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Per oltre 300 rifugiati gravemente provati, una pausa a 3 stelle ad Atene

Categorie: Asia centrale & Caucaso, Europa occidentale, Afganistan, Grecia, Citizen Media, Diritti umani, Interventi umanitari, Rifugiati
Ali Jaffari and his wife, Wajiha, and son Shayan, 4, eat dinner in their room while their other son naps. Together they traveled from Afghanistan to Greece, hoping to make their way to Germany. Now they are stuck in Greece. Credit: Jodi Hilton/Pulitzer Center on Crisis Reporting. Used with permission.

Ali Jaffari, sua moglie Wajiha e il figlio Shayan, 4 anni, cenano nella loro camera, mentre gli altri figli dormono. Hanno viaggiato insieme dall'Afghanistan alla Grecia nella speranza di farsi strada verso la Germania. Ora sono bloccati in Grecia. Credit: Jodi Hilton/Pulitzer Crisis Reporting. Utilizzata con permesso.

Questo articolo scritto da Jeanne Carstensen [1] [en, come i link seguenti] è apparso originariamente su PRI.org [2] il 9 maggio 2016 e viene qui ripubblicato come parte di un accordo per condivisione dei contenuti.

Niente è come trovare ristoro in un bell'albergo dopo un lungo viaggio.

Ascolta questa storia su PRI.org » [en] [2]

Ali Jaffari ha fatto un lungo viaggio dall'Afghanistan ad Atene. Dopo che i talebani lo hanno rapito e minacciato di ucciderlo perché aveva lavorato come interprete per gli Stati Uniti e i militari britannici, Ali, informatico, è fuggito dalla sua città natale di Kandahar con la moglie e due figli piccoli.

Utilizzando tutto il denaro ottenuto dalla vendita della sua casa e di tutti i suoi effetti personali, ha pagato i trafficanti per portare lui e la sua famiglia prima in Pakistan, poi in Iran, in Turchia e infine in Grecia. Hanno camminato per 16 ore tra la neve per attraversare la frontiera montuosa tra Iran e Turchia. Il gommone sovraffollato che hanno preso dalla Turchia per attraversare l’Egeo e raggiungere l’isola greca di Samos è quasi affondato.

Le lacrime rigano le guance di sua moglie Wajiha mentre racconta l'esperienza terrificante del gommone. La coppia non sa nuotare. Quando una nave turca della guardia costiera ha circondato il gommone, creando grandi onde, hanno pensato che loro e i due figli di 4 e 2 anni sarebbero annegati.

Quando finalmente sono giunti ad Atene, a metà marzo, completamente esausti, l'accordo UE-Turchia in materia di migrazione è stato approvato e la rotta dei Balcani è stata chiusa. Il loro percorso per l'agognato asilo politico in Germania è stato bloccato. La famiglia, insieme ad altri 54.000 rifugiati e migranti, è stata trattenuta in Grecia.

Non c'era nessun albergo in attesa dei viaggiatori sfiniti. Al campo Ellinikó fuori Atene, Ali e la famiglia hanno dormito sul terreno duro in una tenda precaria. C'erano solo un paio di bagni a disposizione per diverse migliaia di persone e il cibo era terribile. I bambini si sono ammalati.

Poi una settimana fa Ali ha ricevuto una telefonata. Era Nikos, un greco che aveva incontrato un mese prima in un parco. Nikos ha detto di avere una soluzione per Ali: un albergo a tre stelle nel centro di Atene. “Ero preoccupato che fosse una truffa, così ho lasciato la mia famiglia al campo e sono andato a vedere il posto”, racconta Ali.

“Eravamo seduti sul pavimento, come afgani, gustandoci un pasto a base di pasta, pollo e insalata nella camera #532 del City Plaza Hotel al centro di Atene. Il piccolo di 2 anni ha dormito profondamente su uno dei letti, mentre il fratello giocava con i peluche”.

Non era una truffa, in fondo. Alla fine, dopo il lungo calvario, Ali e la sua famiglia hanno potuto riposare.

City Plaza Hotel

“Vogliamo costruire un'altra società. Sembra un po’ idealista”, mi ha detto Nasim Lomani, ridendo dolcemente. “Forse non possiamo cambiare il mondo, ma possiamo cambiare il nostro quartiere, possiamo cambiare noi stessi.”

Due settimane fa, Nasim e una coalizione di decine di attivisti di Atene hanno occupato il City Plaza Hotel, una moderna struttura a sette piani con 110 camere nel centro di Atene che è stato chiuso per sette anni, vittima della crisi economica greca.

