I curdi di Kobane dichiarano vittoria dopo la cacciata delle forze dell'ISIS

Poster of Solidarity with the Kurdish Fighters of YPG/YPJ, shared widely online.

Poster in solidarietà con i combattenti curdi del YPG/YPJ, ampiamente diffuso online.

Dopo 133 giorni di guerra contro l'ISIS, i curdi di Kobane, città al nord della Siria al confine con la Turchia, hanno finalmente potuto tirare un respiro di sollievo questa settimana, dopo la fuga dei combattenti dell'ISIS dal loro territorio [en, come tutti i link a seguire].

Nonostante le nuove e imminenti sfide, incluse le mine inesplose da trovare e disinnescare e la minaccia dei combattenti dell'ISIS rimasti sul territorio, i curdi hanno invaso le strade (e Twitter) per celebrare quella che secondo molti è un'eroica vittoria contro una brutale organizzazione militare che è arrivata ad occupare larghe strisce di terra tra la Siria e l'Iraq. 

Al confine tra Kobane e la Turchia, in questo momento le persone celebrano la liberazione di Kobane.

Kobane e l'area entro un kilometro dalla città sono libere. Foto: La gente di Kobane celebra a Suruç – Turchia.

Il fallimento della politica turca

Il ruolo della Turchia nella sofferenza dei curdi di Kobane non è passata inosservata. Un ufficiale occidentale che preferisce restare anonimo ha raccontato al giornale online Al Monitor che la Turchia è stata ampiamente accusata di essere alleata dell'ISIS, a causa del conflitto in corso tra il governo di Ankara e i curdi della Turchia. Mentre innumerevoli voci in tutto il mondo si levano a sostegno dei curdi, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan sembra aver chiesto al presidente Obama di non intervenire. Nonostante possieda il secondo esercito più grande nella NATO e una flotta di carri armati schierati al confine, la Turchia si è astenuta da qualsiasi coinvolgimento contro l'ISIS, arrivando persino a proibire ai curdi turchi di entrare a Kobane per unirsi alla battaglia.

I nostri nemici (la Turchia e l'ISIS) pensavano che avrebbero distrutto la nostra fiducia nell'indipendenza a Kobane. Ma gli attacchi ci hanno resi più forti!

L'inattività della Turchia ha sollevato molti sospetti. Una vignetta di Kaniwar, condivisa su Twitter da Massimiliano Voza, accusa la Turchia di permettere ai combattenti dell'ISIS di entrare a Kobane con lo scopo di indebolire la resistenza.

Erdogan: Non permetteremo che i curdi guadagnino potere in Siria

Allo stesso modo, la risposta della Turchia alla notizia della liberazione di Kobane non è stata molto amichevole:

La Turchia issa un'enorme bandiera al confine con Kobane dopo l'annuncio di Erdogan che non permetterà la formazione di uno stato curdo libero.

L'attivista curdo Joan Salihi afferma:

Non dimenticheremo il ruolo della Turchia durante la resistenza a Kobane. La Turchia è complice. #TurchiafuoridallaNato

Una vittoria simbolica

Ci è voluto un po’ di tempo perché la lotta di Kobane raggiungesse gli attivisti di tutto il mondo. Mentre i media globali si sono concentrati sulla coalizione guidata dagli Stati Uniti contro le postazioni dell'ISIS, i curdi hanno iniziato una guerra contro l'ISIS su un territorio che è stato ampiamente sottovalutato e spesso completamente ignorato dai media. 

David Graeber, un antropologo e professore alla London School of Economics, anarchico e figura leader del movimento Occupy, è stato forse la prima voce estera a portare la battaglia di Kobane all'attenzione del mondo. In un articolo di ottobre 2014, intitolato “Perché il mondo sta ignorando i rivoluzionari curdi in Siria?”, Graeber aveva descritto Kobane come un “esperimento democratico” che si sta sviluppando secondo gli ideali anarchici, facendo un paragone tra i rivoluzionari curdi e gli anarchici che avevano combattuto la Guerra Civile Spagnola del 1936-39. 

Gli attivisti di sinistra hanno largamente condiviso in rete l'articolo di Graeber, provocando una serie di dichiarazioni di supporto da diverse riviste online e siti web.  

Per capire meglio il paragone con gli anarchici della Guerra Civile Spagnola, è necessario comprendere quello che hanno dovuto sopportare gli abitanti di Kobane (e della regione di Rojava, in senso lato). Graeber spiega:

La regione autonoma di Rojava, per com'è oggi, è uno dei pochi varchi di luce – sebbene uno molto luminoso – ad emergere dalla tragedia della rivoluzione siriana. Dopo aver cacciato gli ufficiali del regime di Assad nel 2011, e malgrado l'ostilità di quasi tutti i suoi vicini, Rojava non solo ha mantenuto la sua indipendenza, ma costituisce anche un notevole esperimento democratico. Sono state create delle assemblee popolari con la funzione di organismi decisionali, i consigli comunali vengono formati seguendo un accurato criterio di equilibrio etnico (in ogni comune, per esempio, le tre cariche più importanti devono essere ricoperte da un curdo, un arabo e un cristiano assiro o armeno, e almeno uno dei tre deve essere una donna); ci sono comitati di giovani e di donne, e in un'eccezionale richiamo alle Mujeres Libres (Donne Libere) spagnole, si è formata un'armata femminista, la milizia “Stella YJA” (“Unione delle Donne Libere”, la stella si riferisce all'antica dea della Mesopotamia Ishtar), la quale ha condotto gran parte delle operazioni di combattimento contro le forze dello Stato Islamico. 

In molti credono che non sia stata tanto la superiorità militare a sostenere la resistenza dei curdi contro l'ISIS, quanto la loro dedizione. Dilar Dirik, un'attivista curda, ha spiegato sul sito The Kurdish Question: “La gente di Kobane era molto meno armata. Ma la loro volontà di combattere li ha fatti continuare. Stanno combattendo per un futuro radicalmente diverso.”

C'è da sperare che il futuro della regione rimanga radicato a principi e valori democratici, ecologici e di liberazione di genere, che finora i rivoluzionari sono riusciti a mantenere sorprendentemente bene. Potrebbe volerci un po’ di tempo, tuttavia, per superare la distruzione abbatutasi su questa piccola enclave curda.

Foto da Kobane. L'enorme portata della distruzione terrà fermi i rifugiati in Turchia per molto tempo.

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