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Cuba: la Primavera Nera, nove anni dopo

Categorie: Caraibi, Cuba, Citizen Media, Donne & Genere, Libertà d'espressione, Politica, Protesta, Religione, Storia

Proprio quest'anno ricorre il nono anniversario della Primavera Nera di Cuba [1] [en, come tutti gli altri link eccetto ove diversamente indicato], un termine che è venuto a simboleggiare i severi provvedimenti presi dal governo contro i dissidenti nel 2003, quando 75 persone furono imprigionate perchè accusate di essere spie degli Stati Uniti [2]. Tutti i prigionieri politici detenuti durante la Primavera Nera furono liberati [3], a partire dal 2010, ma con esilio in Spagna come condizione per il rilascio. I dissidenti che rifiutarono questa condizione furono gli ultimi ad essere scarcerati.

L'ingiustizia delle sentenze ispirò la formazione del gruppo di opposizione più famoso e più rispettato di Cuba, Las Damas de Blanco [4] [it], formato da mogli e donne appartenenti alle famiglie dei dissidenti, le quali organizzarono pacifiche proteste per il loro rilascio.

L'anniversario della Primavera Nera, nove anni dopo, ha risvegliato la memoria di molti cubani che si sono chiesti se qualcosa sia veramente cambiato [5], soprattutto nel contesto dell’imminente visita del Papa [6] e l'apparente incapacità del pontefice di incontrarsi con i gruppi [7] dell'opposizione per discutere la questione dei diritti umani [8]a Cuba.

Reinaldo Escobar scrive su Translating Cuba [9]:

A nove anni dalla Primavera Nera del 2003, e nel periodo precedente alla visita di Papa Benedetto XVI a Cuba, la polizia politica cubana ha intensificato le sue attività repressive contro le Donne in Bianco. E’ a dir poco paradossale che la sicurezza di stato agisca come se fosse convinta che le autorità ecclesiastiche non protesteranno. Si ha l'impressione che sia stato raggiunto, o si stia raggiungendo, un accordo tra il governo e la chiesa cattolica, secondo il quale la polizia è’ libera di reprimere, e i religiosi di espandere le loro prerogative riguardo al culto. Ci saranno sempre più processioni, sempre piu’ permessi di ricostruire chiese, seminari e conventi, in cambio di un impegno a rivolgere lo sguardo verso il Cielo e a ignorare i problemi più “terreni” di Cuba. Per fortuna, la fede è indipendente da queste scelte sbagliate. A venir danneggiata nel lungo termine sarà l'influenza della chiesa cattolica in un futuro senza dittatura.

Pedazos da la Isla [10] nota che, nove anni dopo, la repressione continua:

Nel nono anno dalla Primavera Nera di Cuba (quando, nel 2003, 75 dissidenti furono arbitrariamente arrestati e condannati a lunghi periodi di prigionia) e soltanto a una settimana dalla visita di Papa Benedetto XVI, numerosi attivisti dei diritti umani sono stati arrestati, soprattutto le Damas en Blanco in procinto di recarsi a messa nelle loro rispettive chiese domenica scorsa. Questa ondata repressiva si è estesa anche alla città di Pinar del Rio.

Mentre gli autori di Notes from the Cuban Exile Quarter [Note dagli esiliati di Cuba] si chiedono [11]se sia imminente un'altra Primavera Nera, un altro collaboratore di Translating Cuba – e uno fra gli arrestati della Primavera Nera – Juan Adolfo Fernández Sainz, fornisce la sua commovente testimonianza [12]:

Quello stesso giorno, il 18 marzo del 2003, andai nel quartiere di Chinatown nel centro dell'Avana, per uno scambio di idee con colleghi della stampa indipendente. La questione da discutere era la guerra in Iraq che era stata dichiarata unilateralmente, e in assenza di un forte sostegno internazionale come era invece stato per l'operazione Desert Storm, dopo l'invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein.

Dato che il giorno prima erano stati arrestati molti oppositori del regime, pensai per un istante di bruciare alcuni documenti ma poi decisi diversamente. I miei articoli, i miei commenti li avevo scritti perchè venissero pubblicati. Rappresentavano le mie opinioni e non avevo nulla da nascondere. Non mi sentivo colpevole. Il pomeriggio del 19 [marzo] la mia abitazione fu messa sotto sopra.

I soldati rimasero nella mia stanza fino all'alba. Notai che le persone che avevano invaso il mio spazio non sapevano nulla di noi. Erano state “avvelenate” in precedenza. Ai loro occhi ero un traditore al servizio di una potenza straniera. Durante il corso delle investigazioni criminali, fu lo stesso. Tutto quello che gli interessava era di incriminare il governo degli Stati Uniti…conclusi che non erano nemmeno interessati a conoscere la verità ma soltanto a condannarci con ogni mezzo.

Fu una sentenza brutale. Un giorno, per passare il tempo in prigione, calcolai il numero totale degli anni ricevuti dai 75 condannati. In totale, ci avevano condannato a 1500 anni di prigione, con una media di 20 anni a testa. Nessuno di noi aveva commesso atti violenti, o incitato alla violenza. Ci sono state onde di repressione peggiori, ma niente di così crudele contro una evidente opposizione pacifica e civile. Tutti i maggiori progetti proposti dagli oppositori erano volti a una pacifica transizione verso la democrazia.

Ho trascorso sette anni in prigione e non ho rimpianti. Dopo, ho scelto la via più facile e sono emigrato all'estero. Per questo sono determinato ad aiutare quelli che sono rimasti. E la decisione di fare tutto quello che mi detta la mia coscienza, di sostenere la lotta che ho scelto. Non di imporre un'idea. Li conosco, loro vogliono il meglio per Cuba.

L’immagine thumbnail [13] usata in questo post è di proprietà di Mihai Romanciuc, su licenza Attribution-NonCommercial 2.0 Generic (CC BY-NC 2.0) Creative Commons [14].