Colombia: comunità sfollata per l'espansione del Porto franco a El Tamarindo

Questo articolo, scritto da Luke Finn, in origine è stato pubblicato [en, come gli altri link, eccetto ove diversamente segnalato] sul blog  Red Hot Burning Peace del NACLA (Congresso del Nord America per l'America Latina). Luke Finn è uno scrittore e un ambasciatore internazionale della Fellowship of Reconciliation Peace Presence in Colombia. Si è laureato all'Instituto Umanitario e di Risposta ai Conflitti dell'Università di Manchester. Seguite @Peace_Presence anche su Facebook.

La comunità di El Tamarindo è situata a circa tre chilometri da Barranquilla, la quarta città in ordine di grandezza in Colombia, il più grande porto e agglomerato urbano sulla costa colombiana che si affaccia sul mar dei Caraibi. È costituita da 120 ettari di terra nel comune di Galapa ed è la casa di circa 130 famiglie, che hanno vissuto qui e lavorato questa terra per un periodo di tempo che va da 5 ai 12 anni. Prima del loro arrivo, la regione era una terra desolata: non ci viveva nessuno e non era registrato alcun proprietario. Hanno occupato il territorio in buona fede.

Chris, FOR Peace Presence, con Luis, di El Tamarindo

Chris, FOR Peace Presence, con Luis, di El Tamarindo

Prima del loro arrivo a El Tamarindo, la maggior parte di queste famiglie non aveva vissuto a Barranquilla, ma altrove sulla costa caraibica e persino ancora più lontano. È stata la violenza ad allontanarli. Una leader della comunità è nata e cresciuta nel Chocó sulla costa pacifica; nel 1980 lo ha dovuto abbandonare a causa della violenza ed è andata ad Apartadó, nell'Urabá Antioquia; poi, nel 1995, è stata di nuovo allontanata dalll'ondata di violenza che ha invaso la regione del golfo, arrivando finalmente a Tamarindo 12 anni fa.

Ora la stanno allontanando di nuovo.

Negli ultimi anni El Tamarindo è stato soggetto a gravi persecuzioni, sia giudiziarie che fisiche, in un tentativo del governo di obbligare la comunità del Tamarindo ad abbandonare la terra che ora chiamano casa. Al momento sono alla 43esima tutela, un avviso legale per esigere che abbandonino la loro terra, una strategia pensata per intimidirli ed esaurire le loro risorse finanziarie. Hanno presentato numerose lamentele ufficiali alla Fiscalia (Pubblico ministero) e alla Defensoria del Pueblo (Difensore civile) e hanno fatto denunce pubbliche all'ufficio del Presidente.

Il motivo dietro le attuali azioni contro la comunità è l'espansione della Barranquilla Zona Franca (Porto franco di Barranquilla), una zona priva di aggravi fiscali, come quelle che stanno proliferando attorno al Mar dei Caraibi (vedi anche: Colón, Panama, Puerto Limon, Costa Rica e Urabá, Colombia), molto vicino a El Tamarindo. Ci sono esenzioni fiscali sulle imposte di reddito e sulle tasse di import-export, cosa che rende la zona attraente per le imprese lungo tutto il fiume Magdalena. Il risultato di questo sviluppo è che quello che prima era un pezzo di terra dimenticato, lungo l'autostrada in uscita da Barranquilla, ora è aumentato di valore.

Le persone che cercano di comprare questa terra sono alcune delle più potenti famiglie della regione, a volte chiamate il “Cartel de las Tierras” (Cartello delle Terre) — le famiglie Char Abdala, Tarud e Muvdi, che costituiscono l'élite politica ed economica di Barranquilla (sempre utile come indice del potere a Barranquilla — nel 2012 la Regina del Carnevale era Andrea Char, nel 2013 Daniella Tarud.) Il sindaco di Barranquilla fino al 2011 era Alejandro Char Chaljub; suo fratello è Senatore e ambasciatore a Londra e suo padre Fuad è stato, tra le altre cose, Senatore, Governatore dell'Atlantico, Ambasciatore in Portogallo e proprietario della squadra di calcio di Barranquilla Junior.

