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Il New York Times critica le attuali politiche USA verso Cuba ed auspica il cambiamento

Categorie: America Latina, Caraibi, Cuba, Citizen Media, Politica, Relazioni internazionali
Concierto Paz sin Fronteras, celebrado en La Habana en 2009

Concerto “Pace senza frontiere”, tenutosi all'Avana nel 2009. Foto di Juventud Rebelde, usata con permesso. 

A partire dallo scorso 11 ottobre, il New York Times con una serie di editoriali [1] [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] ha intensificato la critica verso la politica estera degli Stati Uniti nei confronti di Cuba. 

Il prestigioso quotidiano ha definito “vergognose” le relazioni tra Stati Uniti e Cuba e ha invitato il presidente Barack Obama a “riflettere seriamente” sulla sua politica, in un contesto nel quale un cambiamento importante “potrebbe rappresentare un grande successo” per il suo governo.

L’editoriale [2] intitolato “Fuga di cervelli da Cuba, merito degli USA”, per esempio, critica in modo severo il doppio gioco degli Stati Uniti, che da un lato elogiano il paese dei Caraibi per l'invio di medici in Africa Occidentale per assistere i malati di Ebola, e dall'altro hanno una politica pubblica che “[facilita] la rinuncia dei medici destinati a partecipare a missioni all'estero”.

Nel 2014, più di 1278 professionisti cubani nel settore sanitario, coinvolti in progetti ufficiali all'estero, hanno ottenuto come parte di questo programma l'autorizzazione per migrare negli Stati Uniti e questo rappresenta “un'opportunità per danneggiare il principale strumento diplomatico dell'isola e mortificare il regime dei Castro” secondo il New York Times.

"La fuga de cerebros en Cuba, cortesía de EEUU", editorial de The New York Times. [2]

“Fuga di cervelli da Cuba, merito degli USA”, editoriale del New York Times.

Secondo il quotidiano:

Per la prima volta in più di mezzo secolo, i cambiamenti nell'opinione pubblica statunitense e una serie di riforme a Cuba, hanno reso politicamente possibile la ripresa delle relazioni diplomatiche e la fine di un embargo senza senso.

Un sondaggio [3]che ha coinvolto 2000 cittadini statunitensi, pubblicato a febbraio 2014, realizzato dall'Atlantic Council, indica che la maggior parte degli americani, compresi gli abitanti della Florida, sono pronti per un'evoluzione della politica nei confronti di Cuba. “Questo è un cambiamento fondamentale rispetto al passato”, sottolinea l'articolo. “Cuba era ingestibile perché la Florida era ingestibile. Questo sondaggio dimostra che oramai non è più così”.

Secondo l'inchiesta, il 56% degli americani e più del 60% degli abitanti della Florida sono favorevoli a un cambiamento della politica verso Cuba. E anche se l'appoggio al mutamento politico è più alto tra i democratici e gli indipendenti, perfino la maggioranza dei repubblicani è favorevole alla normalizzazione dei rapporti.

In questo contesto, il New York Times afferma che “la Casa Bianca deve togliere Cuba dalla lista stilata dal Dipartimento di Stato dei paesi sostenitori di gruppi terroristici”. L'inclusione di Cuba in questa lista risale al 1982, ed è dovuta all'appoggio ai movimenti di ribellione in America Latina, un legame che ormai non esiste più. “Al momento il governo degli Stati Uniti riconosce che l'Avana ricopre un ruolo costruttivo nel processo di pace in Colombia, favorendo il dialogo tra il governo colombiano e i leader della guerrilla”, sottolinea il quotidiano.

Allo stesso modo, il giornale sostiene l'eliminazione dell'embargo, la ripresa delle relazioni diplomatiche, l'appoggio alle imprese nordamericane interessate a sviluppare il settore delle telecomunicazioni a Cuba, scambiare l'appaltatore statunitense [4] Alan Gross con 3 spie cubane incarcerate negli USA da più di 16 anni, la fine [5] dei progetti segreti finanziati dall'USAID per far cadere il governo e la ricerca di “modi per valorizzare i cubani, aumentando le opportunità di studio all'estero, organizzando più rapporti professionali e investendo in nuove microimprese sull'isola”.

Un possibile avvicinamento potrebbe esserci nel corso del 7° Summit delle Americhe. Dopo l'espulsione del 1962, Cuba è stata invitata a partecipare alla riunione che si terrà ad aprile 2015 a Panamá, in linea con “la posizione di Panamá e della sua politica estera, volta alla promozione del dialogo e del consenso”, come ha dichiarato [6] [es] la vicepresidentessa e cancelliera panamense Isabel de Saint Malo.

“A causa dell'invito di Cuba al Summit, la Casa Blanca non ha confermato la partecipazione di Obama”, afferma il New York Times. E aggiunge: “Deve farlo — e dovrebbe considerarla come un'opportunità per ottenere un risultato storico”.