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Nuovo libro sulla battaglia globale per la libertà di Internet

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Cina, Egitto, Iran, Pakistan, U.S.A., Citizen Media, Cyber-attivismo, Diritti umani, Libertà d'espressione, Tecnologia, Advox

Come assicurare uno sviluppo di Internet compatibile con la democrazia? Dato il forte impulso che i social media hanno dato alle recenti sollevazioni in Medio Oriente e altrove, come assicurarsi che gli stessi strumenti non siano usati per la censura e il controllo governativi (spesso con un consistente aiuto da parte delle aziende high-tech occidentali)? E come poter smettere i panni degli “utenti” passivi della tecnologia, per diventare piuttosto dei “netizen” che prendono in mano le redini del futuro digitale, assumendosene la responsabilità?

Consent of the Networked [1] Queste domande sono alla base di Consent of the Networked: The Worldwide Struggle For Internet Freedom [1] [en], nuovo libro in uscita di Rebecca McKinnon, co-fondatrice di Global Voices [2]  [en] (e co-autrice del quindicinale Netizen Report [3] [en] su GV Advocacy).

Questo lavoro, completo e tempestivo, è un appello all'azione per ogni blogger e utente di Twitter o Facebook, in particolar modo per i cyber-attivisti in generale, affinché affrontino il tema di come gestire la tecnologia per sostenere i diritti e le libertà dei cittadini nel mondo. Attraverso un'analisi rigorosa, condotta con tono positivo, si giunge al messaggio finale: dovremmo partecipare a una battaglia che abbiamo tutti il potere e la capacità di influenzare, anche con delle piccole azioni — se solo cerchiamo di capire le complesse forze in gioco e la nostra capacità d'intervento.

Diviso in cinque sezioni portanti, il libro copre vari eventi dell'ultima decade ed è piuttosto aggiornato, con alcune parti dedicate alla Primavera Araba e alle capacità di sorveglianza del governo egiziano, alla privacy e al controllo nelle democrazie occidentali, e all'ascesa dei “Facebookistan e Googledom”. Il sito [4] [en] che accompagna il libro fornisce ulteriori aggiornamenti e risorse.

Il network di Global Voices è menzionato in diversi punti, con citazioni dirette e altri rimandi. Ad esempio, la prefazione racconta brevemente di come questa comunità è nata e cresciuta, e del suo ruolo cruciale nei recenti eventi:

Mentre le proteste esplodevano in Tunisia alla fine del 2010 e le manifestazioni si propagavano nel Medio Oriente e in Nord Africa all'inizio del 2011, i collaboratori di Global Voices lavoravano senza sosta per diffondere le informazioni su quanto stava accadendo in diverse lingue, sul nostro sito ma anche su Twitter, Facebook, e altre piattaforme di social media.

La prima parte del libro si concentra sulle interconnessioni tra tecnologia, società e business che hanno alimentato lo sviluppo di Internet fino ad ora, facendo nascere un “digital commons” fatto di pratiche innovative, attivismo digitale, e valorizzazione individuale.
Questo ambiente, certo entusiasmante, si trova però ad affrontare l'opposizione definita come “Controllo 2.0”: “…come delle relazioni oscure e inesplicabili con le aziende Internet e telefoniche che permettono ai governi autoritari di controllare e manipolare i cittadini.”

La Cina [5] è qui analizzata come caso esemplare, con una descrizione dettagliata dei suoi raffinati sistemi di censura e i recenti sviluppi per mantenere un controllo autoritario, permettendo allo stesso tempo “…livelli elevati di vivaci e polemici dibattiti e riflessioni online, entro certi limiti.”

Dopo aver descritto simili (o peggiori) situazioni in Paesi come l'Iran, il Pakistan e la Siria, l'attenzione si sposta sulle democrazie occidentali, che sembrano purtroppo inclini a emulare i regimi autoritari, anche se in modo meno ovvio e insidioso. Ovvero, le aziende high-tech stanno stabilendo relazioni altrettanto opache e inspiegabili con le istituzioni governative, e non riescono a “…farsi carico della responsabilità che il loro potere ha sulla vita politica dei cittadini, e della loro mancanza di responsabilità nell'esercizio di tale potere.”

Worldwide censorship [6]

Image © Shutterstock.com

I numerosi esempi qui discussi includono WikiLeaks, le denunce sulla privacy su Facebook, il ‘Grande Fratello’ Apple, e la Neutralità della Rete. Ma anche l'attuale battaglia tra proprietà intellettuale e libertà di pensiero/condivisione (vedi l’iniziativa globale contro SOPA-PIPA [7] [it], e la recente ‘censura selettiva [8]‘ [en] annunciata da Twitter). Vi sono trattate anche alcune questioni meno note, come la proposta del 2011 di creare un ‘cyberspazio comune europeo’ che permetterebbe di bloccare i “contenuti illeciti” alle frontiere dell'Europa.

Infine, l'ultimo capitolo del libro cerca di rispondere alla domanda “Cosa possiamo fare?”, e propone lo sviluppo di una Internet netizen-centric. Questa parte esplora le proposte di alcuni governi e aziende, e di un numero crescente di cittadini impegnati a fronteggiare le minacce alla libertà nel cyberspazio attraverso nuove iniziative e movimenti innovativi. Maggiore trasparenza, istituzione di procedure che portino le aziende a impegnarsi con gli utenti, con i clienti, e con tutti gli altri attori coinvolti e creazione di un ambiente informativo che sia sempre più nelle mani dei cittadini. Questi i vari suggerimenti forniti dal libro.

In fin dei conti, questa battaglia globale per la libertà di Internet [1] [en] si sta combattendo proprio ora, nei Paesi arabi, nell'Asia orientale, e anche nei Paesi europei. Si tratta di una lotta comune, e spetta a ciascuno di noi, in quanto netizen e cittadini del mondo, controllare lo stato delle cose, per assicurarci che Internet resti una potenza per la libertà di espressione e la liberazione politica, piuttosto che uno strumento di alienazione, censura e repressione.