Data la situazione, la comunità del Tamarindo si è scontrata con una seria opposizione da parte della magistratura e delle forze di polizia locali. Due persone sono state uccise, compreso il figlio piccolo di un leader della comunità, l'anno scorso [es], e molti altri sono stati feriti.

A gennaio e febbraio dell'anno scorso, sono arrivati i bulldozer e hanno cercato di distruggere le piantagioni di yucca e banano che costituiscono il raccolto di sussistenza della comunità; si sono fermati solo quando i membri della comunità hanno sbarrato fisicamente la strada ai bulldozer, mettendo a rischio la propria incolumità. Quando si sono rifiutati di lasciarli passare, uomini armati in abiti civili hanno minacciato i membri della comunità con dei coltelli ed è partito un colpo di pistola. A capo di questi uomini c'era Lexman Parra Gonzalez, fratello di Libardo, un paramilitare di alto profilo, attualmente in prigione negli Stati Uniti. In altre occasioni i bulldozer hanno avuto più successo, distruggendo case e uccidendo animali sotto ai cingoli. Quando la comunità ha messo in piedi una protesta, bloccando una strada, ci sono stati 14 feriti e la polizia li ha attaccati con lacrimogeni e manganelli.

È stata coinvolta anche l'agenzia di sicurezza privata 911 [es], il cui proprietario è il famoso Enilce López, conosciuto come “La Gata” (il gatto), che era strettamente legato alla presidenza dell'Uribe e al gruppo paramilitare AUC (Unità di autodifesa della Colombia), e che al momento è agli arresti domiciliari a Manangué. Più recentemente, a febbraio di quest'anno, un comunicato del gruppo paramilitare Los Rastrojos elencava una lista di ricompense, da 10 a 50 milioni di pesetas (5-25.000 $), per l'uccisione di molte delle persone che avevano dato ufficialmente sostegno a El Tamarindo. Il comunicato concludeva con questa frase: “O lasciano la nazione, o li facciamo fuori.”

La comunità ha risposto formando un'organizzazione legale –L'Associazione degli esiliati e dei contadini del Tamarindo, o ASOTRACAMPO)– presentando reclami ufficiali e richiedendo protezione. Hanno anche sviluppato una rete di preoccupati sostenitori, compreso il Movimento Nazionale per le Vittime dei Crimini di Stato [es], l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, i difensori civici locali e l'organizzazione per la quale lavoro, FOR Peace Presence. Anche le unioni ecclesiastiche, di studenti e dei sindacati di Barranquilla sono scese in strada e hanno offerto al Tamarindo il loro sostegno e, a volte, asilo dalla violenza.

Comunque, la campagna contro di loro continua. Il mese scorso, degli uomini armati sconosciuti sono arrivati per minacciarli, e questo fine settimana sono stati ufficialmente sfrattati dal 50% della loro terra.

La situazione in peggioramento del Tamarindo non è passata inosservata (anche se le attuali elezioni hanno deviato una significativa quantità di attenzione dei media) e la comunità sta diventando un caso emblematico: famiglie che sono state costrette ad abbandonare la propria terra a causa di potenti interessi economici non una, ma varie volte. Sono stati ripetutamente oggetto di minacce e violenza, con poca o nulla assistenza da parte del governo locale, cosa che evidenzia la debolezza delle leggi sull'affitto e la malleabilità dei diritti in Colombia. Come molti altri prima di loro, sono passati dalla vita rurale a quella urbana, e ora dovranno cercare un altro luogo e una altro modo per vivere.

Come è comune abitudine in Colombia, le persone del Tamarindo non sono trattate come cittadini con una voce in capitolo nella democrazia rappresentativa, ma come ostacoli sul cammino del progresso e dell'arricchimento di una classe politica ereditaria e cleptocratica. Come mi ha detto uno dei loro leader: “el pobre no vale en Colombia” (“il povero non vale niente in Colombia”).

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