Alle porte dell'incontro UN sul clima, ecco cos'è cambiato da Copenhagen

Climate change march at the Vatican on June 28, 2015. Photo by Flickr user EcoSikh. CC-BY-NC-SA 2.0

Marcia del 28 giugno 2015 sul cambiamento climatico in Vaticano. Foto dell'utente di Flickr EcoSikh. CC-BY-NC-SA 2.0

Questo post di Fiona Harvey  [en, come i link successivi] è stato originariamente pubblicato su Ensia.com, una rivista che evidenzia quali sono i piani internazionali in azione a protezione dell'ambiente. Viene ripubblicato su Global Voices in due parti, con consenso. Qui sotto, la prima parte.

Quest'anno sarà segnato dai più importanti negoziati sul cambiamento climatico dopo il quindicesimo raduno della Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici tenutasi a Copenhagen nel 2009 (COP 15). Quella conferenza si concluse con un avanzamento su diversi fronti cruciali, come per esempio la promozione per la prima volta di un accordo tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo sulle emissioni, ma fu guastata da scene di caos nelle ore finali e da amare recriminazioni tra i governi.

Nessuno vuole ripetere l'esperienza di  Copenhagen — meno che mai il governo francese, che in qualità di padrone di casa della conferenza di quest'anno, è determinato a far promettere impegni da parte dei governi prima della conferenza, per avere la garanzia di giungere ad un accordo.

Il mondo è cambiato notevolmente dal 2009, con sviluppi chiave nel campo della scienza, cambiamenti geopolitici e una nuova attenzione al cambiamento climatico. Tutto ciò fa sì che questa Conferenza si tenga in un contesto completamente diverso rispetto all'ultima volta. Mentre ci prepariamo per la COP 21 che comincerà a Parigi il 30 novembre, vale la pena esaminare alcuni dei più importanti cambiamenti e considerare in che modo queste differenze potrebbero influenzare il tenore dei negoziati e il loro esito.

Nuove conoscenze

Prima di tutto c'è l'avanzamento delle nostre conoscenze scientifiche. Grazie ad un lavoro in corso condotto da migliaia di ricercatori di tutto il mondo, possediamo ancora più conoscenze di quelle che avevamo nel 2009 sul cambiamento climatico, il suo probabile impatto futuro e cosa dobbiamo fare per evitare conseguenze più dannose.

Questa è la buona notizia. La cattiva notizia è che gli avvertimenti da parte dei migliori scienziati stanno diventando ancora più urgenti.

As ice melts, the liquid water collects in depressions on the surface and deepens them, forming melt ponds. Photo by Flickr user NASA Goddard Flight Center. CC-BY-NC-SA 2.0

Quando il ghiaccio si scioglie, acqua in forma liquida si accumula in avvallamenti sulla superficie e li intensifica, formando stagni. Foto dell'utente di Flickr NASA Goddard Flight Center. CC-BY-NC-SA 2.0

Il rapporto più recente del Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC), l'ente che racchiude i massimi esperti climatici, è stato pubblicato in tre parti nel 2013 e 2014. Le scoperte hanno rafforzato la scienza riportata nel 2007, con un'elevata certezza — adesso il 95% — che la causa del riscaldamento globale è umana e include miglioramenti delle previsioni sui cambiamenti del livello del mare, scioglimento dei ghiacci, riscaldamento degli strati alti dell'atmosfera e altri parametri.

Due cose sono spiccate al di sopra delle altre: un esame della cosiddetta “pausa” del riscaldamento globale, di cui si è parlato molto negli ultimi anni; e stime del “budget di carbonio” del mondo, o l'ammontare di gas serra che può essere immesso in sicurezza nell'atmosfera al limite di 2 °C (3.6 °F) sui livelli preindustriali — al di sopra del quale gli scienziati stimano che gli aspetti del cambiamento climatico diventerebbero catastrofici e irreversibili — non deve essere superato.

Sulla “pausa” il Gruppo Intergovernativo ha avvertito che c'erano ancora troppi pochi dati per determinare la causa del leggero rallentamento nell'innalzamento delle temperature globali negli scorsi 10/15 anni. Periodi di aumenti più lenti delle temperature sono previsti per le variazioni naturali, ha notato, e ci potrebbero essere altre cause.

