Questa intervista con Muna Dajani, ambientalista palestinese operante in Cisgiordania, è stata realizzata da Sarah Rifaat per 350.org, un'organizzazione volta a creare un movimento mondiale per il clima, e viene ripubblicata su Global Voices come parte di un accordo per la condivisione dei contenuti.
È terminata questa settimana la terza operazione militare degli ultimi 6 anni perpetrata da Israele a Gaza, uno dei due territori palestinesi occupati dallo stato israeliano. Secondo le stime, in questa operazione della durata di 7 giorni, il 40% dell'area urbana di Gaza [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] è stato ridotto in macerie.
Mentre la popolazione di Gaza si occupa della ricostruzione delle proprie abitazioni devastate dalla guerra, per la maggior parte dei palestinesi è difficile pensare ad altre questioni che non siano la propria sopravvivenza fisica ed economica. Eppure in Palestina c'è un crescente movimento ambientalista, che si rende conto che gran parte delle motivazioni legate all'occupazione dei territori di Gaza e Cisgiordania ai danni di 4.5 milioni di palestinesi, è dovuto alle risorse e all'ambiente.
Per saperne di più su questo movimento per il clima in un territorio occupato, che si ritrova frequentemente in conflitto, Sarah Rifaat di 350.org ha parlato con Muna Dajani, un'ambientalista palestinese operante in Cisgiordania.
Sarah Rifaat (SR): Qual era l'idea che si celava dietro il Palestine Climate Camp che stavate organizzando e che avete dovuto posticipare a causa del recente assalto a Gaza?
Muna Dajani (MD): Dopo aver partecipato alla fase I del Global Power Shift, che ho tenuto a Istanbul lo scorso anno, molti gruppi hanno iniziato a organizzarsi per trovare un modo di contrastare le problematiche legate ai cambiamenti climatici nei propri Paesi. Mentre in Europa e negli Stati Uniti, la sfida era rappresentata dall'affrontare grosse questioni quali la fratturazione idraulica [it], tematiche legate ai settori dell'estrazione del carbone e del petrolio, la mia battaglia in quanto attivista palestinese era differente.
Il movimento per il clima è quasi inesistente in Palestina, l'attivismo sulle questioni ambientali è molto limitato e sempre ristretto a certi individui e organizzazioni. Essendo sotto l'occupazione israeliana per decenni, con il territorio e le risorse naturali e idriche controllate con la forza, era difficile veder evolversi un movimento ambientalista. Per la maggior parte dei palestinesi, le priorità sono la stabilità economica e la sopravvivenza a dispetto di un'occupazione brutale, il che lascia poco spazio all'attivismo e al sostegno delle cause ambientali. La politica svolge ancora un ruolo importante nell'indirizzare le azioni degli individui e dei gruppi, ma non per la questione ambientale.
Tuttavia, fra i palestinesi c'è una crescente consapevolezza delle interconnessioni fra ambiente, politica e occupazione. È su questo che vogliamo costruire con la proposta di realizzare un climate camp; connettere persone che sono attive politicamente, socialmente e creare una rete di attivismo politico che includa e si basi su principi di giustizia ambientale. Il nostro obiettivo è concentrarci sull'indipendenza energetica, dal momento che siamo totalmente dipendenti da Israele (la potenza che occupa i nostri territori) per il nostro uso energetico personale e questo deve cambiare se stiamo cercando di fondare una communità sostenibile e possibile.
Il climate camp affronterà la questione dell'energia in Palestina e attraverso assistenza interattiva fornirà un corso completo che si occupa di creazione strategica di campagne, attivismo creativo, politico e resistenza popolare. Vediamo il coinvolgimento di attivisti dal mondo arabo come una grande opportunità per creare anche una rete a livello regionale, iniziare a creare collaborazioni su questioni ambientali più importanti che interessano l'intera regione, come l'indipendenza alimentare e i diritti sulle risorse idriche.
