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Tra hashtag e meme, in Bolivia si dibatte sulla regolamentazione dei social network

Categorie: Citizen Media, Governance, Libertà d'espressione, Advox
Un gráfico del movimiento #RedesLibresBO [1]

Un'immagine del movimento #RedesLibresBO, pubblicato su Facebook.

Testo dell'immagine sopra:

L'anonimato è importante per la libertà di espressione ed è un diritto riconosciuto a livello internazionale.

Per una legge pensata bene, dibattito aperto sui social network in Bolivia.

Piattaforma per il dibattito sulla proposta di regolamentazione dei social network.

I cittadini e le cittadine della Bolivia hanno avviato un dibattito sul controllo dei mezzi di comunicazione su internet in risposta alla proposta del presidente Evo Morales di “regolamentare i social network”. Secondo Morales, i social network sono “strumenti dell'impero [2]” [es, come tutti i link successivi salvo diversa indicazione] che hanno potenzialmente il potere di “far cadere governi [3]” e che sono soltanto “contenitori di immondizia [4]“, dato che, secondo lui, le uniche cose che si condividono sono notizie false e diffamazioni.

Queste opinioni sono state manifestate durante la settimana del 22 febbraio del 2016, mentre un conteggio dei voti, attentamente vigilato,  ha dimostrato che l'opzione, del referendum nazionale del 21 dello stesso mese, di non riformare la Costituzione avrebbe vinto con un 51.27%.  La riforma che Morales si aspettava venisse approvata gli avrebbe consentito di presentarsi a un quarto mandato come presidente della Bolivia.

Non è la prima volta che il governo di Morales esprime un fastidio nei confronti dei social network. In occasioni precedenti, il vicepresidente Alvaro García Linera aveva ammesso che esisteva un certo tipo di monitoraggio della rete, con cui veniva segnato il nome [5] di coloro che insultavano il presidente.

Tuttavia, il tema di regolamentare i social network non ha preso forma fino a quel febbraio, quando Víctor Borda, vicepresidente della Cámara de Diputados, ha presentato la bozza di un disegno di legge [6] con lo scopo di inserire tre tipi di sanzioni penali per condannare gli utenti dei social network che “sarebbero incorsi in irregolarità”. Questi tre tipi sono: violazione di dati personali, lesione della reputazione sui social network e creazione di profili falsi con il fine di raccogliere dati per commettere reati. Borda ha menzionato anche il divieto dell'anonimato e la creazione di un consiglio nazionale per il controllo dei social network.

Una ‘guerra sporca’ sui social network?

La campagna elettorale di febbraio, precedente al referendum, ha preso una forma inaspettata sia per il partito della maggioranza che per l'opposizione. Una serie di avvenimenti insoliti sono stati ricondivisi [7] attraverso Facebook, Twitter e WhatsApp con reazioni fortemente negative all'interno del partito della maggioranza e della cittadinanza (oppositrice) a favore del “Sì”.

Sui social network si era già fatto riferimento a uno scandalo di corruzione con il Fondo Indígena [8] del paese, ma le critiche si sono inasprite inseguito alle rivelazioni [9] di un giornalista boliviano, che hanno portato allo scoperto una relazione non ancora nota del presidente Morales con una donna dirigente di un'azienda cinese che aveva ottenuto contratti milionari da parte dello Stato boliviano. Inoltre, è stato rivelato anche che Morales e la sua ex compagna avevano avuto un figlio nel 2007.

Alcuni giorni dopo questa rivelazione, nella città di El Alto una manifestazione si è conclusa con la morte di sei funzionari municipali [10] a causa di un incendio appiccato nel municipio della stessa città. Alcuni dei presenti hanno denunciato la presenza di infiltrati. La mancanza di risposta da parte della polizia e le differenti versioni sulle cause di questi infiltrati hanno causato ancora più indignazione durante la rapida diffusione dei messaggi in rete.

Diversi rappresentanti del governo e del partito ufficiale hanno riferito che la campagna per il “Sì” si è trovata di fronte a una “guerra sporca” sui social network [11], attraverso la quale sono state rese virali notizie false, diffamazioni e informazioni personali sul presidente, la sua ex compagna e suo figlio.

