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Gli uomini arabi odiano le donne?

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Egitto, Citizen Media, Donne & Genere, Idee, Sviluppo

L'opinionista egiziana-americana Mona Eltahawy [1] [en, come gli altri link eccetto ove diversamente segnalato] ha suscitato ancora una volta [2] polemiche con un articolo apparso sul Foreign Policy del 23 aprile scorso intitolato “Perché ci odiano?” [3] riguardo la discriminazione delle donne in Medio Oriente. Eltahawy sostiene che le società arabe sono fondamentalmente misogine e che avvengono infiniti abusi contro le donne “alimentati da un mix tossico di cultura e religione”.

Molti giornalisti, blogger e attivisti arabi hanno criticato [4] il modo in cui Eltahawy elabora le proprie argomentazioni e hanno espresso rabbia verso le immagini [3] che accompagnano l'articolo – una donna nuda dipinta di nero, in modo da ricordare un niqab [5] [it] –  sostenendo che queste sono le tipiche raffigurazioni stereotipate delle donne arabe.

Da allora, la rivista USA Foreign Policy ha pubblicato le reazioni [6] di cinque commentatori.

Mona Eltahawy. Foto dall'utente Flickr personaldemocracy (CC BY-SA 2.0). [7]

Mona Eltahawy. Foto dall'utente Flickr personaldemocracy (CC BY-SA 2.0).

Eltahawy scrive nell'articolo:

Qualcuno si chiederà come mai lo stia riproponendo proprio adesso, in un'epoca in cui la regione è cresciuta, spinta non dal solito odio per America e Israele, ma da una richiesta comune di libertà. Dopo tutto, non dovrebbero tutti ottenere i diritti basilari, prima che le donne pretendano un trattamento speciale? E cosa ha a che fare il genere o, per quel che vale, il sesso, con la Primavera Araba?  E non sto parlando del sesso nascosto in angoli bui e stanze da letto chiuse. Un intero sistema politico ed economico – quello che tratta metà dell'umanità come animali – deve essere distrutto assieme alle altre tirannie, più palesi, che soffocano il futuro della regione. Fino a quando la rabbia nei confronti degli oppressori dei nostri palazzi presidenziali non si sposterà verso quelli nelle nostre strade e case, la nostra rivoluzione non sarà nemmeno iniziata.

In un articolo intitolato “Mona: perché ci odi?” [8], l'attivista e blogger egiziana Gigi Ibrahim scrive:

Il problema fondamentale del saggio di Mona è il contesto e la base sulla quale analizza il motivo dell'oppressione delle donne in Medio Oriente, e l'unico motivo che offre è che gli uomini e le società arabe (sia da un punto di vista culturale che religioso) odiano le donne. Questo è offensivo nei confronti della maggior parte delle donne che conosco, le quali hanno letto l'articolo e la vedono allo stesso modo. Le donne nel Medio Oriente non sono oppresse dagli uomini del predominio maschile, piuttosto sono oppresse dai regimi (che poi sono uomini al potere) e dai sistemi di sfruttamento (sfruttamento basato sulla classe e non sul genere). Avere le donne al potere in un sistema così difettoso non “risolverebbe” il problema comunque. Abbiamo avuto una quota rosa nel parlamento di Mubarak, ha davvero cambiato qualcosa per le donne? Era solo inchiostro sulla carta. Persino dopo la rivoluzione, le donne sono continuamente usate per ragioni politiche dai partiti di corte. Spiegare perché le donne sono oppresse senza toccare nessuno degli aspetti storici, politici o economici dei paesi arabi – che non sono gli stessi che lei tende a generalizzare nell'articolo – non potrebbe essere più delirante di questo pezzo.

Hafsa Halawa, in Egitto non è completamente contro l'articolo:

@Hhafoos [9]: Nonostante non sia d'accordo con il tono & certamente con le immagini utilizzate, ci sono fatti nell'articolo di Mona Eltahawy che non possiamo più ignorare

Anche la giornalista palestinese di origini siriane Dima Khatib [10] non si trova d'accordo, in un post del suo blog, “Amore, non odio, cara Mona!” [11]:

