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Africa: La battaglia del poeta Aimé Césaire continua più forte che mai

Categorie: Africa sub-sahariana, Caraibi, Europa occidentale, Francia, Martinica, Senegal, U.S.A., Citizen Media, Cyber-attivismo, Diritti umani, Media & Giornalismi, Politica, Relazioni internazionali, Storia

Se il poeta Aimé Césaire fosse vissuto fino al 26 giugno 2013, avrebbe avuto 100 anni. La celebrazione di questo centenario è un'opportunità per rendere omaggio al cantore dell’ identità africana anti-coloniale, del movimento della “negritudine” [1][fr, come i link seguenti, eccetto dove diversamente indicato]: oggi caratterizzato da una globalizzazione sfrenata, in cui i popoli si somigliano al di là dei confini nazionali e continentali e desiderano, allo stesso tempo, di distinguersi gli uni dagli altri per la propria identità. È come se la visione che negli anni '30 aveva chi ha combattuto per il rispetto delle differenze culturali, 80 anni dopo, fosse diventata una realtà tangibile. Attualmente il razzismo è combattuto in quasi tutti i paesi del mondo. Ma ci sono ancora delle ingiustizie, il verdetto del processo di Trayvon Martin [2] ne è la prova [3] [en].

Trayvon Martin via wikipedia CC-BY-3.0 [4]

Trayvon Martin, foto su Wikipedia CC-BY-3.0

La dignità dell'uomo ora è messa in ridicolo in modi più sottili e sfumati, come la pressione economica. Da qui la necessità di mobilitarsi di nuovo per combattere questo virus dell'oppressione umana, che prende forme differenti nel corso del tempo. Il successo del grido di Stéphane Hessel “Indignatevi!”, che in qualche maniera ha avuto come risposta la Primavera araba, brasiliana ed europea, in questo senso è rivelatore. Uno sguardo alla vita del poeta impegnato [5] è d'obbligo:

Nato in Martinica il 26 giugno 1913, Aimé Césaire, poeta e uomo politico, è morto nel suo paese natale il 16 aprile 2008, alla veneranda età di 94 anni. La poesia di Césaire è un grande grido di rivolta contro il dominio coloniale. La sua opera, sia letteraria che sociologica, è un'arma contro la reificazione dei popoli neri da parte della colonizzazione europea. È un faro per la liberazione dell'Africa e per la riabilitazione delle culture negro-africane. Per apprezzare bene l'influenza determinante che Aimé Césaire, cantore del movimento della “negritudine”, ha avuto sulla liberazione e la rinascita dell'Africa e delle Antille dopo la seconda guerra mondiale, bisognerebbe porsi nella situazione coloniale dell'epoca.

 

Noel Kodia scrive sul blog le Pangolin Afrik [6]:

Dopo aver scoperto la letteratura, al liceo di Fort de France in Martinica e a quello di Parigi Louis-le-Grand con Léopold Sédar Senghor e Léon-Gontran Damas, nel 1939, fonda “Lo studente nero”, che si presenta come il proseguimento naturale di una rivista dell'epoca dal titolo “Legittima difesa”. Nello stesso anno, come volesse annunciare il suo ritorno in patria, pubblica “Diario di un ritorno al paese natale”, scritto in una lingua vulcanica e carica di aggressività che verrà accentuata, con rabbia legittima, in “Discorso sul colonialismo”. Il testo mette in risalto il percorso del poeta negro davanti al suo destino di colonizzato, il cui tema sarà il nervo principale dell'emblematico “Discorso sul colonialismo”. In questo grido di dolore, Aimé Césaire non si vede figlio di certi regni africani come il Dahomey o il Ghana.

 

Inscription d'Aimé Césaire, Panthéon, Paris, France [7]

Iscrizione di Aimé Césaire presso il Panthéon, Parigi, Francia. Immagine di Wikipedia – dominio pubblico

 

Aimé Césaire e la lotta per la dignità umana

Nicole Guihaimé, su Médiapart, racconta le sfide incontrate da Césaire lungo il suo cammino [8]:

Gli scritti di Aimé Césaire non gli hanno attirato le simpatie dell’Académie française che, generalmente, fa parte di quella destra vendicatrice forte delle sue certezze, che non rinnega la concezione della civilizzazione che ha inflitto alle colonie, e che Aimé Césaire non ha mai smesso di denunciare con eleganza e pertinenza. “La Francia pecorona avrà preferito Senghor e le sue parole fiorite, la sua poesia da bravo ragazzo, i suoi “versetti”, la sua stupida imitazione, pallidina e antiquata, di Claudel, le sue genuflessioni da uomo di cultura e il suo culto idiota di una civilizzazione altrettanto idiota dell'universale e di una francofonia bastarda; con lo stile di un purosangue, di un ribelle, di un ipersensibile Alioune Diop, di un Gontran-Damas, di un Césaire… Aimé Césaire resterà la cattiva coscienza del ventesimo secolo, di quelle generazioni che diedero al mondo il contrario di ciò che speravano. Farà parte di tutte le lotte progressiste dei suoi tempi. Avrà scritto, con il suo Discorso sul colonialismo, il libro più conciso, su quel tema il più forte. Avrà elaborato la più fondata contestazione verso questo sistema. Sarà stato uno scrittore straordinariamente dotato, un umanista sincero, generoso. […] Césaire è stato una lezione di onestà, d'amore per la lingua francese, un maestro di scrittura, una guida, una scuola di stile – lui, perfetto purosangue letterario – un punto di riferimento”.

 

Ecco un video del “Discorso sul colonialismo” [9] letto da Thymslab:

Per valutare l'impatto di Aimé Césaire sulla realtà odierna, è interessante andare a considerare uno scrittore contemporaneo come Alain Mabanckou, vincitore del Prix Renaudot [10] [en] nel 2006, intervistato da Grégoire Leménager sul blog le Pangolin [11]:

Alain in qualche modo porta avanti il lavoro dei pionieri, seguendo un percorso di autocritica relativamente oggettivo, e con uno stile dotato di un umorismo accattivante. Si imbatte negli stereotipi passati e presenti mostrando le diverse condizioni dell'uomo nero a seconda del luogo in cui vive. Il nero d'America sembrerebbe essere riuscito a vivere meglio in America che in Francia, e gli africani dell'ovest differiscono da quelli del centro per la percezione che hanno della loro storia e della loro attuale presenza nel mondo.