Sì, il City Plaza è occupato abusivamente. Gli attivisti hanno fatto irruzione nell'edificio, che aveva tutti i mobili al loro posto sin dal periodo d'oro durante le Olimpiadi del 2004, e hanno invitato alcuni dei 54.000 rifugiati attualmente bloccati in Grecia ad occupare la residenza. Ad oggi, le autorità non hanno fatto nulla per sfrattare i nuovi occupanti. Il proprietario Aliki Papachela ha, comprensibilmente, condannato [3] l'azione.

Attraversiamo il bell'ingresso in legno e piastrelle fino alla reception, dove le chiavi delle camere sono riposte nei singoli scompartimenti. Potrebbe sembrare un qualsiasi hotel ad eccezione dell'alta concentrazione di bambini che corrono su e giù per le scale e della grande quantità di lavoretti appesi alle pareti.

Room keys at the City Plaza Hotel in central Athens, which was abandoned for years starting during Greece's financial crisis, and was recently taken by activists to accommodate refugees. Credit: Jodi Hilton/Pulitzer Center on Crisis Reporting. Used with permission.

Le chiavi delle camere del City Plaza Hotel nel centro di Atene, abbandonato per anni sin dall'inizio della crisi finanziaria della Grecia, che recentemente è stato occupato dagli attivisti per accogliere i rifugiati. Credit: Jodi Hilton/Pulitzer Center Crisis Reporting. Utilizzata con permesso.

Nasim, anche lui arrivato in Grecia come rifugiato più di dieci anni fa, ha spiegato che volontari e rifugiati lavorano insieme per pulire la struttura e preparare tre pasti al giorno. Attualmente ci sono 320 residenti rifugiati che, come Ali, soffrivano nei campi con servizi dei inadeguati per un soggiorno a lungo termine. Molti degli ospiti sono famiglie con bambini o altri rifugiati indifesi, minori non accompagnati, donne incinte o persone disabili.

Secondo una ricerca condotta dagli attivisti di Solidarity2refugees [4], ci sono almeno 4.000 edifici pubblici occupati ad Atene. Sperano che il governo greco e la popolazione locale possano trarre un qualche tipo di ispirazione dal progetto del City Plaza Hotel. “Questo problema non riguarda solo i rifugiati”, ha detto Nasim. “Migliaia di greci sono senza casa e questi edifici potrebbero essere utilizzati per ospitare persone senza fissa dimora, non importa se sono rifugiati o greci o qualcun altro”.

Sebbene l’occupazione di una proprietà privata non sia il modo corretto per affrontare la complicata crisi che sta inghiottendo la Grecia, il nuovo volto del City Plaza Hotel sta avendo successo per ora.

Nasim sottolinea che il problema più urgente per molti rifugiati, soprattutto donne, non è l’ottenimento dell'asilo politico, quanto piuttosto riuscire ad utilizzare un bagno pulito, fattore gravemente carente nei campi profughi sparsi per la Grecia. Non soltanto gli attuali ospiti del City Plaza dispongono di camere con bagno, ma hanno anche riguadagnato la dignità.

Liberare la camera

Ma proprio come l'Hotel California, il City Plaza di Atene potrebbe essere il paradiso o l'inferno.

Nessuno dei 320 profughi, fortunati abbastanza da poter restare lì, in realtà vuole essere un ospite. La grave crisi economica della Grecia rende il paese indesiderabile per i profughi che sperano di cominciare una nuova vita per sé stessi e le loro famiglie. Con la disoccupazione greca che sfiora il 25% e la nuova lista delle misure di austerità che sta per essere introdotta, quali sono le prospettive per i nuovi arrivati?

In molti stanno cercando di avvalersi del loro diritto di chiedere asilo. Ma tutti i rifugiati a cui ho parlato, anche se per un sondaggio non scientifico di circa sei gruppi che ho incontrato casualmente nella sala da pranzo, si sono lamentati del fatto che il sistema di Skype, che gli è stato detto di utilizzare per fissare un appuntamento di richiesta asilo, non funzionava. Nasim ha detto che gli intermediari di arabo, farsi e delle altre altre lingue dei rifugiati hanno uno spazio limitato a poche ore per settimana su Skype, per tentare di connettersi con le autorità in materia di asilo.

Per quanto riguarda Ali, è un padre soddisfatto. Almeno per ora.

“Sono così felice di vedere i miei figli rilassati e al sicuro. Ma sto pregando che l'ONU ci tiri fuori da questa situazione. Che apra le frontiere, chiuda i campi e questo hotel”.

Jeanne Carstensen racconta la crisi dei rifugiati in Grecia con il sostegno del Pulitzer Center.