Arabia Saudita: il governo ostacola le organizzazioni per i diritti umani

Per le organizzazioni per i diritti umani è quasi impossibile lavorare legalmente in Arabia Saudita. Ancora una volta la monarchia assoluta ha bloccato gli sforzi del Centro Adala per i diritti umani [ar, eccetto ove diversamente indicato] per legalizzare il proprio lavoro nel paese.

L'azione legale del Centro contro il Ministero degli affari sociali di recente è stata respinta, attirando così le critiche degli attivisti. Il Ministero degli affari sociali si era rifiutato di registrare il Centro Adala come associazione ufficiale nel 2011, quando era stato appena fondato. La loro istanza [en] è stata respinta perché Adala non è un'organizzazione di beneficenza – l'unico tipo di organizzazione civile permessa nel Regno. Il tribunale ha affermato che il rifiuto del Ministero è compatibile con le leggi e i regolamenti.

Zaid al-Hussain, il vice presidente della Commissione del governo sui Diritti Umani, ha comunicato al quotidiano Al-Madina che si aspetta che verrà presto emanata una nuova legge sulla società civile.

L'avvocato di Adala, Taha Al-Hajji, ha fatto riferimento alla raccomandazione della Revisione Periodica Universale dell'ONU del 2008: “L'Arabia Saudita dovrebbe garantire ai rappresentanti della società e ai difensori dei diritti umani il proprio diritto a istituire organizzazioni e ad esercitare la libertà di espressione”. Al-Hajji ha detto al quotidiano Al-Hayat che “l'Arabia Saudita ha risposto in modo positivo alla raccomandazione, affermando che il Regno incoraggia la fondazione di organizzazioni per i diritti umani”.

Su Riyadh Bureau, il blogger Ahmed Al Omran ha spiegato [en]:

I tre giudici che hanno presieduto il caso hanno affermato nella sentenza che il rifiuto del Ministero degli affari sociali di registrare Adala come un'organizzazione autorizzata è compatibile con le leggi e i regolamenti. Il Ministero ha argomentato che la loro decisione di negare l'autorizzazione ad Adala era basata sul fatto che si possono autorizzare solo organizzazioni di beneficenza, e che le attività di Adala non sono comprese nella loro definizione di beneficenza.

Anche il fatto che i principi e i fini di Adala siano basati su leggi e accordi internazionali, come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, è stato preso in considerazione dai giudici, che hanno affermato che queste “leggi dell'uomo” non si accordano con la Sharia islamica.

Il giudice ha affermato che “usare queste leggi fatte dall'uomo senza restrizioni, come si evince dalla carta del Centro, viola l'articolo 7 del Sistema di Base di Governo”. Il Sistema di Base di Governo è una sorta di Costituzione dell'Arabia Saudita, dove le norme non codificate della Sharia islamica rimangono la legge suprema, e ai giudici, la maggior parte dei quali ha una formazione religiosa, viene garantito il potere smodato di emettere decisioni in base alla propria interpretazione della legge.

L'Unione per i Diritti Umani:
L'Unione per i Diritti Umani [en] ha affrontato una situazione simile lo scorso maggio. Tutti i membri sono stati convocati [en] presso l'ufficio delle indagini e le persecuzioni. Lì è stato chiesto loro di sospendere tutte le attività finché l'unione non otterrà l'autorizzazione, altrimenti dovranno fare i conti col carcere.
In seguito, il Ministero degli affari sociali ha respinto la loro istanza e ha chiesto loro di attendere la nuova legge sulla società civile.

Su Twitter, l'attivista Dr Madawi Al Rasheed ha commentato il continuo giro di vite sulle organizzazioni per i diritti umani e sugli attivisti, affermando:

Più aumenta la consapevolezza della gente delle opere per i diritti umani, più le autorità ricorrono all'imprigionamento degli attivisti per dissuadere altre persone dall'unirsi a loro. Ma questa strategia è destinata a fallire nel lungo periodo.

L'Associazione per i Diritti Civili e Politici in Arabia Saudita:
A marzo, un giudice ha disposto [en] la dissoluzione della non-autorizzata Associazione per i Diritti Civili e Politici in Arabia Saudita [en] (ACPRA), oltre ad aver incarcerato due dei suoi membri. Altri cinque membri sono in prigione con varie accuse, tra le quali “aver mancato di fedeltà al sovrano e al suo successore”, “aver tentato di impedire gli sviluppi del paese” e “aver parlato con i canali dei media stranieri”.

Sotto la legge saudita la maggior parte delle forme di associazione è bandita, e le adunanze pubbliche sono limitate [en]. Le organizzazioni per i diritti umani devono ottenere l'autorizzazione per mettersi all'opera, ma il Ministero raramente gliele concede. La monarchia non riconosce diritti umani fondamentali come la libertà di parola. La maggior parte dei procedimenti legali contro gli attivisti per i diritti umani nell'ultimo anno sono stati avviati poiché i membri sono coinvolti in organizzazioni che “non hanno il permesso” di operare.

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