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Armenia: gruppi nazionalisti in piazza

Categorie: Asia centrale & Caucaso, Armenia, Citizen Media, Diritti gay (LGBT), Diritti umani, Donne & Genere, Etnia, Governance, Libertà d'espressione, Protesta

Così come è già successo nel 2009 durante un raduno per festeggiare la Giornata Internazionale della Donna [1] [en, come tutti i link successivi, eccetto ove diversamente indicato], il 21 maggio a Yerevan i nazionalisti armeni si sono infiltrati e hanno interrotto una manifestazione per commemorare la Giornata Mondiale della Diversità Culturale per il Dialogo e lo Sviluppo [2].

L'azione è stata poi seguita dal resoconto di nuovi attacchi al D.I.Y., un bar gay-friendly della capitale armena che era già stato colpito da bombe incendiarie l'8 maggio scorso [3]. Vista la giustificazione dell'attacco da parte di alcuni funzionari e politici [4], i blogger progressisti appaiono preoccupati.

Unzipped: Gay Armenia paragona l'interruzione del 21 maggio al fascismo [5].

PINK Armenia e il Women's Resource Centre, per celebrare la Giornata Mondiale della Diversità Culturale indetta dalle Nazioni Unite, hanno annunciato una serie di eventi inseriti all'interno della Settimana della Diversità. La settimana avrebbe dovuto iniziare con la marcia della diversità il 21 maggio per richiedere il rispetto della…si, proprio quella, diversità in Armenia.

Ma il concetto stesso di diversità in Armenia è stato nuovamente attaccato da provocazioni di elementi neonazisti e dei loro sostenitori. Per conquistare favore tra le masse hanno soprannominato la marcia della diversità “gay pride” alimentando così l'aggressività verso i manifestanti diffondendo intenzionalmente informazioni fuorvianti.

[…]

Alcuni neonazisti hanno attaccato i manifestanti, incoraggiati dall'elevato livello di approvazione che stanno avendo l'isterismo omofobico e la violenza anti-gay in  seguito all'attacco incendiario al bar DIY. […]

Guardate questi reportage. Osservate queste immagini. Sono i volti del fascismo in Armenia.

Marcia per la diversità a Yerevan © PanARMENIAN Photo / Tigran Mehrabyan

Global Chaos posta un esteso resoconto comparando questi eventi con i recenti scontri avvenuti nella vicina Georgia [6] [it]. Il blog sottolinea che la marcia di Yerevan non era un gay pride e nota la presenza di sacerdoti armeni [7].

[…] con la campagna contro l'omofobia di PINK Armenia ancora fresca nella mente, il senso della marcia della diversità è stato distorto e presentato come “gay pride” da alcuni elementi e raggruppamenti ultranazionalisti (per evitare di usare il termine “neonazista”) che si sono fatti vedere all'evento. Il loro numero eccedeva di molto quello dei manifestanti a favore della diversità e con la loro aggressività e rumorosità cercavano di dirottare la marcia e distorcerne non solo l'obiettivo, ma anche il vero significato.

[…]

Tutto ciò, insieme a tutto quello che è successo e sta succedendo al D.I.Y. sta diventando una tendenza sempre più diffusa in Armenia. La cieca venerazione di Garegin Nzhdeh (che, malgrado il suo lavoro patriottico, fu collaboratore dei nazisti e appoggiò l'arianesimo, ottenendo inoltre da Berlino il riconoscimento degli armeni come razza ariana) e la crescente influenza della chiesa apostolica armena [Echmiadzin], incoraggiata dal partito repubblicano armeno al governo, sono non solo preoccupanti ma altresì pericolose. La loro ideologia, in aggiunta alle attività intraprese dai loro vari organismi e supporter, sono troppo simili al nazismo, mentre il loro parlare della protezione del “pool genetico” armeno è una pericolosa reminiscenza  dell'eugenetica.

[…]

Il fatto che l'aggressività contro le minoranze, specialmente le minoranze sessuali, sia incoraggiata da una parte delle forze politiche della nazione (tra le quali quelle della supposta opposizione), genera questo “neonazismo di stato”. Data l'adesione dell'Armenia alle Nazioni Unite e al Consiglio d'Europa – e dunque l'impegno a far rispettare documenti come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, e in particolare, la Risoluzione 1728 sulla “Discriminazione sulla base della identità sessuale e di genere”) , i leader politici armeni dovrebbero essere ritenuti responsabili non solo perché permettono questi sviluppi, ma specialmente per il supporto attivo che danno.

Un sacerdote in particolare ha ritenuto importante riferirsi a Sodoma e Gomorra, lodando inoltre la “patriottica gioventù” che si è riunita per dimostrare la propria devozione a Dio e alla nazione […].

Un altro blog armeno, Le Retour in 3 Parts, commenta il comportamento delle forze dell'ordine presenti all'evento [8].

[…] non eravamo più in controllo della situazione. Da qui in poi i poliziotti ci dicevano come muoverci, dove andare, dove stare. Eravamo sotto il controllo degli apparati statali. Non ho creduto neanche per un attimo che la polizia tenesse alla nostra incolumità (infatti alcuni manifestanti mi avrebbero poi riferito le parole che avevano sentito pronunciare da alcuni agenti di polizia – parole di approvazione per la retorica dell'odio cantata dai contro-manifestanti). La polizia segue gli ordini che vengono dall'alto – non dai manifestanti (e men che meno da attivisti che percepiscono come gay o a favore dei gay).

[…]

[…] Mi sono sentito come un animale attirato in gabbia. Noi eravamo barricati dentro mentre i contro-manifestanti erano fuori che continuavano a scandire slogan, a cantare e a proclamarsi come difensori della nazione e dei valori nazionali.

In Armenia, come di consueto in simili circostanze, i valori liberali sono stati condannati dai nazionalisti che si sono infiltrati nella marcia con slogan come “Gay andate a Baku [Azerbaigian]” e “No alla perversione”.