Sebbene i paesi dell'Europa sud-orientale possono essere considerati progressisti sotto molti aspetti, in alcuni paesi dei Balcani occidentali [en, come gli altri link tranne ove diversamente indicato] esiste una preoccupante tendenza: il declino dei diritti riproduttivi delle donne. Negli ultimi anni, in Macedonia, sono state organizzate diverse proteste locali per opporsi al coinvolgimento del governo nella manipolazione dell'opinione pubblica su argomenti come l'aborto e la pianificazione famigliare. Le proteste sono iniziate dopo che il governo macedone ha realizzato una campagna nazionale anti-aborto, cominciata nel 2011.
Di recente, l'attivista macedone per le pari opportunità Ana Vasileva, conosciuta su Twitter come @Amateuress [mk], ha fornito sul suo blog un'estesa panoramica del sistematico declino dei diritti delle donne in Macedonia:
Negli ultimi anni, la Macedonia ha assistito ad un sottile, seppur estremamente intenso, peggioramento della situazione dei diritti delle donne. Per lo più inosservato o sottovalutato, il governo ha fatto proprio il forte messaggio misogino popolare della “madre sofferente”, una metafora spesso utilizzata per descrivere il paese stesso. Dopo un'iniziale impennata di promesse, con l'introduzione delle quote di genere nel 2006 e l'approvazione delle Legge sulle Pari Opportunità per Uomini e Donne, grazie ad uno storico di trattamenti egalitari attuati dal precedente sistema, la percentuale di rappresentanza femminile in alcune aree del governo è aumentata, tanto da essere comparata alla media europea[1]. Le cose, tuttavia, hanno iniziato a peggiorare in modo costante, senza alcuna resistenza pubblica.
Si può verosimilmente affermare che lo schema abbia avuto inizio con i cartelloni pubblicitari e gli spot anti-aborto sui giornali, che hanno iniziato dal nulla a sporcare lo spazio pubblico tra il 2006 e il 2007, e la cui responsabilità non è stata reclamata da nessuno…