Lunedì 16 dicembre, mentre la tropa de choque (polizia simile alla DIGOS) sgombrava a forza [pt, come i link successivi, eccetto ove diversamente indicato] i manifestanti che avevano occupato il Villaggio Maracanã, il 64enne leader della tribù Guajajara, José Urutau Guajajara (Urutau in lingua tupi significa gufo), si arrampicava sulla cime di un albero in segno di protesta, restandoci per 26 ore.
Nella tarda mattinata di martedì, Urutau, è stato portato via dai pompieri e trasportato con un'ambulanza. L’ uomo è diabetico e gli è stata data dell'acqua, sempre sotto stretto controllo della polizia; oltre a questo, secondo fonti del gruppo Mídia NINJA [it], i poliziotti hanno impedito che Urutau potesse nutrirsi. Alcuni, a sostegno dell'uomo, hanno provato a superare il divieto lanciandogli del cibo. Secondo il gruppo indipendente ZUMBI, Urutau, invece di essere accompagnato in ospedale, è stato portato direttamente in questura.
L'indigeno protestava esigendo di vedere il documento ufficiale che giustificasse lo sgombero. Il gruppo Olhar Independente, afferma che il documento in questione era vecchio e che quindi non aveva alcun valore. Una nota pubblicata all'interno del giornale Extra, ha confermato la situazione, rivelando addirittura che un agente non identificato avrebbe detto che gli ordini “non dovevano essere resi noti” dato che l'azione era “illegale”.
Il villaggio resiste e insiste
Su Facebook e Twitter, tramite l'hashtag #AldeiaResiste, il popolo del web ha commentato la vicenda. Anche organizzazioni internazionali hanno dimostrato il loro sostegno ai brasiliani, come la spagnola Take the Square e Occupy Wall Street [en].
La struttura del villaggio, formata da 14000 m², è stata assegnata al Servizio per la Protezioni degli Indios nel 1910. Dal 1953 al 1977, gli edifici sono stati sede del Museo degli Idios, ma successivamente al trasferimento, i palazzi sono stati abbandonati. Nel 2006, 23 etnie diverse di indigeni si sono riappropriate della struttura.
Ad agosto 2012, il governo dello stato di Rio e la prefettura avevano annunciato la demolizione degli edifici, per far spazio a costruzioni in occasioni dei mondiali di calcio, poiché nei pressi si trova lo stadio Jornalista Mário Filho, più comunemente noto come Maracanã [it]. Sul sito Avaaz, è stata creata una petizione per chiedere il riconoscimento della proprietà del villaggio agli Indios:
Neste local, indígenas de várias etnias vêm difundindo sua cultura há seis anos e em escolas particulares e públicas,exercendo direito garantido pela lei. Defendemos a criação de um centro de referência da cultura indígena.
In questo posto, da sei anni a questa parte, diverse etnie indigene promuovono la loro cultura in scuole pubbliche e private, esercitando un diritto garantito dalla legge. Difendiamo la creazione di un centro di riferimento della cultura indigena.
Nel video seguente, alcuni Indios spiegano la situazione all'epoca dei fatti in cui si contendevano lo spazio nel villaggio:
Nel 2013 il villaggio è stato rioccupato per la prima volta a marzo, per un totale di quattro volte. Il decreto, firmato ad agosto dal prefetto Eduardo Paes, (periodo dell'ultima occupazione), riconosce la presenza del Villaggio Maracanã in quel luogo e stabilisce la demolizione definitiva dell'edificio principale – ciò significa che lì non si può costruire qualcos'altro. Alla fine di settembre, “un giudice del ministero dell'economia e delle finanze ha firmato l'ordine che ne impediva la demolizione”, stabilendo che in mancanza di una direttiva governtiva, l'area spettava agli occupanti, ovvero gli indigeni.
Senza risposte sulla vicenda, sabato scorso alcuni attivisti hanno occupato il posto. Dopo un tentativo di espulsione nel giorno di domenica, la mattina di lunedì, 150 poliziotti della tropa de choque, seguendo ordini del governo statale, hanno circondato la zona e l'hanno sgomberata a forza. Dei 30 manifestanti, 25 sono state arrestati, ma attualmente già sono in libertà.
Martedì sera, dopo il divieto di far ritorno al villaggio, Urutau e altri sostenitori, si sono uniti ad alcuni studenti per occupare il rettorato dell'Università Statale di Rio de Janeiro – UERJ, chiedendo un incontro per discutere del progetto del Museo degli Indios. Il governatore Sérgio Cabral e l'azienda costruttrice Odebrecht, ancora non si sono pronunciati sull'accaduto.