SR: In che modo la situazione a Gaza ha influenzato voi e il vostro lavoro?
MD: I nostri ambientalisti più attivi sono di Gaza, e sono stati pronti a esprimere la propria opinione nel corso di conferenze a livello locale e internazionale. Oggi, stanno assistendo ad assalti brutali e le loro vite sono messe in pericolo da missili e incursioni aeree che hanno causato più di 2000 morti, molti dei quali donne e bambini. Gli attivisti a Gaza sono stati una parte integrante del climate camp e hanno organizzato molti eventi quali l'Earth Hour, nonostante il fatto che a Gaza manchi l'elettricità a causa dei 7 anni di assedio nella Striscia.
Abbiamo lavorato duro per pubblicizzare il climate camp, ma viste le possibilità in diminuzione per i nostri amici attivisti arabi di raggiungere la Palestina e gli allarmi di pericolo e di alta sicurezza, il nostro evento è stato posticipato a tempi più tranquilli e appropriati. Abbiamo intensificato e siamo passati a concentrare tutto il nostro lavoro di sostegno, sia ambientale sia politico, a favore di Gaza, dove le già invivibili condizioni prima dell'assalto sono peggiorate, lasciando più di 1.8 milioni di persone senza accesso all'acqua pulita, ai servizi sanitari e all'elettricità.
SR: Cosa vuoi che si sappia degli ambientalisti in Palestina e del lavoro che portano avanti?
MD: Gli attivisti palestinesi in materia di clima, sebbene siano impegnati in questioni di giustizia ambientale a livello locale, condividono la passione e la determinazione a posizionarsi con attivisti e movimenti internazionali. L'inclusione dell'attivismo ambientale nella imponente mobilitazione politica è una lotta quotidiana, ma che vale la pena di intraprendere. Gli attivisti stanno diventando coscienti di come la nostra battaglia per la libertà sia molto collegata alle nostre risorse naturali e al diritto di accedervi in quanto popolazione autoctona. Stiamo stringendo alleanze con comunità autoctone in tutto il mondo, in quanto nella sostanza si tratta delle stesse identiche lotte e richiedono la creazione di reti e sostegno a livello mondiale. Il nostro contributo al movimento mondiale per i cambiamenti climatici ci dà il potere di imparare, evolverci e collegare le nostre battaglie locali a quelle globali in tutto il mondo.
SR: Che tipo di supporto vi si può offrire, a voi, alla popolazione di Gaza e agli attivisti palestinesi?
MD: Possiamo essere aiutati dando potere al movimento palestinese di giustizia ambientale a livello popolare; non separando la questione politica da quella ambientale, in quanto interconnesse e dipendenti. Si può contribuire a diffondere il messaggio secondo cui la Palestina è ricca di storie di ripresa e determinazione, e può fornire un esempio di lotta popolare vittoriosa per la salvaguardia del territorio, delle risorse idriche e del sostentamento. Abbiamo bisogno di creare alleanze, reti e collaborazioni con coalizioni e gruppi che condividano gli stessi valori di giustizia, equità e capacità di ripresa. C'è bisogno di aiuto per aumentare gli sforzi a sostegno della denuncia delle violazioni dei diritti a livello ambientale; di dare potere alle comunità locali per sostenere e far sentire la propria voce, insieme agli individui e alle organizzazioni internazionali. Possiamo essere supportati tramite l'istruzione, il sostegno e la mobilitazione.
Se desideri contribuire agli sforzi umanitari a Gaza, puoi sostenere le seguenti organizzazioni, tramite questi link condivisi da Muna: Project to Rebuild Gaza Sustainably, Medical Aid to Palestine, Emergency Water and Sanitation Hygiene in the Occupied Palestinian Territories. L’Arab Youth Climate Movement’s chapter in Palestine ha anche condiviso un link per le donazioni alle organizzazioni locali chiamato Natuf [ar], un sito che si occupa della ricostruzione delle infrastrutture distrutte a Gaza.
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