PayPal blocca le donazioni per il reportage di Boris Nemtsov sulla guerra in Ucraina

Boris Nemtsov was murdered in February 2015  before he could finish the report on the war. His photo is seen here at a memorial rally in St. Petersburg on March 1, 2015. Image from Wikimedia Commons.

Boris Nemtsov è stato ucciso a febbraio 2015, prima che potesse finire la suo reportage sulla guerra in Ucraina. La sua foto viene qui mostrata durante una marcia di commemorazione, tenutasi a San Pietroburgo il 1 marzo 2015. Immagine tratta da Wikimedia Commons.

PayPal, il servizio di pagamenti online che ha base negli Stati Uniti, ha bloccato l'account creato dagli attivisti russi per raccogliere donazioni e poter pubblicare il reportage “Putin. Guerra”. Basato sul materiale raccolto dal politico di opposizione Boris Nemtsov, ucciso lo scorso febbraio, questo report [en], fornisce le prove del coinvolgimento russo nel conflitto nell'Ucraina dell'est, e afferma che almeno 220 soldati russi sono stati uccisi nei combattimenti a Donbass.

Meduza, sito di notizie indipendente focalizzato sulla Russia, riferisce [en] che uno degli attivisti responsabili del reportage, Vsevolod Chagaev, ha pubblicato su Twitter uno screenshot del messaggio ricevuto dal gruppo di assistenza di PayPal, in cui si afferma che il sito non permette di usare il servizio per “raccogliere fondi per finanziare le attività di partiti politici o con obiettivi politici in Russia.” Chagaev in seguito ha detto a RFE/RL [en] che gli impiegati dell'ufficio russo di PayPal hanno confermato che “questa è la posizione ufficiale dell'azienda”.

[ru, come i tweet/link seguenti, salvo diversa indicazione]:

Ora è ufficiale: PayPal ha bloccato l'account creato per raccogliere fondi destinati alla pubblicazione del reportage “Putin. Guerra”, per motivazioni politiche. [Estratto dallo screenshot della email di PayPal: “Abbiamo analizzato le informazioni connesse all'account e vi informiamo che purtroppo le restrizioni a questo account al momento non possono essere rimosse. Questa decisione è legata al fatto che PayPal non offre l'opportunità di usare il suo sistema per raccogliere fondi per finanziare le attività di partiti politici o con fini politici in Russia”].

In un commento sul sito russo di informazione RBC, un portavoce di PayPal ha affermato che agli utenti russi non è permesso raccogliere fondi per partiti o progetti politici in Russia per via delle “complicazioni per attuare le procedure di controllo”. Il portavoce non ha specificato in che modo PayPal ha determinato che il denaro di questo particolare account era finalizzato a finanziare un “progetto politico”. Yandex.Money, il servizio di pagamento elettronico russo, altrettanto utilizzato dagli attivisti per raccogliere donazioni, ha dichiarato a RBC di non avere problemi con questo progetto, dal momento che la legge russa permette ai cittadini di raccogliere fondi per la pubblicazione di libri.

Aggiornamento: Un portavoce di PayPal ha rilasciato a Global Voices la seguente dichiarazione per chiarire la posizione dell'azienda sull'incidente: “PayPal Russia al momento non permette a nessun partito politico né a movimenti politici russi di ricevere donazioni, per via della complessità nel rispetto delle regole locali che richiedono la verifica dell'identità dei donatori. Siamo dispiaciuti per il disappunto che ciò potrebbe causare ai nostri clienti”.

I netizen russi ritengono che PayPal potrebbe aver ceduto a pressioni dalle autorità russe semplicemente perché non vuole privarsi del suo mercato nel paese.

Bhè, PP (PayPal) semplicemente non vuole lasciare la Russia.

PayPal non è l'unica. Prima della sua decisione, 14 diverse case editrici si sono rifiutate di pubblicare il reportage dell'opposizione russa menzionando “la situazione nel paese”. Una casa editrice ha accettato di stampare l'indagine a condizione di rimanere anonima.

Precedentemente, PayPal aveva già bloccato in Russia account che potevano essere considerati politici: a maggio 2014 gli account di RosUznik, un'organizzazione per i diritti umani che supporta i diritti dei prigionieri delle proteste di piazza Bolotnaya, erano stati bloccati da PayPal e Qiwi, un altro servizio di pagamenti online. Quella volta, PayPal aveva citato “timori per la sicurezza” come ragione principale per il blocco degli account.

Nel 2010, PayPal aveva congelato l'account [en] che raccoglieva donazioni per WikiLeaks, dichiarando che WikiLeaks (presumibilmente perché diffondeva informazioni riservate) violava le Regole di Utilizzo Consentito del servizio, che vieta agli utenti di “incoraggiare, promuovere, agevolare o dare istruzioni ad altri per dedicarsi ad attività illegali”.

Nel frattempo, i separatisti sostenuti dalla Russia, nelle a repubbliche indipendenti uto-proclamate di Donetsk e Luhansk, continuano a usare i sistemi di pagamento elettronico per raccogliere donazioni e finanziare le loro attività. Il 12 maggio, il servizio di sicurezza statale ucraino ha annunciato di essere stato in grado di individuare e bloccare 17 account connessi alle repubbliche di Donetsk e Luhansk, anche se non ha specificato a quale servizio appartenessero questi account, dicendo solo che hanno cooperato con un “sistema di pagamenti elettronici internazionale” per trovare e bloccare gli account. Anche se questo è stato salutato come un successo, gli hacker ucraini guidati da Eugene Dokukin riferiscono che hanno bloccato account di separatisti su molti sistemi di pagamento per diversi mesi, e dichiarano di aver bloccato più di 200 account “terroristi” dal giugno 2014 su sistemi come WebMoney, Yandex.Money, PayPal, e altri.

Il messaggio che PayPal ha rivolto ai proprietari dell'account “Putin.Guerra” afferma in maniera esplicita che questo servizio non offre supporto per il finanziamento di attività politiche “in Russia”. Quindi non è chiaro se la stessa regola venga applicata agli account PayPal registrati in altri paesi. Le attuali Regole di Utilizzo Consentito di PayPal (sia nella versione americana sia in quella internazionale [en, entrambi]) non menzionano, tra le attività soggette a restrizioni o considerate illegali, la raccolta di fondi per partiti politici o per obiettivi politici.

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