in questo post, “Bandiera della Guyana” [13], è dell'utente Flickr erjkprunczyk, su licenza Creative Commons.