Non siamo deboli, Mona, e le rivoluzioni arabe ci hanno dimostrato che siamo più forti di quanto pensassimo, e le eroine delle rivoluzioni arabe non hanno bisogno di essere messe in evidenza. Non credo che abbiamo bisogno di salvatori dall'odio e la vendetta dei nostri uomini, specialmente da quando le rivoluzioni hanno dimostrato che siamo più che capaci di stare fianco a fianco agli uomini per ottenere avanzamenti per le nostre società. Il tuo articolo dipinge un'immagine della società araba che coincide con le immagini che lo accompagnano: nera, livida, deprimente, un corpo dipinto di nero. Hai ridotto il problema della donna araba ai sentimenti degli uomini; mentre ella stessa veniva ridotta alle immagini patetiche che rappresentano perfettamente l'immagine che l'Occidente ha di lei. […] La società araba non è così barbara come la presenti nell'articolo, che accresce il nostro stereotipo nella testa del lettore. Ed è uno stereotipo che è spaventosamente diffuso, e contribuisce alla crescente spaccatura culturale tra la nostra società e le altre, aumentando il razzismo nei nostri confronti.

La giornalista e blogger libanese-americana Roqayah Chamseddine ha commentato in un post intitolato “Noi e loro: sulle donne indifese e l'immaginario orientalista” [12]:

Non solo Eltahawy ha demonizzato gli uomini del Medio Oriente confinandoli in un ruolo – quello di eterni aguzzini –  mentre il suo pubblico occidentale applaude e brinda, ma non ha nemmeno indicato una soluzione per questi uomini. Sono dannati per l'eternità? È questo il loro evidente destino, quello che è stato predeterminato al momento del concepimento? Non hanno una via di fuga dalla pesante accusa che li marchia come misogini naturali? E i femministi, allora? Combatteranno per sempre contro il loro innato istinto di odiare le donne? Mona Eltahawy ha rinchiuso uomini e donne in una situazione non negoziabile, caricando gli uni di odio e le altre di impotenza; in quanto donna di colore e di origini mediorientali, non permetto che la mia voce venga cooptata. Mona Eltahawy sarà anche una di noi, ma non è “noi” e nemmeno ci determina.

L'attivista egiziano per i diritti umani Hossam Bahgat [13] ha twittato:

@hossambahgat [14]: “I musulmani odiano le proprie donne” non è differente da “i musulmani sono essenzialmente violenti”. Che grande danno per la nostra lotta.

In un articolo chiamato “Non penso proprio che ci odino!” [15], la ricercatrice Nahed Eltantawy ha parlato di “tutte le donne arabe che hanno acquisito potere della Primavera Araba”:

Quando guardo queste eroine arabe, che hanno reso orgoglioso il proprio popolo, non vedo odio. Vedo amore, compassione e comprensione tra giovani uomini e giovani donne che hanno la volontà di lavorare insieme per creare vite migliori, più libertà e governi giusti per tutti. Quindi – a Eltahawy – dico che il tuo articolo non mi rappresenta, in quanto non mi sento odiata. Sì, ho preoccupazioni che potrebbero essere simili o diverse dalle mie sorelle in Egitto. Ma sono fiduciosa che qualsivoglia problema sociale, culturale, politico ed economico io affronti, saranno sfide che possono essere combattute invece di incolpare semplicemente la misoginia.

Ayesha Kazmi, che scrive su un blog come American Paki [16], è rimasta delusa dal modo in cui l'articolo di Eltahawy “ha frantumato in modo spettacolare il femminismo”:

Dichiarare che “la vera guerra alle donne è in Medio Oriente” rivendica la legittimità delle donne arabe nella guerra contro le donne, che io vedo come un fenomeno globale e non specifico delle donne arabe, e lascia milioni di donne non-arabe, anch'esse vittime di misoginia sistemica, ad arrangiarsi. Mona ha pericolosamente isolato le donne non-arabe da una guerra che è globale. Se Mona avesse voluto rivolgersi specificatamente alla situazione delle donne arabe, avrebbe dovuto farlo senza appropriarsi della guerra intera come se fosse sua. Prendiamo, ad esempio, il mondo musulmano: onestamente, lei riuscirebbe a guardare negli occhi una donna afgana o pakistana e leggere loro il titolo di questo pezzo senza indietreggiare?

La studentessa mediorientale residente negli U.S.A. Shadi Hamid ‏ha così commentato:

@shadihamid [17]: Qualsiasi cosa pensiate dell'articolo di @monaeltahawy, la dice lunga che molte delle persone che sta tentando di “liberare” paiono non essere d'accordo con lei.