La proposta fino a questo momento

La proposta di regolamentare i social network espressa da Borda in una conferenza stampa ancora non è stata pubblicata nella sua interezza. I tre tipi di sanzioni penali proposti da Borda sono l'unica cosa che si conosce finora. Tuttavia, questa ambiguità è ciò che preoccupa, dato che gli articoli condivisi potrebbero lasciare dei vuoti nella loro applicazione se non venissero discussi e definiti in modo partecipativo e trasparente.

Il primo tipo di sanzione condanna con il carcere “la violazione dei dati personali”, la quale si definisce come qualcosa che accade quando l'utente “sottrae, scambia, invia, divulga o modifica informazioni personali con dati trovati in spazi come social network e mezzi di comunicazione simili”. Non è chiaro in quali condizioni un utente possa utilizzare dati personali e non lascia spazio a usi che fanno parte delle operazioni giornaliere dell'utilizzo di internet.

Il secondo tipo di sanzione si riferisce alla lesione “della reputazione di una persona individuale, collettiva, pubblica o privata”. Javier Pallero, esperto di politiche pubbliche di Access Now [12] [en], un'organizzazione che difende i diritti digitali, ha espresso preoccupazione all'interno di un documento di analisi di questa proposta [13], dicendo che tale reato è troppo simile a quello di oltraggio a pubblico ufficiale -la diffamazione di un funzionario pubblico nell'esercizio delle sue funzioni-. Pallero spiega che la proposta è incostituzionale e che “si considera contraria agli standard internazionali della libertà di espressione”.

Anche l'ultimo tipo di sanzione proposta è problematica. Invece di risolvere il problema che vuole attaccare, ossia la creazione di profili falsi per commettere reati, crea ancora più ambiguità sulle operazioni quotidiane dell'utilizzo di internet. Viene proposto di condannare con il carcere le persone che “creano, sviluppano, trafficano, vendono, mettono in atto, programmano o inviano una pagina elettronica, link o pagine emergenti con il fine di mettersi in contatto e raccogliere dati”. Ma, come sottolinea anche Pallero, se l'intenzione è sanzionare reati di truffa o traffico illecito di persone, ciò di cui si ha bisogno è la formazione di funzionari per casi che riguardano l'informazione digitale. Tali reati sono già puniti dalla legge.

Borda ha annunciato anche che si sarebbe stabilito un consiglio nazionale che avrebbe avuto la facoltà di “controllare” i social network e che sarebbe stato necessario identificare tutti gli utenti di quest'ultimi. Senza avere accesso a un testo di legge che specifichi come si potrebbe procedere, la preoccupazione espressa da Pallero è che si stabilizzi un controllo delle comunicazioni che non segua i principi di necessità, né di proporzionalità, ma che al contrario renda più vulnerabile il diritto all'anonimato.

Reazioni rispetto alla regolamentazione

La reazione della cittadinanza all'idea di regolamentare i social network è stata immediata. Le notizie sulle dichiarazioni del presidente e la proposta di Borda sono state diffuse velocemente, tanto sui social quanto sui mezzi di comunicazione tradizionali, insieme a commenti di rifiuto e riflessioni sull'invulnerabilità del diritto alla libertà di espressione nell'era digitale.

Almeno due voci del governo, il Difensore civico [14] e il vicepresidente del Tribunal Supremo Electoral [15], hanno manifestato il loro disaccordo con la regolamentazione della libertà di espressione su internet, sostenendo che invece di limitarla è più importante che la cittadinanza sia ben informata su un uso più adeguato dei social network, in modo che non si violino i diritti individuali. I rappresentanti ricordano anche che il diritto all'utilizzo di internet è riconosciuto come un diritto universale.

El gif by Joaquín Cuevas. [16]

Gif della caricatura del Ministro del governo realizzata da Joaquín Cuevas.

Tuttavia, due reazioni da parte del governo hanno attirato l'attenzione quella settimana. Da una parte, l'utilizzo dei social network all'interno delle Forze Armate è stato messo in discussione. [17] Dall'altra, un caricaturista boliviano ha ricevuto una chiamata dal governo in cui gli veniva riferito che una GIF con una caricatura del ministro del governo da lui creata “non era piaciuta” [18].

