Africa: un blog mette in discussione l'idea occidentale dell'Africa

Africa is a Country” [en, come i link successivi salvo dove diversamente indicato] non è l'ennesimo blog su “carestie, Bono o Barack Obama”, avverte la sua descrizione su Facebook.
Il suo fondatore, Sean Jacobs, ha spiegato a Global Voices che il blog, dal nome ironico, ha tra i suoi obiettivi quello di sbarazzarsi della narrativa sull'Africa dominante nei media occidentali, “l'eterna storia lacrimosa”. Il blog vuole pertanto essere il punto di incontro di studenti, scrittori, artisti, registi, blogger e direttori artistici che, attraverso la creazione di post, stesura di scritti originali, critica sui media e realizzazione di cortometraggi e fotografie, stanno lavorando al progetto comune di reinventare l'Africa come comunità.

 

SeanJacobs.

Il fondatore di Africa is a Country, Sean Jacobs. Foto realizzata con il suo gentile consenso da Global Voices.

 

Siamo riusciti ad ottenere alcune informazioni sulla nascita del blog dallo stesso Jacobs, un ricercatore in Comunicazione e Relazioni Internazionali che insegna alla The New School di New York.

Ndesanjo Macha (NM): Qualche tuo breve dato biografico?

Sean Jacobs (SJ):

Sono nato nel Sud Africa dell'Apartheid e cresciuto in un sobborgo di classe operaia di colore. Sono un prodotto della segregazione, dei movimenti studenteschi contro l'Apartheid e dell'euforia rappresentata dalla libertà politica ottenuta in Sud Africa. Ho frequentato l'Università di Cape Town (in quel periodo ancora caratterizzata
da una dominante componente bianca) grazie ad una borsa di studio e lavorato per un breve periodo come giornalista prima di arrivare negli Stati Uniti alla metà degli anni '90 come borsista Fulbright […].

Alla fine dei miei studi sono tornato in Sud Africa poichè sentivo che avrei rimpianto di non collaborare in prima persona al mantenimento della democrazia da poco ottenuta. Nel 1997 sono stato assunto dall'Institute for Democracy del Sud Africa, un'organizzazione dal ruolo cruciale nel processo di transizione politica del paese. […]

Nel 2001 sono rientrato a New York avendo ottenuto una borsa di studio per un master alla New School e in seguito mi sono stabilito a New York definitivamente e mi sono sposato. Al momento mi considero un immigrato di origini africane (ho due bambini che sono nati qui) e, anche se continuo ad interessarmi alla politica sudafricana, devo anche tenere d'occhio come il continente (africano) e i suoi abitanti sono rappresentati dai media qui. È in quest'ottica che nasce Africa is a Country.

NM: Di che si tratta?

SJ: Nasce come blog, che col tempo – mi preme sottolineare come l'idea non fosse chiara fin dall'inizio – si è trasformato in un vero e proprio collettivo che lavora insieme per sfidare e destabilizzare l'immagine che i mass media occidentali (volendo con questo termine includere i mezzi tradizionali dell'informazione, ma anche i social network e i media di informazione globale, come Al Jazeera) danno del continente Africano e della sua gente.

Al momento, nostro principale canale di divulgazione è il blog, anche se in passato abbiamo collaborato a festival di cinema, fatto alcune pubblicazioni e ospitato eventi pubblici. Consideriamo membri della nostra comunità anche coloro che leggono e commentano il nostro sito quotidianamente e abbiamo trovato alcuni dei nostri post e dei nostri collaboratori proprio tra i nostri lettori.

 

NM: Perché questo titolo? L'Africa non è un continente?

SJ:

Ovviamente non crediamo letteralmente che l'Africa sia un paese, il titolo è ironico e vuol essere una reazione alle vecchie immagini del continente. Come uno dei nostri membri più importanti, Neelika Jayawardane, spiega sulla nostra pagina Facebook, il blog è questo e altro. Africa is a Country opera infatti anche per formare una specie di “paese”, la cui influenza possa superare i confini nazionali, le barriere del continente e dei pregiudizi concettuali intorno ad esso.

Per questo il blog annuncia che l'Africa è davvero un paese, una communità idealizzata i cui cittadini devono riscriverne la narrativa e ricrearne l'immagine. Spero di essermi spiegato.

