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Russia: la ‘cricca’ dei new media ne evita il fallimento?

Categorie: Europa centrale & orientale, Russia, Citizen Media, Cyber-attivismo, Economia & Business, Libertà d'espressione, Media & Giornalismi, Politica, Protesta, RuNet Echo

L'8 febbraio 2013, la rivista “socio-politica” online OpenSpace.ru ha sorpreso i suoi lettori con un titolo conciso: “Cari lettori, come dicono”. Per alcuni, questa è stata la prima e unica notizia riguardo la chiusura del sito web di stampo apertamente anti-Cremlino. Colpiti dalla spontaneità dell’azione e dalla mancanza di spiegazioni, alcuni utenti sospettano che dietro a questa azione ci sia qualcosa di losco; altri sono invece rimasti giustamente confusi – non è forse vero che OpenSpace era già stato precedentemente oscurato? A prescindere dalle reazioni a caldo, l’evento ha spinto alcuni siti a compiere un esame di coscienza.

Messaggio iniziale della homepage di OpenSpace. Ad oggi il sito risulta ancora operativo, ma non aggiornato. Schermata del 24 febbraio 2013. [1]

Messaggio iniziale della homepage di OpenSpace. Ad oggi il sito risulta ancora operativo, ma non aggiornato. Schermata del 24 febbraio 2013.

Dopo tutto, OpenSpace non è unico nel suo genere – è solo uno dei numerosi progetti a metà tra blogging e giornalismo tradizionale presenti sui network russi. Colta.ru [2] [ru, come i link successivi, eccetto ove diversamente indicato], Slon.ru [3], Snob.ru [4], PublicPost.ru [5], OpenSpace.ru [6]… Nati negli ultimi anni, questi siti web, oltre ad avere nomi molti simili, condividono anche una sensibilità aggiornata (se non addirittura modaiola) in quanto a design e contenuti, così come una direzione editoriale improntata alla protesta. Nonostante si sforzino per differenziarsi (Snob, per esempio, si pone come una collaborazione internazionale di professionisti parlanti russo), risulta difficile distinguerli. Le somiglianze ideologiche sono ulteriormente esacerbate dall'incestuosità del “Quarto Potere” moscovita – per esempio, Colta.ru [2] è diretto dal precedente team editoriale della prima versione di OpenSpace.ru [6].
Alla luce di tutti questi fatti, Anton Nosik, uno dei “guru” del web russo, commenta scherzosamente [7] tale chiusura:

“[…] из интервью теперь уже бывшего главреда Максима Ковальского ресурсу Colta.Ru стало известно, что ориентиром для покойного издания служил Slon.Ru. Это признание утешает, поскольку сам Slon.Ru жив и здоров, на радость своим поклонникам.”

“[…] dall’intervista al (ormai ex) capo editoriale Maksim Kovalsky (ex del Kommernstat-Vlast) pubblicata su Colta.ru abbiamo scoperto che la defunta pubblicazione aspirava ad essere come Slon.ru. Questa ammissione è confortante, in quanto Slon.ru è vivo e vegeto, per la gioia dei suoi fan.

Il blogger e giornalista Maksim Kononenko rimarca [8] con lo stesso tono:

“никто уже не ориентируется во всех этих слонах, опенспейсах, кольтах и прочем. везде один и тот же унылый контент. везде один и тот же кашин. везде посещаемость меньше штата.

“Nessuno può fare testa o croce di tutti questi elefanti (“slon” in russo), OpenSpace, Colt, ecc. ovunque è sempre il solito vecchio kashin, ovunque ci sono più membri dello staff che visitatori unici.”

Kononenko fa riferimento al popolare giornalista dell'opposizione Oleg Kashin, ex membro del Kommersant, che scrive e pubblica per Slon, Snob, Colta, e, fino a poco tempo fa, per OpenSpace. Kashin ha apparentemente lasciato OpenSpace poco tempo prima della sua chiusura, scrivendo [9] sul suo profilo Facebook “Me ne sono andato da quel c***o di sito giusto in tempo”. Sempre in quel giorno, ha denigrato le varie teorie che circolano online riguardo alla chiusura del sito:

“Вот сейчас, в эту минуту – в чатах, смсках, открытых тредах, где-то еще, – рождается консенсусная версия того, как на самом деле. Утром она сформируется окончательно. Решит молва, что политика, будет политика. Решит, что самодурство, будет самодурство. Ждем, волнуемся.”

Giusto ora, in questi primi minuti – nelle chatroom, via sms, negli open threads, e ovunque – è nata una sorta di consenso riguardo a cosa sta accadendo. In mattinata raggiungerà la sua forma finale. Se le voci dicono che ciò possa avere a che fare con la politica, allora politica sarà. Se dicono che è stupidità cronica, allora stupidità cronica sarà. Stiamo aspettando, è tutto incerto.

Contrariamente alla previsione di Kashin, questo consenso non si è mai formato del tutto. Anche se la versione ufficiale è che OpenSpace è stato chiuso su ordine del suo finanziatore, Vladim Belyayev, in quanto mancava di autosufficienza finanziaria – alcuni credono che la motivazione reale sia politica. L’ex capo redattore di OpenSpace Maksim Kovalsky in una intervista rilasciata per Bolshoi Gorod ha affermato a tal riguardo [10]:

Неважно, как мне это было сформулировано, но я делаю некоторые выводы. Я склонен считать, что за этим Кремль угадывается.

non importa come sia stato riferito a me – io sto traendo le mie conclusioni. Credo che il Cremlino sia palesemente dietro tutto questo.

