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Cambogia: iniziative a tutela dei diritti umani

Categorie: Asia orientale, Cambogia, Citizen Media, Diritti umani, Governance, Politica

Numerosi gruppi della società civile stanno facendo pressione sui leader mondiali che parteciperanno al ventunesimo summit [1] [en, come i link successivi] dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico a Phnom Penh, richiedendo la creazione di un ordine del giorno per la protezione dei diritti umani in collaborazione con il governo cambogiano.

L'associazione Human Rights Watch [2] ha pubblicato una relazione che documenta la progressiva violazione dei diritti umani durante il mandato del primo ministro in carica, che ha detenuto il potere per gli ultimi 27 anni. Il gruppo ricorda ai governi donatori, tra cui gli Stati Uniti, di intraprendere un dibattito sui diritti umani con i leader cambogiani:

Il messaggio inviato al popolo cambogiano è che persino degli assassini di cui tutti conoscono l'identità sono al di sopra della legge se ottengono protezione da parte dei leader politici e militari del Paese. I governi donatori, invece di fare pressione sull’individuazione dei responsabili, hanno adottato un atteggiamento di indifferenza. La lista di omicidi a sfondo politico avvenuti negli ultimi venti anni è raccapricciante. Benché ogni caso desti clamore tra l’opinione pubblica, gli ufficiali non fanno nulla in merito e gli esecutori o il governo che li protegge non sono esposti ad alcuna conseguenza.

Nei mesi scorsi, diverse organizzazioni a favore dei diritti umani hanno firmato una dichiarazione [3] in cui condannano la “cultura dell’impunità e della violenza” che vige nel Paese:

Le autorità non solo hanno il dovere e l’obbligo di assicuare che la cultura dell’impunità non sia giustificata in alcun caso, ma devono anche lottare contro di essa e farne una priorità.

Noi, i 122 gruppi della società civile sottofirmatari, crediamo che la violenza nei confronti dei cittadini non sia accettabile in nessun caso, per cui ne chiediamo la cessazione immediata. Continueremo anche a monitorare singoli casi in merito ai diritti in materia di terra, lavoro e risorse naturali. Inoltre, ci poniamo l’obiettivo di intraprendere delle negoziazioni col Governo Reale della Cambogia con lo scopo di rafforzare la gestione della legge e interrompere l’attuale ciclo di violenza e impunità.

Evicted residents of Phnom Penh live in 'refugee' like camp [4]

I residenti della comunità di Borei Keila sono stati sfrattati a Phnom Penh per lasciare spazio a un nuovo complesso commerciale. Foto di Stephen Ford. Copyright @Demotix (6/6/2012)

Negli ultimi anni, in Cambogia sono scoppiate [5] dispute sull’utilizzo dei terreni. Le comunità contadine sono state vittime di sfollamenti a causa di progetti edilizi che hanno anche comportato una preoccupante distruzione dell’ambiente in varie province. Gli ambientalisti figurano tra coloro che hanno visto i propri diritti umani violati.  Lo scorso aprile,  l'esponente di spicco tra gli oppositori della deforestazione è stato ucciso [6] nella provincia di Koh Kong.

La morte della guardia forestale Chut Wutty, che stava studiando dei resoconti sulla deforestazione illegale, ha messo in rilievo le minacce a cui vanno incontro dissidenti e oppositori.

Licadho, un gruppo per i diritti umani che ha seguito il caso di Chut Wutty, deplora il modo in cui il processo è stato condotto, descritto come “una farsa” [7] sin dall’inizio:

Le indagini sull’omicidio di Chut Wutty sono state una farsa sin dal’inizio – a partire dale ridicole spiegazioni sul motivo della sua morte fino alla presentazione di conclusioni vaghe e incontestate mascherate da processo.

E’ un vero e proprio precedente agghiacciante per chiunque voglia schierarsi contro lo status quo in Cambogia.

Il cosiddetto processo è stato più che altro un patteggiamento veloce e poco convincente. La morte di Wutty merita giustizia vera, e per far ciò sono necessarie indagini reali e la divulgazione pubblica di prove credibili per combattere la continua percezione di impunità che circonda questa tragedia.

Protesters demand freedom for imprisoned activists in Phnom Penh [8]

Manifestanti davanti alla Corte d'Appello a sostegno di due attiviste per la difesa dei terreni. Foto di Thomas Cristofoletti. Copyright @Demotix (11/7/2012)

Mu Sochua [9] rende omaggio a Chut Wutty:

A Vuthy, la terra è vita e le foreste sono vita.

La sua vita è stata perennemente in pericolo ma la sua anima era pura come Prey Lang [10].

Dobbiamo scavare molto, molto a fondo per scoprire la radice del problema, e la domanda che ci dobbiamo porre è: chi sta vendendo la Cambogia alle aziende?

Le concessioni economiche autorizzate dal primo ministro vanno ben oltre i terreni coltivabili e le foreste vergini della Cambogia.

Non ha ascoltato l’appello accorato della gente di Prey Lang.

Ha detto: “Mi dimetterò se verrà persa anche una singola foresta o un singolo albero abbattuto”.

Bene, è arrivato il momento.

Il popolo cambogiano non ha avuto fiducia nelle indagini condotte dale autorità. Perché dovremmo averne noi?

Chiediamo l’istituzione di un comitato indipendente con pieni poteri sulle indagini.

E chiediamo la fine delle concessioni economiche.

Chiediamo elezioni libere e trasparenti, in modo che il popolo possa votare con coscienza.

Chiediamo giustizia per Chut Vuthy, Chea Vichea, e molti altri.

John Walsh [11] compiange l'omicidio di Chut Wutty:

La recente morte dell’esponente di spicco dell’ambientalismo cambogiano rivela una terribile verità sui rischi che si corrono quando si prova a difendere la propria terra dallo sfruttamento. Chut Wutty si è schierato contro la deforestazione e il disboscamento illegale nel suo Paese sin dagli anni Novanta.

Sia che Chut Wutty sia stato ucciso da uno zelante ufficiale subalterno o che la sua morte sia stata usata come scusa per mandare un messaggio a chiunque si opponga allo sfruttamente dell'abmiente (o qualsiasi altra sia la spiegazione), l’incidente indica le possibili sfide a cui si va incontro quando ci sono degli interessi economici in ballo. Eppure, dal momento che ci sono persone coraggiose con la voglia di opporsi all’ingiustizia e allo sfruttamento, possiamo serbare dell’ottimismo per il futuro.