Palestina: Abbas rinuncia al “diritto al ritorno” dei palestinesi?

In un'intervista alla televisione israeliana il Presidente palestinese Mahmoud Abbas ha pubblicamente rinunciato al suo diritto a tornare a Safed [it], sua città natale oggi diventata parte del Distretto Nord di Israele.

“È mio diritto visitare [Safed], ma non viverci”, ha detto Abbas, e ha aggiunto: “credo che la Cisgiordania e la Striscia di Gaza siano Palestina e che le altre zone siano Israele”.

Cosa significa “diritto al ritorno” dei palestinesi?

La dichiarazione di Abbas tradisce il principio del “diritto al ritorno” dei palestinesi e rappresenta una vera e propria resa. Coloro che rivendicano questo diritto ritengono che le decine di migliaia di rifugiati palestinesi, cacciati dalle proprie terre durante l'occupazione israeliana del 1948 e la guerra dei sei giorni del 1967 [it], e i loro discendenti debbano tornare nei loro luoghi d'origine e rivendicare le proprietà che gli furono tolte.

Durante la pulizia etnica della Palestina nel 1948 [en, come i link successivi, eccetto ove diversamente indicato]  come scrive lo storico israeliano Ilan Pappe, i gruppi paramilitari ebraici Haganah [it] and Irgun [it] distrussero centinaia di villaggi palestinesi ed espulsero decine di migliaia di persone, al fine di instaurare lo Stato di Israele.

Inoltre, dopo la guerra dei sei giorni tra Israele e gli stati arabi confinanti – Egitto, Siria e Giordania – migliaia di palestinesi fuggirono dalla Cisgiordania e dalla Striscia di Gaza, occupate dalle forze israeliane.

Secondo l'Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l'Occupazione il numero di rifugiati palestinesi ammonta a circa 5 milioni. La loro rivendicazione del “diritto al ritorno” in luoghi che oggi fanno parte dello Stato Israeliano ha rappresentato per decenni il principale ostacolo ai negoziati di pace. Un ritorno massiccio di cittadini palestinesi nei territori oggi israeliani cambierebbe drasticamente gli equilibri demografici di queste aree, causando cioè un aumento della popolazione palestinese a scapito di quella ebraica, cosa che Israele non accetterebbe mai.

Le reazioni sui social media

Munnera, una palestinese che vive in Qatar, scrive su Twitter:

#Abbas parla per sé e solo per sé. I palestinesi non rinunceranno mai al loro ‘diritto al ritorno’.

Rafeef Ziadah, poetessa performativa e attivista palestinese residente a Londra, la pensa allo stesso modo:

Abbas non parla per tutti i rifugiati palestinesi, noi non l'abbiamo eletto…

Shaima si chiede se Abbas stia riunciando definitivamente a rivendicare il “diritto al ritorno” del suo popolo:

#Abbas dice di non avere alcun diritto a tornare nel posto in cui è nato (Safed) come residente, ma solo come turista. Significa che sta rinunciando al “diritto al ritorno”?!

diritto al ritorno

“Il mio nome è Zina. Tornerò nel mio villaggio natale Ijzem, ad Haifa”; “Il mio nome è Yasmin. Torneò nel mio villagio natale Ijzem, ad Haifa” foto pubblicata su twitter dall'utente @SafaAMadi

Le dichiarazioni di Abbas non hanno sorpreso Ahmed Masoud, scrittore e accademico palestinese, anche lui residente a Londra:

Perché si meravigliano tutti di quello che dice #Abbas ma non di quello che fa durante i negoziati? Quello lì si è venduto tanto tempo fa #Palestine #Belfour

Asa Winstanley, responsabile di Electronic Intifada, ha dato del “cane” ad Abbas [Kalb in arabo] per aver platealmente dichiarato la resa in televisione. L'utente scrive:

Abbas appare sulla TV israeliana e rinuncia personalmente al suo diritto al ritorno. Eppure per gli israeliani non si è prostrato abbastanza. Chinati di più, kalb [cane]

Su Electronic Intifada Nour Joudah, insegnante palestinese residente a Ramallah, risponde ad Abbas:

Mio padre ha quasi 80 anni e ha tutto il diritto di visitare Isdoud. Io e i miei fratelli abbiamo tutto il diritto di vedere l'erba su cui una volta c'era il nostro villaggio. Ho il diritto di tornare e ricostruire la Palestina da zero. Dall'inizio alla fine. Così come ne hanno il diritto tutti i rifugiati e i loro discendenti.

I bambini di Safad che vivono a Shatila e a Ein el-Hilweh, e in tutti i campi in Libano, non sognano la sua Ramallah, Signor Presidente. Sognano la loro Safad.

Nel caso volessimo rinunciare al nostro diritto al ritorno, glielo faremo sapere.

Non confonda la stanchezza e la frustrazione della sua gente con la resa. Non confonda la voglia di riorganizzarsi dei nostri giovani e la loro voglia di conoscere la propria storia con la mancanza di una visione di insieme.

La dichiarazione di Balfour:

Le dichiarazioni di Abbas sono coincise con il 95esimo anniversario della Dichiarazione Balfour del 1917, considerata la prima dichiarazione significativa fatta da una potenza mondiale in favore di un “focolare nazionale” ebraico in quella che fino ad allora era stata la Palestina.

La dichiarazione (2 Novembre 1917) era contenuta in una lettera scritta dal Segretario di Stato per gli Affari Esteri Arthur James Balfour e indirizzata a Lord Rothschild, principale rappresentante della comunità ebraica in Gran Bretagna. Nella lettera Balfour dichiarò “simpatia” da parte della Gran Bretagna “per le aspirazioni dell'ebraismo sionista” e sostegno per “la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico”.

L'utente Asa Winstanley scrive su Twitter:

È il 95esimo anniversario della Dichiarazione Balfour che ha portato alla distruzione della Palestina. Il mio disprezzo per l'Impero Britannico non avrà mai fine.

E aggiunge:

Da gallese mi sento di dover precisare che fu una disgrazia avere David Lloyd George come Primo Ministro responsabile della Dichiarazione di Balfour.

Un altro utente, @Tsharrafna, infine commenta:

Le infide dichiarazioni di #Abbas sono coincise con l'anniversario dell'episodio più infido della storia: la Dichiarazione di Balfour.

1 commento

  • Quasi un secolo è trascorso dalla vergognosa dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917, la stessa data nella quale noi commemoriamo i nostri morti… Incalcolabile è il numero dei morti palestinesi che in questo secolo hanno perso la vita in difesa della propria terra. Il “venduto” Abbas, con le sue parole, ha rinnegato e sputato sulla loro memoria! C’è solo da augurarsi che i cosiddetti “grandi” del mondo operino con realismo e saggezza per rendere giustizia ai diritti dei Palestinesi fino a portare a compimento la profezia del salmista: “Verità e giustizia si baceranno”. Basta con le tracotanti imposizioni del “Superior stabat lupus”!

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