NM: Come è nato questo titolo?

SJ:

Non so specificare il momento o la fonte precisa alla sua origine. Sicuramente molti fattori hanno contribuito. Innumerevoli personaggi famosi e politici (inclusi molti che hanno poi negato di averlo mai detto) hanno commesso l'errore di parlare del “paese africano” o di essere vaghi riguardo al posto specifico in cui avevano viaggiato visitando il continente o a quello che stavano descrivendo, che si trattasse di un paese, una città o un popolo. Anche molti giornalisti si sono riferiti all'Africa come ad un paese nei loro reportage e nei loro scritti.

Ma era anche una cosa che facevo regolarmente. Mentre tenevo un blog sotto il nome di Leo Africanus, ho iniziato ad utilizzare l'espressione “L'Africa è un paese” in varie pubblicazioni che riportavano errori e imprecisioni sull'argomento.

Questo titolo mi ha aiutato ad attirare l'attenzione di più lettori verso il blog o che le ricerche effettuate digitando “Africa is a country” portassero al blog.

NM:Chi sono gli autori coinvolti nella creazione del blog?

SJ:

Attualmente il nostro collettivo conta 30 membri principali e un ingente numero di collaboratori. Si tratta di un crogiolo di studenti, professori, attivisti, lavoratori del settore dello sviluppo, scrittori, studenti di giornalismo, critici d'arte, romanzieri, fotografi, registi, un DJ e un produttore di film, così come molti altri. […]

NM:

Qual è il profilo dei vostri lettori? Di dove sono la maggior parte di essi?

SJ:
A più di 11.000 persone piace la nostra pagina Facebook, quasi 20.000 ci seguono su Twitter e il blog riceve tra i 7.000 e i 10.000 click ogni giorno, per un totale di più di tre milioni di visite da quando abbiamo scelto questo nome. I nostri lettori vengono da tutto il mondo, anche se sono più diffusi dove la velocità di connessione ad Internet è superiore. Per questo motivo la maggior parte di essi vive o studia negli Stati Uniti e/o in Europa. Per quanto riguarda il continente africano, la maggioranza ci legge da Nigeria, Sud Africa e Kenya.

NM: Quali sono stati finora i principali successi del vostro blog?

SJ:

Questo lo devono decidere i nostri lettori. Vorrei citare quanto Elliot abbia scritto rispondendo alla stessa domanda : Abbiamo come la sensazione che i media globali, e per definizione questo significa occidentali anche se con alcune eccezioni, si sono rivelati molto spesso inadeguati a svelare l'Africa con la profondità e l'attenzione ai dettagli che richiede, dedicandole ancora meno attenzione in quanto luogo di sorprendente produzione artistica e culturale.

Il blog aspira ad offrire un'integrazione che ne corregga la percezione volta a scala internazionale – non presentando nuove, condiscendenti storie “positive” o promozioni neoliberali da pubbliche relazioni – ma attraverso un lavoro che presenti la vita culturale e politica quotidiana dell'Africa e della sua diaspora e si impegni a spiegarla con uno sguardo critico. […]

Ovviamente, non tutto ciò che facciamo è collegato ad argomenti seri. Siamo molto entusiasti di aver da poco lanciato una pagina intitolata “Football is a Country”. Siamo riusciti a coinvolgere in questo nuovo progetto alcuni eccellenti professionisti che vi parteciperanno attivamente e speriamo di riuscire ad espanderlo.

NM: Qual è il post più letto finora?

SJ:

Il post che finora è stato più letto è quello di Elliot Ross su Kony 2012. Ma ci tengo a nominare anche altri eccellenti post (e dovrò purtroppo tralasciarne altri di uguale importanza e qualità), come quello di Boima Tucker intitolato “esplorazioni sulla cultura DJ” e quello di Jeremy Weate su “When Kim Kardashian Came to Lagos” e “419ed e 419ers”. Allo stesso tempo abbiamo raccolto una serie di interviste, tra le quali ricordo quella realizzata da Zachary Rosen all'artista Toyin Odutola, quella di Corinna Jentzch al fotografo tedesco Gregor Zielke, quell di Amkhelwa Mbekeni con Bongeziwe Mabandla e lo storico Dan Magaziner all'autore di un libro su Marcus Garvey.

 

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