Katya Gerasicheva, collega editrice di Kovalsky per project w-o-s.ru [11], progetto fratello di OpenSpace ma orientato all’intrattenimento e tuttora operativo, si è detta d'accordo [12] che l’argomentazione finanziaria abbia un significato politico. Roman Fedoseev, ex editore di w-o-s.ru, ha spiegato [13] perchè la motivazione finanziaria fa acqua da tutte le parti – entrambi i siti web hanno recentemente firmato proficui contratti pubblicitari che ora dovranno essere sospesi. A favore di ciò c’è anche il fatto che la decisione è stata in realà presa nell’arco di una sola giornata, senza nessuna richiesta di aumenti degli introiti o di riduzione delle spese. Fedoseev ha tetramente concluso:

аргумент «мы маленькие, поэтому нас не трогаю» больше не работает.

“L’argomentazione “siamo piccoli, e quindi non ci toccheranno mai” ora non regge più

Eppure, non si può negare una spiegazione “prettamente professionale”. Dopo tutto, come affermato precedentemente, OpenSpace aveva chiuso i battenti una volta già in precedenza, durante l’estate 2012 – un anno dopo esser stata acquisita dall’investitore Vadim Belyaev, un contratto che sembrava aver risollevato le sorti finanziare del sito. Questa precedente versione di OpenSpace aveva una natura meno politica e fu presumibilmente chiusa per problemi economici. La riapertura è avvenuta un mese dopo con un sito web rimodernato e un nuovo team al timone. Ma neanche questa è durata come la precedente.
Forse ora Belyaev ha semplicemente perso la pazienza con quello che sembra esser stato un acquisto problematico sin dall’inizio. Certamente, c’è una teoria più semplice, anche se più piccante: si dice [14] che sia sposato con la redattrice di w-o-s-.ru, Gerasicheva, e, in quanto stiano attualmente divorziando, abbia deciso di chiudere ogni partnership.
Ci potrebbe essere ancora altre ragioni. Secondo Andrei Goryanov, redattore di Slon.ru, OpenSpace non era semplicemente un ottimo sito [15] quanto piuttosto un interessante esperimento. D’altra parte Kristina Potuchik, precedentemente addetta stampa del NASHI, crede [16] che il team editoriale di OpenSpace non fosse sufficientemente produttivo:

6-7 материалов в день, каждый с посещаемостью в районе 2-3 тысяч просмотров – не та структура, которую должны обслуживать два десятка сотрудников в штате […]

6-7 articoli al giorno, ogni 2000-3000 visitatori non è il tipo di struttura che dovrebbe essere supportata da uno staff di 20 membri.[…]

Il blogger culturale Corpuscula incolpa [17] a un generale malessere che colpisce i new media locali. Secondo lei, nonostante la presenza di diverse nicchie di contenuto completamente vuote, questi grandi gruppi sono semplicemente troppo inefficienti per aproffitarne. Più che assumere persone entusiaste, i magnati dei network russi agiscono in tal modo:

соберите 20 человек, которые не будут ничего писать, платите им деньги за то, что они найдут людей, которые будут переписывать за небольшие деньги то, что энтузиасты и графоманы у себя написали бесплатно, профит!

Mettono insieme 20 persone che non scriveranno niente, daranno loro soldi per trovare delle persone che, per piccole somme di denaro, riscriveranno ciò che altre persone entusiaste avranno già scritto gratuitamente, senza alcun profitto!

Secondo Pavel Pryanikov, [18]curatore dell’indipendente ttolk.ru [19], questa è stata la storia di Colta. Quando Belyaev ha licenziato il vecchio team editoriale di OpenSpace, lui ha dato loro fondi a sufficienza per poter finanziare il loro sito web per tre mesi – così è nato Colta. Il denaro non è durato a lungo, nonostante una iniezione di capitale tramite crowd-funding, e il sito web ha chiuso i battenti velocemente. La ragione è stata la grandezza del team editoriale (11 redattori con il contributo di altro personale dello staff), combinata con la scarsa produttività di 17 articoli per settimana, 6 dei quali scritti dai redattori, il resto da autori esterni. Pryanikov ha sostenuto che tali esagerate pubblicazioni on line sono possibili attraverso sovvenzioni:

Государство и олигархат на волне полуполитических […] требований «креативного класса» спешно создаёт фиктивные рабочие места для них.

In una ondata di richieste semi-politiche della “classe-creativa” lo stato e l’oligarchia stanno frettolosamente creando fittizi lavori per loro.

Colta ha riaperto i battenti, presumibilmente avendo trovato uno sponsor. Progetti come questo e come OpenSpace continuando a essere finanziati. E così, nessuno sarà particolarmente sorpreso se tra un anno e mezzo Kovalsky e il suo team avranno finito di dirigere altri siti web, una versione astratta di Snap o CivicScope. Oleg Kashin o Dmitry Bykov saranno felici di poter scrivere un altro editoriale, e così il ciclo ricomincerà.