La nuova scienza sulla pausa non ha fatto in tempo ad essere inclusa nel rapporto dell'IPCC. Essa include studi che mostrano come una probabile causa sia l'assorbimento del calore da parte degli oceani. Altri studi seguiranno sicuramente: le temperature di quest'anno hanno di nuovo superato i record, indicando che la pausa potrebbe essere in procinto di finire.

La stima di bilancio di carbonio dell'IPCC ha dimostrato che metà del carbonio che possiamo emettere per rimanere entro i 2 °C è stato già rilasciato nell'atmosfera. Questo è cruciale perché, per la prima volta, dà una chiara idea di cosa possiamo fare in sicurezza nel produrre altre emissioni. Con i trend attuali, useremo l'ammontare rimanente in circa tre decenni.

Nel contesto dei negoziati COP, il budget di carbonio è molto controverso perché suggerisce che l'atmosfera potrebbe essere “tagliata” in varie porzioni di emissioni di carbonio che potrebbero essere suddivise tra le nazioni povere e ricche. La questione è carica di nozioni di equità che sarà impossibile risolvere prima di Parigi, e forse mai. Tuttavia, anche se i policy makers si rifiutano di essere legati a considerazioni sul budget di carbonio, la questione— e il calcolo dell'IPCC — incomberanno sui negoziati.

Tendenze di Emissione

Come gli avvertimenti degli scienziati sul bisogno di praticare tagli urgenti nelle emissioni sono aumentati, così sono le emissioni globali negli anni. L'Agenzia Internazionale dell'Energia ha riportato una piccola caduta nelle emissioni di energia nel 2009, dopo la crisi finanziaria. In seguito, il trend in crescita ha ripreso fino al 2013, quando la decrescita nell'uso di carbone in Cina ha fatto rallentare l'aumento delle emissioni. Resta da vedere se si sia trattato di un contrattempo momentaneo o di un più combinato “disaccoppiamento” del carbonio dalla crescita economica.

A solar energy installation in Germany. Photo by Flickr user Windwärts Energie. CC-BY-NC-SA 2.0

Una installazione di energia solare in Germania. Foto dell'utente di Flickr Windwärts Energie. CC-BY-NC-SA 2.0

Un'altra importante pietra miliare nelle emissioni è stata raggiunta recentemente. Le emissioni di carbone pro capite in Cina hanno superato quelle dell'Europa per la prima volta. Le emissioni pro capite sono importanti perché molti paesi in via di sviluppo le vedono come una misura più imparziale rispetto alle emissioni aggregate lorde, quindi, per la Cina, aver raggiunto il club dei ricchi a questo proposito, demarca una ulteriore divergenza dei suoi interessi rispetto a molti paesi in via di sviluppo più piccoli.

Da Copenhagen, le emissioni sono aumentate, ma anche la tecnologia è avanzata. Il prezzo delle fonti di energia rinnovabile  è rapidamente calato, facendo diventare il vento e il sole, almeno nei casi più favorevoli, competitivi con la generazione di elettricità da carburante fossile. L'uso diffuso di frattura idraulica negli Stati Uniti ha fatto sì che il secondo più grande stato emittente del mondo sia sulla strada della riduzione dell'intensità delle sue emissioni provenienti dall'uso di energia. Tuttavia, l'uso delle fratture idrauliche dovrebbe essere guardato con cautela: le strutture per le fratture idrauliche gestite male possono causare fuoriuscite di metano, un potente gas serra; e argillite petrolifera, che ha un'intensità di emissioni molto maggiore del petrolio di scisto. Nel frattempo, su un altro fronte dell'energia, l'allontanamento di Giappone e Germania dall'energia nucleare dopo l'incidente di Fukushima del 2011 sta accrescendo le preoccupazioni che questi paesi saranno obbligati a usare più carburanti fossili, principalmente carbone. Le implicazioni devono ancora essere scoperte.

Fiona Harvey è una giornalista ambientale del Guardian, vincitrice di numerosi premi. Precedentemente, ha lavorato per il Financial Times per più di un decennio. Ha scritto a proposito di ogni importante questione ambientale, dall'Artico al Rio delle Amazzoni, e i suoi tanti intervistati includono Ban Ki-moon, Tony Blair, Al Gore e Jeff Immelt. Twitta dall'account @fionaharvey.

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