#RedesLibresBo

Sui social network, alcuni utenti di Facebook hanno proposto degli spazi di dibattito all'interno di un gruppo già noto per aver organizzato azioni di attivismo online. Il gruppo ha iniziato a condividere informazioni sulla regolamentazione dei social network e ha lanciato l'hashtag #RedesLibresBO per promuovere un dibattito sul principio della libertà di espressione. Il gruppo ha organizzato già due dibattiti cittadini, uno online e uno in presenza a La Paz (ne stanno pianificando un terzo a Cochabamba). L'obbiettivo è dialogare su ciò che significherebbe regolamentare i social network e se sia necessario mettere su una proposta cittadina per tale regolamentazione.

Un paio di giorni dopo la proposta di legge, il presidente ha dichiarato che “avrebbe rispettato” i social network [19] perché costituiscono “un diritto alla comunicazione”, tuttavia ha mantenuto in piedi la preoccupazione per l'utilizzo degli stessi. Il giorno dopo, il Ministero della Comunicazione ha reso pubbliche due immagini su Twitter in cui nella prima si vede il presidente Morales insieme a un messaggio:

Vamos a respetar las redes sociales, es un derecho la comunicación, pero no puede ser que se use un nombre para lanzar cualquier mensaje contra una persona, eso hace mucho daño.

Rispetteremo i social network, la comunicazione è un diritto , ma non è accettabile che venga usato un nome per lanciare qualsiasi messaggio contro una persona, questo non va bene.

La seconda immagine dice:

Respetamos las redes sociales, es un derecho la comunicación; deberíamos debatir cómo evitar que difamen y mientan. Presidente #EvoMorales [20], #RedesSociales [21] en #Bolivia [22]. pic.twitter.com/argCVNgsSP [23]— Min. de Comunicacion (@mincombolivia) February 27, 2016 [24]

Rispettiamo i social network, la comunicazione è un diritto; dovremmo dibattere su come evitare che si diffami e si menta.

Presidente #EvoMorales, #RedesSociales in #Bolivia.

Lo stesso giorno, il Ministro dell'Istruzione ha dichiarato che si sarebbe intrapresa una campagna nelle scuole per promuovere “valori e buona ortografia” nell'utilizzo dei social network.

Nonostante il sollievo momentaneo per questa reazione del presidente Morales, sarà importante monitorare la proposta di Borda per vedere che forma assumerà, sempre se arrivasse ad essere proposta formalmente. Ma ancora più interessante sarà continuare il dibattito cittadino, dato che le manifestazioni del presidente contro i social network hanno messo in evidenza quanto sono importanti i diritti digitali in Bolivia.

Un gif del movimiento #RedesLibresBO

Una gif del movimento #RedesLibresBO

La principale proposta cittadina finora è quella dell'auto-regolamentazione. Gli utenti di internet su #RedesLibresBO hanno proposto non solo discorsi, ma anche contenuti attraverso i quali si può conversare su questo principio, sull'anonimato [27] o sulla regolamentazione in generale.

È da segnalare anche il fatto che le leggi non sono l'unico meccanismo con cui si può regolamentare il comportamento delle persone su internet. Se ciò che preoccupa il governo boliviano è il mal utilizzo e la divulgazione di notizie false, una proposta produttiva potrebbe essere una politica per porre sullo stesso piano i cittadini nell'utilizzo di questo tecnologie.

Queste competenze potrebbero basarsi sulle abilità per cercare, organizzare, capire, valutare e analizzare informazioni online (alfabetizzazione digitale), così come sulle abilità per accedere, analizzare, valutare e creare contenuti di comunicazione (alfabetizzazione dei media).

In questo modo, si influenzerebbe il comportamento degli utenti sui social network senza dover usare norme punitive che attentano contro un sistema di libertà di espressione. Oltre a questo, non sarebbe male stabilire principi, garanzie, diritti e doveri che debbano essere rispettati sotto qualsiasi normativa che riguardi il flusso dell'informazione su internet. Un esempio di questo è stato il caso del Brasile con il “Marco Civil de Internet”, un'iniziativa creata per evitare di cadere in situazioni di oppressione.