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#OccupyMyself: confessioni e riflessioni di una disertrice dei social network

Categorie: Citizen Media, Salute, Tecnologia, The Bridge

Online cat [1]

Se Ranya [2][en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione], compagna di blog qui su Global Voices, non fosse venuta a Londra a settembre, probabilmente non avrei mai saputo niente della Social Media Week [3]. Sembra un evento internazionale talmente rilevante che tutti coloro che collaborano con Global Voices ne erano a conoscenza. Tutti, tranne me: io diserto i social network. 

Twitter è il primo che ho abbandonato. Dopo un periodo di uso smodato durante le elezioni nazionali in Brasile del 2010, ero sfinita. Si trattava di quello che in gergo chiamano “sovraccarico di informazioni”? Al di là della stanchezza fisica, mi rendevo conto che non potevo tenere tutto sotto controllo e questo mi faceva sentire impotente. Ero dipendente dall'energia e dal continuo fermento dato dai social network, ma non potevo andare avanti così. All'inizio del 2011, lo avevo abbandonato completamente.

Dopo una sindrome da astinenza, che mi faceva fissare ripetutamente la pagina di login di Twitter, ho cominciato a sentirmi meglio. Di colpo avevo più tempo ed energie per fare le cose che mi piacevano, come leggere libri, e per provare cose che desideravo fare, come imparare a meditare.

Quella di lasciare Facebook è stata una decisione più ponderata. Dopo Twitter, era rimasto l'unico buco nero a rubarmi tempo. Stavo per iniziare un corso intensivo di psicosintesi [4] [it] in abbinamento a un nuovo corso di laurea, il mio tempo libero e la mia attenzione erano diventati troppo preziosi. Sapevo che Facebook riusciva a distrarmi e rubava tempo alla mia vita interiore, così ho fissato una “data di addio” prima del 2012, ho salutato quei pochi amici che ancora vedevano i miei aggiornamenti, nelle loro sempre più ricche timeline. Sapendo che tendo alla dipendenza, e che questo, non tanto i social network di per sé, erano alla radice del problema, ho disattivato tranquillamente l'account.

Per un po’ mi sono mancate cose come vedere le foto dei bambini e dei cuccioli dei miei amici, gli inviti alle feste, eventi interessanti e aggiornamenti quotidiani sulle persone a cui tengo. Non mi sono invece mancati gli inviti a provare giochi nuovi, i meme, essere bombardata di pubblicità. Di positivo c'è anche che sono diventata più selettiva riguardo alle informazioni che scelgo di leggere, e che poi alimenteranno i miei pensieri. Mi dispiace il fatto che solo pochi amici mi abbiano inviato foto o messaggi da qualche altra parte, e ammetto che non sono stata proprio brava a mantenere i contatti.

Mi manca la sensazione di “essere connessa” ma, a dire la verità, quando incontro persone che mi dicono cose come “ma non l'hai visto su Facebook?” e mi trovo sorpresa, perché tutti hanno visto le vecchie notizie sulle loro bacheche, di solito mi rispondono “ah, non mi ero accorto che hai disattivato l'account”. Ma queste connessioni hanno davvero significato per noi?

Twitter e Facebook non mi mancano, ma confesso che ho creato un account “falso” (non personale) per promuovere una causa lo scorso anno [5], e ho finito ad usarlo per seguire la gravidanza di un'amica, e poi per tenermi in contatto con una decina di amici stretti. Sono, comunque, un membro silenzioso del loro pubblico, non voglio che il grado dei nostri rapporti si capisca dalla mia bacheca. Google Plus ho dovuto attivarlo per forza di cose, perché molti miei colleghi hanno cominciato ad utilizzare gli Hangouts invece che Skype. E una volta ho aperto un account Twitter per un servizio che offrivo [6], ma l'ho trovato insopportabile. Mi sembrava di urlare in mezzo a una strada insieme a un sacco di altre persone che urlavano a loro volta. Assordante – e, in ogni caso, noioso. Sono tornata rapidamente al mio blog personale #occupymyself, [7]che poi sarebbe anche un hashtag.

Cat breaking free [8]

Tornerò mai ad utilizzare i social network? Non lo so. Mi mancano i miei vecchi amici. Mi manca incontrare persone simili a me come @giantpandinha [9], una delle mie migliori amiche nella “vita reale”, che senza Twitter non avrei mai incontrato. Mi manca farmi una risata ogni tanto leggendo qualche post frivolo. C'è ancora una vocina dentro di me che mi dice “ti stai perdendo un sacco di cose”. Qualche volta mi ritrovo a pensare di riattivare gli account, ma credo che aspetterò di finire l'università, quando avrò più tempo. Forse, allora, i social network disporranno di strumenti che consentano connessioni più consapevoli.

Ma forse, poi, quando avrò più tempo, preferirò fare yoga, giardinaggio, esplorare la natura, o fare molte altre cose della mia lista “cosa da fare prima di morire”. Mi godo il tempo passato offline dopo aver trascorso connessa i giorni lavorativi. Trascorro comunque molto più tempo davanti al computer di quanto vorrei, e ho letto meno libri di quello che speravo, ma è meraviglioso meditare tutti i giorni ed esplorare quella vita preziosa dentro di me, invece di essere distratta dagli altri. Prendermi del tempo per me stessa è stato il maggior cambiamento della mia vita da quando mi sono liberata dai social network.

Amo il fatto di non sentire più quel desiderio ossessivo di controllare, leggere, postare, condividere notizie o di misurare quanto valgono in funzione dei “retweet” o dei “like/mi piace”. Do più attenzione a quello che dice la gente, riesco a concentrarmi pienamente sulle cose che faccio. Libera da distrazioni esterne, mi sintonizzo meglio su me stessa.

Siccome non mi bastava essere libera dai social network, ho prenotato un trattamento di meditazione Vipassana [10] per le prossime settimane, dove trascorrerò dieci giorni a non fare altro che sedermi e meditare dalle 4 di mattina alle 9 di sera. Sfido i miei amici di Internet a farlo anche solo per dieci minuti!

Zen cat [11]

Paula Góes, dal Brasile, uscita dalla dipendenza dai social network, è l'Editor Multilingue di Global Voices.